OSSERVAZIONI LEGAMBIENTE CIRCOLO DI TARANTO
AL PARERE ISTRUTTORIO CONCLUSIVO INTERMEDIO DEL 12-10-2012 DELLA COMMISSIONE ISTRUTTORIA IPPC RELATIVO AL RIESAME DELL’AIA PER ILVA SpA – STABILIMENTO DI TARANTO
PREMESSA
Nella perizia predisposta dal GIP P. Todisco risulta come gran parte degli interventi previsti dagli atti di intesa 2002 / 2005 siano stati effettuati su impianti poi risultati non funzionanti oppure non realizzati affatto. Ne consegue che il piano di adeguamento alle B.A.T., presentato dall’Ilva nell’ambito della procedura di rilascio dell’A.I.A. e peraltro riferito a dati del lontano 2005, poggiasse su basi non corrispondenti al reale stato di esercizio degli impianti e dei livelli di inquinamento ad essi collegati. Ne deriva, ancora, che:
– lo stesso piano non possa essere assunto a riferimento per quanto riguarda il riesame dell’AIA concessa nell’agosto dello scorso anno.
– il riesame avrebbe dovuto comportare la proposizione di un quadro aggiornato e più consone alla realtà circa il contesto ambientale dello stabilimento siderurgico.
Si ritiene, inoltre, che il riesame dell’AIA avrebbe dovuto riguardare la complessità delle varie sorgenti di impatto ambientale e non limitarsi al settore aria.
Si prende atto di come il nuovo parere formulato dalla commissione IPPC abbia recepito molte delle richieste e/o degli orientamenti proposti dalla Legambiente nei 26 punti ritenuti “irrinunciabili” in un documento inoltrato al Ministero dell’Ambiente il 3 maggio c.a. e nelle osservazioni alla precedente AIA. Nel frattempo gli sviluppi dell’inchiesta avviata dalla Procura di Taranto nei confronti dell’Ilva ( per disastro colposo e doloso, getto pericoloso di cose, avvelenamento di sostanze pericolose, etc), l’applicazione delle nuove bref approvate dalla Commissione Europea e l’approvazione della legge regionale n. 21 del 24.07.2012 hanno radicalmente mutato il quadro di riferimento. Si rende quindi necessario integrare e/o modificare i punti di questo documento apportando i rilievi che seguono al parere espresso dalla commissione IPPC ad ottobre 2012. Le osservazioni che seguono tengono anche conto delle emergenze benzo(a)pirene e PM10. La centralina di via Machiavelli ubicata nel quartiere Tamburi ha registrato lo sforamento dell’obiettivo di qualità di 1 ng/mc relativo al benzo(a)pirene negli anni 2011, 2010, 2009 e 2008. Per quanto riguarda il PM10 lo scorso anno le centraline di monitoraggio dislocate in via Machiavelli ed in via Archimede hanno rispettivamente registrato 45 e 40 superamenti sforando il limite normativo di 35. In quello in corso al 15 ottobre i superamenti sono stati 36 e 25.
PRESCRIZIONI DI CARATTERE GENERALE
Le criticità ambientali e sanitarie del territorio _ già dichiarato ad elevato rischio ambientale, inserito tra i SIN per le bonifiche ed alle prese con le emergenze benzo(a)pirene e PM10 in corso _ impongono l’inserimento, nell’AIA, di prescrizioni volte a ridurre, drasticamente e nei tempi più celeri, i flussi di massa e le concentrazioni dei vari inquinanti immessi nell’ambiente, adottando :
• I provvedimenti tecnici assunti dai custodi giudiziari nominati dal Gip P. Todisco. Occorre rilevare come il parere non abbia recepito le prescrizioni della magistratura in ordine ai tempi di chiusura di diversi impianti quali l’AFO 5 ed alcune batterie della cokeria. Tale discrepanza può inficiare alla base l’efficacia dell’AIA che si va ad approvare. L’esercizio di impianti sotto sequestro può configurarsi come persistenza di una situazione dichiarata di pericolo e reiterazione del reato ad essa associata. Per Legambiente il riesame dell’AIA deve proporsi come complesso di prescrizioni a carico dell’azienda per poter risanare e/o ristrutturare gli impianti sequestrati e consentirne la riapertura.
• Le nuove MTD approvate dalla Commissione Europea in data 28 febbraio 2012 ed in particolare il perseguimento del limite più restrittivo previsto per i vari settori impiantistici.
