IL RESPONSABILE DELLE RELAZIONI ESTERNE DELL’ILVA, MESSO A RIPOSO DA IERI, SI RIVOLGE IN QUESTO MODO AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SANITA’ DELLA REGIONE PUGLIA: “DOBBIAMO DISTRUGGERE IL PRESIDENTE DELL’ARPA ASSENNATO”

IL RESPONSABILE DELLE RELAZIONI ESTERNE DELL’ILVA, MESSO A RIPOSO DA IERI,  SI RIVOLGE IN QUESTO MODO AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SANITA’ DELLA REGIONE PUGLIA: “DOBBIAMO DISTRUGGERE IL PRESIDENTE DELL’ARPA ASSENNATO”

 «Te lo dico davanti al presidente Donato Pentassuglia che ci sente in diretta: Assennato lo dobbiamo distruggere»

Così Girolamo Archinà, ex responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva di Taranto (da ieri non lo è più perché è stato messo alla porta dal presidente del gruppo, Bruno Ferrante), informava al telefono Alberto Cattaneo, componente dell’ufficio comunicazione dello stabilimento, della sorte che avrebbe voluto per il presidente dell’Arpa. In quel periodo l’Agenzia regionale per l’ambiente aveva prodotto una relazione sconveniente all’Ilva sulle emissioni di benzo(a)pirene e diossina e Archinà era furioso.
Coinvolto in quella telefonata intercettata dalla Guardia di Finanza che indagava Archinà per un caso di presunta corruzione in atti giudiziari, era proprio il presidente della Commissione Sanità della Regione Puglia, Donato Pentassuglia, del Pd, nel cui ufficio di Bari il dirigente Ilva si era recato per motivi non noti. Era ben chiaro invece il suo intento punitivo che trasmetteva così all’interlocutore che lo aveva chiamato al telefono: «Stai tranquillo, sto nell’ufficio di Donato Pentassuglia che è davanti a me e sta sentendo tutto in diretta: Assennato lo dobbiamo distruggere». «Ok, ottimo, ci sentiamo domani», rispondeva il suo collega.
E’ solo una delle numerosissime intercettazioni telefoniche contenute nelle 500 pagine dell’informativa della Finanza prodotta l’altro ieri dalla pubblica accusa nell’udienza del Tribunale del riesame che dovrà esprimersi sulla richiesta di dissequestro dei sei impianti ritenuti inquinanti e sulla scarcerazione degli otto dirigenti Ilva indagati. Il rapporto investigativo delle Fiamme gialle che era stato per più di un anno fermo sul tavolo del pm Remo Epifani, titolare di un’inchiesta parallela sulla presunta corruzione del consulente della Procura, Lorenzo Liberti, è lo spaccato di come il management dell’acciaieria riuscisse a controllare e manipolare tutto: enti, istituzioni e soprattutto l’informazione. Sempre Archinà in un’altra telefonata con il suo subalterno, Cattaneo, si sfogava così: «Ancora una volta ho avuto ragione, ho sempre detto che bisogna pagare i giornalisti per tagliargli la lingua». La condizione di assoggettamento di alcuni organi di stampa locali emerge con allarmante evidenza in altre conversazioni registrate dagli investigatori dove Archinà si complimenta con i responsabili di testate per come avevano sviluppato una notizia (ovviamente favorevole all’Ilva) o che gli passava la «velina» da far pubblicare il giorno dopo sotto nome di fantasia. L’Ordine dei giornalisti per questo ha già chiesto gli atti relativi alla Procura per un possibile procedimento a carico dei giornalisti coinvolti negli intrecci poco puliti con l’Ilva.
Un potere, quello del portavoce Riva, che gli permetteva di alzare la voce con persone come Assennato. In una telefonata in cui Archinà si ribella con il numero uno dell’Arpa per alcune prescrizioni imposte agli impianti più inquinanti, il tenore della conversazione era questo: «Ma ti rendi conto che così la produzione deve diminuire e questo non è bello? Ora secondo te quando la leggerà l’assessore (regionale, nda) cosa dirà? Cosa ci chiederà?». E Assennato lo tranquillizza: «Ma no, stai tranquillo, non succederà niente, l’assessore non dirà niente, tranquillo». Ieri, il neo presidente dello stabilimento, Ferrante, ha chiesto di abbassare i toni e per dare un segnale ai magistrati che indagano e che devono giudicare ha licenziato in tronco il mastino dell’Ilva, Archinà. Sempre ieri la Procura di Taranto ha smentito qualsiasi coinvolgimento nell’inchiesta del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini il cui nome compariva ieri in un articolo della «Gazzetta del Mezzogiorno» che attribuiva ad Archinà una frase intercettata in cui si vantava che l’allora direttore generale del Ministero era «un nostro uomo». Ancora ieri la Gazzetta confermava l’indiscrezione. Intanto il collegio del Riesame presieduto dal Antonio Morelli, giudici a latere Alessandra Massaro e Benedetto Ruberto, si è riservato di decidere comunque entro giovedì prossimo.

FONTE

Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno

http://www.lavocedimanduria.it/wp/archina-nellufficio-di-pentassuglia-dobbiamo-distruggere-assennato.html

 

viv@voce

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