TARANTO: DIVISA TRA PRO E CONTRO LA MAGISTRATURA
Scendono in piazza mille persone per ringraziare il giudice Patrizia Todisco
C’è una Taranto che manifesta contro la magistratura che ha deciso di chiudere gli impianti e una Taranto che scende in piazza a favore del giudice Todisco.
E’ la bipolarità tarantina targata estate 2012. Ieri pomeriggio, in Piazza della Vittoria, si sono contate un migliaio di persone che hanno partecipato a una manifestazione voluta dal “Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti” che è riuscita a portare in piazza altri comitati spontanei.
Il discorso di Cataldo Ranieri, portavoce del movimento, si è aperto con un applauso di ringraziamento al gip Patrizia Todisco: “Abbiamo il dovere di salvare la città e i nostri figli perché noi siamo dei condannati a morte – ha detto Ranieri che viene acclamato dalla folla – Mentre fino a qualche mese fa si invitava la magistratura a fare il proprio dovere sull’inquinamento provocato dall’Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un giudice che ha fatto solo il suo dovere”.
“La gente – sottolinea Ranieri – sa che la classe politica che finora ci ha rappresentato qui a Taranto ci ha tradito e non e’ mai intervenuta per fermare l’Ilva che avvelena la città”. Bacchettate non sono mancate al governo che ha deciso di inviare a Taranto il 17 agosto prossimo tre ministri.
“Vengono – dice Ranieri – per tutelare gli interessi dell’Ilva: noi tre ministri li avremmo voluti qui a Taranto per i bambini del rione Tamburi intubati in ospedale perche’ ammalati di tumore”. Da qui l’invito di Ranieri ai suoi colleghi operai del siderurgico: “Non dobbiamo barattare un posto di lavoro con la salute dei nostri figli”.
Il comitato con un comunicato stampa denuncia chiaramente la posizione “compiacente” di sindacati e istituzioni nell’avvallare le ragioni della grande industria: “L’ulteriore provvedimento della GIP Todisco che impedisce la facoltà d’uso alle aree da mettere a norma, bloccando la produzione, ed esautora Ferrante dal controllo del risanamento afferma due principi tanto ovvi quanto incontestabili:1) per mettere a norma gli impianti inquinanti bisogna per forza bloccarne la produzione; 2) Ferrante in quanto responsabile dell’azienda che ha provocato i danni non può essere colui che deve verificare l’andamento della messa a norma.
Tutto questo era già stato precisato dal Comitato Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti sia nei propri comunicati, sia nelle conferenze stampa che nelle varie interviste l’aveva detto con chiarezza. “Riteniamo comunque, come abbiamo ribadito fin ora, che quegli impianti non saranno mai eco-compatibili. Sappiamo che modifiche sostanziali degli impianti, eventualmente applicate, non consentirebbero più all’azienda di vantare record di produzione fin ad oggi ottenuti. A nostro avviso la strategia aziendale è chiara: spremere le ultime gocce di un limone orami secco, per poi gettarlo via”.
E ribadiscono: veramente vergognosa, invece, l’ipocrisia della politica e di CGIL-CISL-UIL che mentivano sapendo di mentire nel momento in cui affermavano che la messa a norma poteva essere compiuta continuando a produrre a pieno regime, e che Ferrante avrebbe potuto essere colui che doveva controllare le operazioni. In realtà questa ipocrita posizione era come sempre finalizzata a salvaguardare i profitti miliardari di Riva dato il notorio asservimento di questi soggetti. Salvaguardia messa in atto, fra l’altro, utilizzando la solita falsa frase secondo cui Riva e i lavoratori sono nella stessa barca e l’interesse è comune. Falsissimo perché da un lato c’è Riva che in nome del profitto ha imposto un regime oppressivo in Ilva ed ha devastato l’ambiente e la salute distruggendo tante vite umane ed ogni altra forma di economia e dall’altro ci sono i lavoratori (soprattutto chi denunciava le malefatte) che hanno dovuto subire vessazioni ed emarginazione ed un continuo ricatto occupazionale.
Il Comitato in questo senso è stato chiarissimo: bisogna salvaguardare i livelli occupazionali e/o reddituali dei lavoratori e bisogna eliminare le fonti inquinanti, siano esse dall’Ilva ma anche dall’Eni, la Cementir, la Marina, l’Italcave, le discariche etc. che provocano devastazioni ambientali ed alla vita, causando morti e distruzione del ciclo alimentare.
Le spese dovranno essere a carico soprattutto del Gruppo Riva e delle Stato coautori di queste distruzioni insieme alle altre aziende inquinanti;
Gli investimenti dovranno esser almeno pari a quelli dell’area di Porto Marghera (5 miliardi) e dovranno essere finalizzati non solo alle bonifiche ma allo sviluppo di una economia ecosostenibile, rispettando le vocazioni naturali del territorio: mitilicoltura e pescicoltura, agricoltura ed allevamento, turismo e cultura, portualità non solo commerciale ma anche passeggeri;
Se in questa direzione è da progettare una chiusura programmata dell’Ilva, ben venga. Perché tanto per essere chiari e non prendere in giro i lavoratori, l’Ilva sta andando comunque verso la chiusura per esclusiva colpa ed anche scelta padronale. Prova n’è il fatto che gli impianti sono obsoleti e per metterli a norma servono miliardi, e nel corso degli anni mai si è provveduto realmente all’adeguamento alle normative ambientali ed antinfortunistiche: veramente si può pensare che chi non ha speso pochi spiccioli dal ‘95 ad oggi per adeguarsi alle leggi, oggi voglia spendere fior di quattrini? Va evitato quindi che da un giorno all’altro (come è capitato troppe volte) il Gruppo Riva abbandoni di punto in bianco la fabbrica e lasci a spese della collettività sia i disastri da lui combinati che il carico dei lavoratori e delle loro famiglie.
Infine ma non per ultimo. Oggi politici e sindacalisti professionisti attaccano nuovamente un giudice che sta semplicemente applicando le leggi. Anzi, per essere precisi, lo stesso giudice le sta applicando anche in modo soft, se pensiamo che Guariniello a Torino ha accusato di omicidio volontario i dirigenti della Thyssen perché “coscientemente hanno messo a rischio la vita dei lavoratori non ponendo in essere le prevenzioni adeguate e la messa a norma”. Ma per le stesse cause non sono morti sia in Ilva che nel territorio? Ed oggi a quei politici ed a quei sindacalisti chiediamo da cittadini e da lavoratori: dove eravate quando bisognava lottare per fare in modo che l’Ilva si mettesse a norma? E perché non avete supportato e difeso quelle voci che urlavano denunciando le malefatte ed anzi avete contribuito a tacerle?
Presa visione della nuova ordinanza della magistratura che condividiamo in pieno, riteniamo inutile e illegittimo il Tavolo Tecnico di Bari e qualsiasi altra forma di esclusione della città! I lavoratori e i cittadini in primis devono essere protagonisti di queste decisioni.
Dunque sarebbe una scelta appropriata che la classe politica tutta si dimetta in massa perché non ci ha rappresentato. Per questo i cittadini ed i lavoratori hanno condiviso l’esigenza di autorappresentarsi.
Valentina Convertini