• le migliori tecnologie in assoluto (art. 29 septies del D.Lgs 152/06 già 59/05 art. 8 del D.Lgs) e limiti di emissione molto più rigorosi rispetto a quelli previsti dalla legislazione nazionale e regionale, mirando a ridurre al minimo l’inquinamento (art. 29 sexies del D.Lgs già art. 7 comma 4 del D.Lgs 59/05).
• i contenuti della legge regionale n. 21 del 24.07.2012. L’applicazione di questa norma implica che le prescrizioni adottate nel riesame dell’AIA debbano essere rivisitate sulla base della valutazione del danno sanitario indotto dall’esercizio dello stabilimento
Si ritiene inoltre indispensabile prescrivere all’azienda di fornire fideiussione di importo adeguato a fronte di futuri interventi di dismissione e bonifica.
Le prescrizioni, riguardanti il solo settore aria, devono prevedere :
a) Confinamento / incapsulamento, salvo difficoltà tecniche insormontabili, degli impianti e delle parti del processo produttivo responsabili delle emissioni diffuse e fuggitive come in larga parte previsto dalle nuove BAT.
b) Adozione generalizzata di filtri a tessuto alle varie fonti di emissioni con relativo programma di controllo della loro efficienza e di smaltimento delle polveri captate.
c) Monitoraggio e/o campionamento in continuo di macro e micro inquinanti presso gli impianti maggiormente inquinanti e trasparenza dei dati. Il sistema di monitoraggio in continuo deve garantire un controllo, da parte degli enti preposti, non nella sola fase di trasmissione finale dei dati ma anche in quella intermedia di elaborazione automatica degli stessi dati nel software. Del resto questa è una delle condizioni imposte dal Gip P. Tedesco per consentire agli impianti sotto sequestro di poter riprendere l’esercizio dopo il loro risanamento ambientale.
d) Modifica della capacità produttiva di 15 milioni t/a di acciaio prevista nell’AIA rilasciata nell’agosto 2011 poiché assolutamente incompatibile, con qualsiasi processo di risanamento ambientale dello stabilimento siderurgico. Altresì insostenibile deve ritenersi la quota 11,5 mln t/a di acciaio prevista, a regime, nel nuovo parere redatto dalla commissione IPPC. In un processo produttivo come il siderurgico, più alta è la produzione e maggiori sono le emissioni in atmosfera e nel mare, svilendo qualsiasi intervento di miglioramento ambientale indipendentemente dalle pratiche operative adottate. Si richiede quindi che l’AIA preveda un limite alla capacità produttiva futura dello stabilimento inferiore a 8 mln di ton/a di acciaio che, comunque, nell’attuale situazione impiantistica e in rapporto alle criticità ambientali del territorio risulta oggi insostenibile.
e) La riduzione, in conseguenza di quanto esposto nel punto precedente, dei tempi di riduzione dei flussi di massa del parametro polveri imposti all’azienda per cokeria (73 %), agglomerato (60 %), altiforni (47 %) ed acciaierie (50 %) portandoli da marzo 2016 a 31.12.2014.
f) Nelle osservazioni di Legambiente era stata registrata la grande incongruenza tra il parere della commissione IPPC ed il PMC dell’Ispra. Nei due documenti erano riportati parametri e modalità di monitoraggio differenti in rapporto allo stesso oggetto. Questa dissonanza è stata all’origine dell’accoglimento, da parte del TAR di Lecce, del ricorso inoltrato dall’Ilva con conseguente eliminazione di parte del precedente piano di monitoraggio e controllo ambientale. Se ne richiede il ripristino per le parti riguardanti il settore aria e secondo le nuove formulazioni previste dalle nuove Bref .
g) Il perseguimento delle migliori tecnologie in assoluto deve anche tradursi in prescrizione del valore più basso degli intervalli tabellari previsti dalle nuove Bref per i vari settori produttivi.
h) L’adeguamento alle migliori prestazioni ambientali offerte da impianti similari nell’ambito dello stesso settore e nel rispetto dei limiti imposti. La perizia chimica predisposta dal GIP P. Todisco ha, ad es., evidenziato come le batterie della cokeria o gli altiforni abbiano tra loro rendimenti diversi.
i) L’implementazione del sistema di video – sorveglianza non solo in funzione dell’osservazione dei fenomeni di emissioni diffuse e fuggitive ma anche dei camini e delle torce degli impianti maggiormente inquinanti come la cokeria.
