L’ORDINARIA GIORNATA DI UN DETENUTO IN UNO, DEI TANTI, CARCERI ITALIANI

L’ORDINARIA GIORNATA DI UN DETENUTO IN UNO, DEI TANTI, CARCERI ITALIANI

All’interno di un carcere le giornate sono quasi tutte uguali ed in piena estate diventano ancor più desolanti. La colazione passa alle 8 del mattino, un carrello con tre contenitori, generalmente due contengono un liquido di colore scuro e uno bianco, dovrebbero essere caffè, tè e latte distinguibili solo dal colore in quanto il gusto è presso ché identico, nella speranza che rimanga qualcosa per i detenuti che si trovano nelle ultime celle in fondo al corridoio. Uno dei tanti problemi delle carceri italiane è il sovraffollamento, molte volte in una stanza di 9 metri quadri progettate per una persona vivono tre detenuti, al mattino quindi si devono sincronizzare, uno va in bagno, uno si sistema il letto ed il terzo invece dal suo letto non può scendere perché manca lo spazio. L’ora d’aria in genere è dalle 9 alle 11,00, per alcuni è uno sfogo se vi è sufficiente spazio, per altri invece, che si trovano reclusi in altre strutture più piccole, l’aria la prendono all’interno di un cubo di cemento armato di 100 metri quadri, progettato per un numero di 25 detenuti, ma che a causa del sovraffollamento diventano 75, per quanto riguarda l’aria quella la si può trovare, basta alzare gli occhi al cielo. Alle 11,00 si ritorna in sezione, per coloro che accusano dei semplici malori, come il mal di testa, possono richiedere una visita medica, unico inconveniente è che se no si e in lista ovvero non è stata fatta richiesta la sera prima ad un’agente di polizia penitenziaria, non si può passare dal medico, la colpa, ovviamente, è del detenuto che non ha potuto prevedere il malessere il giorno prima! Si pranza alle 11,30 ripetendo la stessa situazione del mattino, poco cibo e tante persone. In carcere c’è tanta povertà non perché le persone non hanno voglia di far niente, ma perché manca il lavoro dovuto al fatto che sono troppi i detenuti. Oggi la maggior parte dei detenuti è costretta a rimanere chiusa in cella lottando per sopravvivere togliendo tempo alla riflessione sugli errori fatti. Hai sbagliato? Si. Devi stare in galera? Si. Devi soffrire? Si. Ma non è sofferenza essere privato di tutti gli affetti personali, sentire il pianto dei propri cari al telefono, dire a chi ti amava di non aspettarti e non vedere i figli crescere; molte associazioni di volontariato si chiedono se a queste sofferenze bisogna aggiungerne altre dettate dallo stato dei luoghi in cui la popolazione carceraria vive. La giornata finisce alle 19.30 quando tutti i detenuti vengono rinchiusi nelle loro celle fino all’indomani mattina, se paragonata ad una normale sera d’estate dove fuori si vive fino a tardi, all’interno del carcere cala la solitudine, un caldo asfissiante come quello degli ultimi giorni ed intorno il volto della disperazione dei compagni di cella. Nonostante le continue visite dei politici nelle carceri italiane da più parti si leva il dubbio se le condizioni di vita poc’anzi descritte possano rieducare come previsto dall’art. 27 c. 3 della costituzione “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Questa è una testimonianza di un detenuto che si trova in un carcere del nord Italia considerato uno dei migliori, figuriamoci gli altri.
Le riflessioni che i lettori possono fare sono tante e svariate quella su cui è giusto soffermarsi, per chi scrive, è dettata soprattutto dalla spregiudicatezza con la quale molti politici affrontano il tema delle carceri senza rendersi conto della situazione oggettiva in cui i detenuti vivono, molti di loro sono in attesa di giudizio come nel film di Alberto Sordi, ”Detenuto in Attesa di Giudizio”, dove dopo tre anni vissuti ingiustamente, in carcere, in attesa di giudizio scopre che era innocente. Queste ed altre tristi storie devono comunque essere di monito alla coscienze di chi vorrebbe una società più giusta e pulita, dove i colpevoli di reati possano espiare le loro pene e ravvedersi del male che hanno fatto, solo quando un politico entra in carcere per la porta principale capisce cosa vuol dire soffrire, peccato che per lui è troppo tardi …

Luca Lionetti

viv@voce

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