ROSSANA FIORINI. “DI BIANCO IN NEVE”, ARMANDO CURCIO EDITORE
Di bianco vestita l’aurora ritrova la purezza della neve
Per i prestigiosi tipi della “Armando Curcio Editore”, la valente artista Rossana Fiorini, già nota per la sua eclettica azione critica, artistica e musicale, esordisce in campo letterario con il romanzo “DI BIANCO IN NEVE”, nel quale la ricerca della bellezza è pervasa da un’ansia di complessità esistenziale dentro cui isolare lo sguardo dell’io narrante, nel dettaglio di ciascuna pagina e avvenimento come nell’aspetto della ordinaria quotidianità dove si evolve e svolge la vicenda e le conseguenti riflessioni del “monologo interiore” della protagonista. Il tutto elevato a potenza narrativa e lirica, al fine di postulare in leggerezza (di cui alla famosa “Lezione Americana” di Italo Calvino), la sua verità espressiva, quale matrice originale di situazioni, solo apparentemente alienanti, nella loro cadenzata ed evolutiva ragione di vita sincera, che riverbera nella trama e nell’eleganza di scrittura colta, la personalità della molteplicità (Calvino) di una donna – prismatica.
Rossana–Viviana ama la purezza del bianco, rievocandone la “splendida gloria” che Salomone impresse a tale colore, incorporando in esso l’elegia poetica, la grazia e la raffinatezza che la metafora della neve “tutto avvolge di bianchezza ondosa” (incisivo verso di Guido Gozzano).
La vita non può ristagnare nella instabilità e nella creatività proteiforme di un personaggio di donna come Viviana che già nell’arte professionalmente sperimenta, nel necessario ordine, idee, materiali, concetti, turbinii di invenzioni, trovando le diverse pulsioni dell’anima a cui affidare la propria complessità.
Si offusca nella sua mente la convenzionale precisione abitudinaria di un rapporto coniugale che non le riserva alcuno stupore d’alterità.
Il falso si svela solo nella monotonia della banalità consolatoria che aleggia nel contesto, ma che nella elaborazione del personaggio di Viviana, viene sublimata come frontiera dell’altrove.
La storia piana e naturale nel suo svolgimento, ha da frantumarsi nel valore liberatorio di un mistero, al quale affidare minore coralità di genere (dove l’adattamento diviene livellamento di gesti, azioni, coscienze) al fine di perseguire un abbandono intellettuale, che assume il pieno coraggio della propria intimità, nella individuale avventura dello spirito, da affrontare fino in fondo.
Tralasciata l’epica strumentale del quotidiano, che opacizza le figure del marito e del figlio, pur fedelmente presenti, l’intero bianco del mondo si manifesta all’improvviso nel volto e nella mai canuta figura di un imprevisto amore “doppio”, nell’età dell’uomo affascinante (Emanuele), nella sua maturità interiore, nella sua saggezza, nel suo rivelatore messaggio musicale. Nello spartito della vicenda il canto bianco troverà a forma di note il nero di un lutto straziante nel commovente episodio relativo alla perdita del padre di Viviana.
La necessità di giungere e probabilmente sciogliere l’enigma con sé stessa, che si rivela sempre più insidioso e complesso, il desiderio di non perdere la verità, la pericolosità di ridisegnare il proprio io, ignorano ciascuna conseguenza, ma rappresentano la meta, la vetta da conquistare.
La ragione è la risposta di ogni sua controversa dimensione del reale quanto del surreale, vivacizzano il tessuto narrativo e le implicazioni filosofico esistenziali.
Ogni azione, ogni scelta, ogni umiliazione (compresa la violenza che subirà dall’ignavo consorte), aspirano ad un’armonia superiore per la quale la scelta di Viviana perde i contorni dell’ego per esprimere dalla propria esperienza un valore certamente più corale.
Anche l’eros si afferma in leggiadri valori estetici ed estatici e la raffinata scrittura si esplicita idealmente, coincidendo alla stessa impalcatura dell’opera, armonicamente concepita e che assimila la protagonista come donna e come artista.
L’ideale antologia di vita e di creatività spinta verso l’ignoto, nella splendida metafora di una vicenda certamente letteraria, ma squisitamente esistenziale, nelle ricche sfaccettature del personaggio che ha sempre voluto distinguere la verità dall’apparenza, insegue un destino preordinato nel coraggio e nella tragica evoluzione della storia: nella finalità di un “trattin d’union” che anticipa la parentesi, come segno d’interpunzione ma anche come inevitabile catarsi.
L’ingorgo coniugale, come la stessa autrice definisce la situazione di Viviana, troverà spianata la strada di una parziale felicità fra “picchi, merletti e corone rocciose del Gruppo Dolomitico”, motivo trainante e affascinante di BIANCO (“colore sfacciato del pudore” nella definizione di Tommaso Landolfi) e di NEVE, quella che spinge Francois Villon a dire: “Ma dove sono le nevi dell’altr’anno?”.
Viviana e Manuele ne attesteranno l’inevitabile scioglimento, cosicché le bianche pagine accoglieranno le strazianti evoluzioni epistolari con le quali riportare a conclusione l’universo intero di un amore memorabile, e redimere vita e opere, tra fogli, tele, spartiti e metafore letterarie.
I confini naufragano nell’infinito dell’eleganza di una scrittura, quella di Rossana Fiorini, raffinata, caleidoscopica, fluente e creativa in ogni passaggio. In essa ella vagheggia una storia delicata e fuori dagli schemi, dove l’uso della memoria come flusso e indagine interiori, sempre aperta per riflesso alla paradigmatica personalità della protagonista, si accosta con la sua sperimentale opera artistica diffusa tra gallerie e rilevanti mostre. … La propensione professionale volta alla scelta artistica installativa che colloca montaggi, idee e messa in opera di azioni artistiche con i più diversi materiali, rispecchia anche sul piano letterario il valore di un racconto che ha abiurato cornici, prospettive e obbligate dimensioni, per ergersi in una visione circolare, nella quale il lettore dovrà interagire direttamente con l’opera.
Cara Rossana, l’amico recensore, ammirato, con Shakespeare ti ricorda che: “Sovente i rimedi che noi riferiamo al cielo, li abbiamo dentro di noi”
GIOVANNI AMODIO