j) Ottimizzazione del sistema di gestione ambientale con una programmazione delle sue diverse componenti tra cui : controllo efficace dei processi e delle prestazioni con puntuale adozione di misure correttive e nuove tecnologie pulite , manutenzione tesa a garantire la piena efficienza ambientale degli impianti, formazione del personale, prevenzione e gestione delle emergenze.
k) Una relazione circa il reale stato di applicazione delle prescrizioni previste dall’AIA rilasciata nell’agosto 2011 e degli interventi che il gestore dichiara di aver effettuato in base ai precedenti atti di intesa. La sua stesura avrebbe dovuto essere propedeutica ai lavori della commissione IPPC per garantirne puntualità ed efficacia.
Sono state accolte diverse richieste della Legambiente come prescrizione dei tempi di distillazione, del controllo della temperatura, del monitoraggio in continuo di IPA e benzene nelle fasi di caricamento e sfornamento.
* Le disposizioni “Rif. 2” del 17.09.2012 dei custodi giudiziari prescrivono il completo ed immediato rifacimento delle batterie 3 – 4 – 5 – 6 – 9 – 10 – 11 e l’adeguamento delle batterie 7 – 8 e 12 con relativo rifacimento delle torri di spegnimento n. 1 – 2 – 4 – 5 – 6 – 7. Disposizioni recepite dal parere con formulazioni insufficienti e con tempi di previsione dilazionati nel tempo per le batterie 11 (avvio 1.1.2014), 7 – 8 e 12 (1.7.2014).
La portata degli interventi prescritti è tale per cui occorre prendere in considerazione la possibilità di una ricostruzione della cokeria in una zona maggiormente distante dal centro abitato, dotandola di celle di maggiori dimensioni come previsto dalla BAT “X /46”. Il numero delle celle verrebbe in tal modo ridotto ottenendo una maggiore efficienza e minori emissioni. La capacità complessiva di distillazione dovrebbe comunque rimanere invariata. L’operazione riproporrebbe sul territorio quanto già avvenuto a Duisburg.
* Nel caso di non recepimento del punto precedente si ritiene doversi procedere alla chiusura delle quattro batterie dal maggior impatto ambientale e dalla minore efficienza tecnologica. Misura ritenuta necessaria per una riduzione delle emissioni di polveri, IPA ed altre sostanze inquinanti.
* Gli interventi previsti nel parere della commissione IPPC per le batterie 5 – 6 risultano, nella loro formulazione, generici rispetto a quanto proposto sia dall’azienda il 18.09.2012 nel “piano di investimenti immediati” che dai custodi giudiziari nelle disposizioni “Rif. 2” emanate il 17.09.2012. Occorre quindi che la prescrizione del parere sia integrata dalla seguente formulazione, maggiormente esplicativa, adottata dal “piano” aziendale : demolizione e ricostruzione del piano di carica, delle pareti refrattarie e dei generatori dei forni a coke; sostituzione delle carpenterie, dei telai fissi e delle porte dei forni; sostituzione dei bariletti di convogliamento gas; rifacimento di tutte le reti di fluidi di servizio dell’impianto. Si richiede che tale integrazione sia allargata anche alle prescrizioni previste per le batterie 3 – 4 – 9 – 10 – 11. Occorre, inoltre, che la commissione motivi la decisione di non imporre le stesse prescrizioni per le restanti batterie 7 – 8 – 12 per le quali sono previste solo l’installazione del sistema “proven” e la ricostruzione della torre di spegnimento ad esse rapportate (pag. 20 del parere).
* Nel parere si affronta in maniera insufficiente l’applicazione della BAT “51” relativa alla fase di spegnimento del coke. Si condivide per le polveri il limite imposto, a regime, di 20 mg/Nmc. Occorre che venga però esplicitata la modalità con la quale l’azienda debba raggiungere tale obiettivo. Nel merito si ritiene necessario il ricorso alla tecnica dello spegnimento a secco a cui il limite citato è peraltro associato nelle stesse BAT. L’adozione della nuova tecnica viene favorita dalla prescrizione che prevede la ricostruzione di tutte le torri di spegnimento.
