ILVA STA A TARANTO COME LA FIAT STA A TORINO
Parlare di queste grandi aziende italiane è come andare a ritroso di circa mezzo secolo. Oggi abbiamo questi due giganti, apparentemente malati ma produttivissimi per gli aspetti che interessano le due proprietà. Un discorso flash sulla Fiat, per poi tornare al Golia tarantino.
La Fiat è stata sempre intesa come la più grande azienda italiana, fiore all’occhiello della nostra nazione nel mondo. Ha condizionato la vita dei governi del passato, ha avuto ministri compiacenti, insomma ha sempre avuto da dire la sua sulle scelte che gli innumerevoli governi, che si alternavano, facevano nel momento in cui andavano a dettare le linee guida della nostra economia. Economia che ha avuto anche la sua crescita, la sua transizione, la sua crisi attuale. Azienda che ha sempre posto, come d’altronde è naturale nelle società capitalistiche, i suoi interessi su tutto. Ma a volte, e non solo poche volte, negli scontri sindacali ha sempre tenuto pronta l’arma del licenziamento come base di partenza per le sue prospettive future. Aziende che, nei momenti di piena, dividevano con gli azionisti utili spaventosi e che nel momento in cui questi utili non corrispondevano più allo spregiudicato profitto scaricavano sui governi la minaccia del licenziamento di diverse migliaia di lavoratori alle sue dipendenze e, alla luce di questo ricatto occupazionale, ricevevano bonus governativi di diversa natura. Economica s’intende. Andiamo all’ILVA, ex Italsider, che oggi ha come proprietà il Gruppo Riva. Questo colosso ha determinato, nel bene e nel male, la nostra economia e il nostro territorio. Indubbiamente ha innalzato la qualità della vita economica ma senz’altro non ha fatto i conti con gli effetti collaterali che un simile impatto siderurgico poteva avere sul territorio. E così si è andato avanti per diversi decenni, ritenendo quasi naturale che il fumo delle acciaierie dovesse fumare così tanto sempre in virtù dell’occupazione. Ma i tempi passano, le generazioni a venire sono più erudite di quelle che lasciano il passo e quindi si affaccia la tematica ambientale. Quest’ultima viene posta all’attenzione della politica tarantina ma viene ignorata, non viene neanche minimamente considerata. Viene vista quasi come una forma di fastidio, come una istanza di irriconoscenza verso questo centro siderurgico che dà da mangiare a migliaia di famiglie joniche. I partiti e i sindacati non hanno voluto, o saputo prendere, in mano la situazione ambientale quando la stessa cominciava già a far riscontrare le diverse centinaia di morti per tumore al polmone. Hanno chiuso gli occhi e non si sono posti nessun tipo di problema da affrontare. Quello che hanno fatto, senz’altro, è stato come lottizzarsi quei posti di lavoro che il Gruppo Riva metteva sul tavolo per avere il loro silenzio sull’inquinamento che ormai aveva superato tutte le soglie europee di emergenza. Oggi siamo qui a chiederci che futuro avrà questo gigante siderurgico ma anche che futuro avrà questo nostro ultra inquinato territorio? E nel gioco delle parti, industria e ambiente, è mancato senz’altro l’impegno di chi era stato designato dal cittadino a salvaguardare la sua salute. E non lo ha fatto …
Giovanni Caforio
L’ILVA stà subendo la crisi mondiale dell’industria siderurgica, la Cina produce acciaio a buon mercato utilizzando manodopera a costi decisamente minori e inquinando a più non posso senza spendere nemmeno un centesimo per arginarlo. La concorrenza è forte e non più sostenibile; se la magistratura ne ordina la chiusura dello stabilimento tarantino(o parte di esso) al Sig. Riva gli fa uno strategico e grossissimo favore.