* Su ricorso dell’Ilva la prescrizione, prevista nell’AIA rilasciata ad agosto 2011, di adozione di sistemi di abbattimento delle emissioni dai camini delle batterie è stata eliminata con sentenza del TAR di Lecce. Per l’azienda era ritenuta “insostenibile”; per il TAR “illogico e privo di specifica giustificazione”(ord. 1187/2012) . Nel recente passato anche il rispetto del limite di 0,4 n/mc di diossina e del campionamento in continuo del camino E 312 dell’agglomerato erano stati ritenuti irrealizzabili dall’azienda salvo renderli progetti fattibili per obbligo normativo e/o su pressione delle istituzioni. Attualmente, quindi, i sei punti di emissione sono privi di sistemi di abbattimento pur appartenenti ad un impianto tra i più inquinanti dello stabilimento e sulla cui gestione la perizia chimica del Gip ha espresso non poche riserve. La commissione IPPC ha ritenuto di conformarsi alle decisioni assunte dal TAR. Si ritiene, invece, che la notevole portata ( alla capacità produttiva, di ben 842.000 Nmc/h) delle emissioni da questi camini imponga la reintegrazione di tale prescrizione nel riesame dell’AIA. Del resto le citate disposizioni “Rif. 2” dei custodi giudiziari vanno in questa direzione come di seguito riportato e di cui si chiede il recepimento : “dovranno essere installati idonei sistemi di trattamento fumi, mediante filtri a manica, ai punti di emissione convogliata E422, E 423, E 424, E 425, E 426, E 428 al fine di garantire un valore limite inferiore a 10 mg/Nmc per le polveri …”(pag. 8).
A tale prescrizione da reintegrare può collegarsi la n. 36 del parere che prevede il convogliamento di tutte le emissioni fuggitive sprigionate durante il processo produttivo con relativo abbattimento con filtro a tessuto. Occorre, altresì, che per la prescrizione n. 36 si imponga la presentazione di un progetto esecutivo in luogo del previsto studio di fattibilità.
* Il monitoraggio della temperatura dei piedritti e delle celle di combustione previsto dalla prescrizione n. 37 deve essere in continuo per meglio garantire l’osservanza della BAT “II /46” (“evitare forti variazioni della temperatura”) e della BAT ” III / 46″ (“osservazione e monitoraggio generali del forno”).
* Tra le misure previste per limitare le emissioni di benzo(a)pirene rientrano le opere quotidiane di manutenzione e di regolazione della tenuta delle porte dei forni a coke elevate a 314 ore uomo al giorno per tutto l’anno (600 durante i “wind day”). Tali operazioni espongono però gli addetti a gravi rischi per la gran dispersione dal piano di carica di fumi e gas particolarmente nocivi. Occorre quindi che venga imposto un sistema che consenta di eseguire le manovre in maniera automatica da lavoratori posti al riparo in postazioni mobili.
* La visibilità di consistenti emissioni dai camini, durante le fasi di caricamento, può essere indice di fessurazioni nel materiale refrattario delle celle. Da qui la necessità dell’installazione di videocamere non solo mirate al controllo delle emissioni fuggitive ma anche di quelle convogliate.
* Occorre prescrivere un sensore per monitorare il grado di deformazione meccanica delle pareti dei forni. Un dispositivo di questo tipo risulta già installato nello stabilimento siderurgico di Dunkerque.
* I tempi previsti per la copertura dei parchi primari (60 gg. + 36 mesi ) sono inaccettabili in rapporto a disagi e danni provocati dalla dispersione nell’aria delle polveri e dell’emergenza PM10 tuttora in corso. La produzione di PM10 di origine industriale è indubbiamente ascrivibile oltre che ai processi di combustione anche alla movimentazione delle materie prime nei parchi di stoccaggio dell’Ilva per effetto dei venti e delle azioni meccaniche. Una conferma di questa asserzione è contenuta nella sentenza di condanna subita dall’Ilva il 28.09.05 in sede di Cassazione per la dispersione di polveri dai parchi minerali “ g) le polveri rinvenute in quantità notevole e prelevate in varie zone della città di Taranto, provenivano certamente dai parchi minerali dello stabilimento Ilva, stante le loro caratteristiche costitutive accertate mediante analisi che avevano evidenziato la massiccia presenza, in esse, di ferro,vanadio, cromo e manganese”. La stessa sentenza inoltre rileva “i consulenti tecnici del P.M. avevano accertato come, annualmente, sulla superficie di un mq si depositassero circa 100/200 grammi di polvere, destinati ad aumentare nei punti più vicini al perimetro dello stabilimento siderurgico ed a diminuire a distanza di circa 400/500 metri da esso, inoltre, che per la polvere totale era stato sfiorato il livello di attenzione di 150 mg/mc”. Il Tribunale del riesame, nel provvedimento adottato il 7 agosto 2012 ha sostenuto come “ …dall’area parchi , in conclusione, sono state emesse polveri che non dovevano fuoriuscire o che, comunque, non dovevano superare il limite di normale tollerabilità ex art. 844 c.c. “. Venivano in tal modo confermate le conclusioni contenute nel decreto di sequestro preventivo emanato dal GIP P. Todisco secondo cui i “materiali sversati derivanti da tale area sono tali da indurre imbrattamenti e danneggiamenti agli edifici, e soprattutto molestie e danno alla salute umana.” Ne discerne come la problematica rilevata costituisca tuttora una fonte di rischio per la salute di lavoratori e popolazione e non possa quindi procrastinarsi oltre i tempi tecnici strettamente necessari per provvedere alla sua rimozione. Si richiede, quindi, che la copertura dei parchi minerali avvenga in tempi sensibilmente ridotti rispetto ai 36 mesi previsti.
* Si richiede, nelle more della copertura dei parchi minerali ed oltre gli interventi già previsti nel “parere”, l’installazione di sensori lungo il perimetro degli stessi parchi e limiti di polverosità da non superare salvo far scattare idonee misura di contenimento con un piano straordinario da concordare con gli enti di controllo. Tale misura era già prevista nel primo atto di intesa siglato nel 1997, salvo perderne le tracce successivamente.
* Occorre che si prenda in considerazione la possibilità di poter approvvigionare gli altiforni tramite pellets. Tale soluzione potrebbe ridurre nettamente la dimensione dei parchi con i relativi benefici in termini di riduzione dell’impatto ambientale.
Si richiede l’osservanza della disposizione di servizio “Rif.2” del 17.09.2012, con la relativa tempistica, predisposta dai custodi giudiziari e consistenti in :
– spegnimento e completo rifacimento AFO 1 e AFO 5
– interventi di miglioramento :
a) sistema di captazione e depolverazione stock- house su AFO 1 e 2.
b) captazione emissioni dal campo di colata AFO 1 – 2 – 5
c) adozione nuovo sistema di granulazione loppa con relativo circuito acqua e condensazione
dei vapori per AFO 1 – 5
d) adozione sistema per la limitazione emissioni diffuse dallo scarico della sacca a polvere per
AFO 2
Tale disposizione, secondo quanto emerge dalla perizia chimica predisposta dal Gip P. Todisco, non trova completo riscontro con quanto prescritto nel “parere” redatto dalla commissione IPPC. I punti b) e d), con riferimento all’AFO 2, ne sono infatti esclusi.
Si rilevano anche diversi inauditi ritardi ed incongruenze. L’intervento b) sull’AFO 1, secondo quanto riportato nel cronoprogramma aziendale inserito nell’AIA rilasciata, avrebbe dovuto già essere realizzato entro il 2010; per l’AFO 5 entro settembre 2013 mentre per il “parere” il solo avvio dei lavori viene fissato entro il 1° luglio 2014. L’intervento c) per l’AFO 1 avrebbe dovuto concludersi entro settembre 2011; per l’AFO 5 entro settembre 2013 a fronte del “parere” in cui l’avvio dei lavori viene anche in questo caso previsto entro il 1° luglio 2014. In positivo si registra come il punto c), in difformità con la disposizione dei custodi, sia esteso nel “parere” anche all’AFO 4.
Risulta che solo negli impianti stock house di AFO 4 e 5 siano installati filtri a tessuto mentre in quelli di AFO 1 e 2 sono adottati sistemi di abbattimento ad umido con una capacità di captazione polveri decisamente inferiore. Si richiede l’adozione di filtri a tessuto anche per questi due ultimi altiforni, misura del resto obbligata per rispettare il limite di 10 mg/Nmc imposto nel “parere”.
Si richiede, in applicazione delle BAT “n. I/61 e n. 62” , la copertura dei canali di colata per tutti gli altiforni ed il divieto di utilizzare catrame per il rivestimento degli stessi con relativo controllo di merito.
Si richiede l’applicazione della “BAT 69”, non contemplata nel “parere”, in ordine all’implementazione di sistemi atti a ridurre gli odori nella fase di trattamento delle scorie.
Nel “parere” da subito si prescrive “la completa captazione ed il convogliamento delle attuali emissioni diffuse generate dal raffreddatore circolare”.
L’installazione di filtri a tessuto lungo il processo di sinterizzazione è invece divenuta questione piuttosto controversa. Formalmente l’azienda si è dichiarata disponibile a realizzare l’intervento nel citato “piano di investimenti immediati”. Nel “parere” non viene invece previsto. Se ne richiede la prescrizione in quanto garantisce performance decisamente superiori rispetto agli elettrofiltri ed in grado di far rispettare il limite più severo previsto dalle nuove Bref per il parametro polveri.
Si ribadisce l’importanza del campionamento in continuo delle emissioni di diossina dal camino E 312 su un impianto che ne produce la maggior quantità nel Paese con tutte le conseguenze ambientali, sanitarie ed economiche nel territorio circostante. La tecnologia è recepita nel PMC ma con la formulazione ambigua di “campionamento a lungo termine” di cui si chiede il cambiamento in ” campionamento in continuo”.
Il “parere” recepisce le prescrizioni contenute nelle “disposizioni” dei custodi giudiziari.
Dal rapporto del NOE reso noto nel giugno dello scorso anno emerge un quadro preoccupante circa la portata dello “slopping”. Dal 1° aprile al 10 maggio 2011 le video – riprese hanno registrato, nella sola fase diurna, 121 eventi di questo fenomeno all’ACC/1 e 69 per l’ACC/2. Occorre intervenire prescrivendo, oltre il monitoraggio del fenomeno, l’adozione di automatismi previsto da sistemi cosiddetti “esperti” in grado di regolare il processo di soffiaggio dell’ossigeno e dell’altezza della lancia nel convertitore, intervenendo quindi sulla formazione della schiuma nella scoria.
Si ritiene importante la chiusura e copertura dell’ACC/1 proposte dall’Ilva nel suo “piano di investimenti immediati” presentato il 18 settembre c.a.. E’ in linea con la realizzazione di un nuovo sistema di depolverazione a tessuto previsto sia dal “parere” che dalle “disposizioni”.
La dispersione di fumi e gas viene registrata anche dai tetti dell’ACC/2 nonostante la recente ‘installazione di un nuovo sistema di depolverazione secondaria. Occorre che nel merito venga svolta un’indagine per far emergere la portata di questa disfunzione e le sue cause per poter assumere i provvedimenti del caso.
Occorre affrontare le problematiche relative all’adozione della tecnica della “combustione soppressa”, in base alla quale il gas di acciaieria viene recuperato solo nella fase centrale del processo di affinazione in convertitore (durante la quale detiene maggior quantità di ossido di carbonio) mentre nelle fasi iniziali e finali viene combusto in torcia. Non a caso nel suo rapporto il NOE denuncia un uso continuato delle torce del tutto distorto, di fatto assurto a pratica di smaltimento e non legato ad eventi eccezionali (emergenze e/o problemi di sicurezza). Questa tecnica è prevista dalle B.A.T. ma, tanto più in assenza di accorgimenti che incidano sulla combustione delle torce, ai vantaggi del recupero del gas di acciaieria (poi sfruttato a scopo energetico) fanno da contrappeso insopportabili emissioni inquinanti. Tale anomalia va decisamente superata con le eventuali opportune modifiche di processo e/o adozione di adeguati sistemi di captazione. Occorre che i sistemi di prelievo dei gas in torcia ed idonei sistemi di monitoraggio in continuo dei parametri portata, CO, e temperatura di combustione, pur previsti dall’AIA, siano implementati da subito. Occorre inoltre che le torce, oltre quanto previsto dal “parere” siano dotate sia di un sistema atto ad impedire l’ingresso di aria nel corpo della stessa (con relativo monitoraggio in continuo dell’ossigeno) e sia di smokeless per migliorare la combustione e ridurre le emissioni di residui carboniosi (fumate nere). Oltretutto il NOE ipotizza che l’azienda possa non possedere l’autorizzazione necessaria per la dispersione delle emissioni diffuse trattate in questo capitolo.
PIANO DI CONTROLLO E MONITORAGGIO AMBIENTALE
Si prende atto della prescrizione n. 89 del “parere” relativo al monitoraggio in continuo di tutti i camini delle aree cokeria, agglomerato, altiforni ed acciaierie, della rete di monitoraggio da ubicare lungo il perimetro dello stabilimento e del sistema di monitoraggio in continuo di IPA, BTEX e polveri in linea con quanto richiesto dalla Legambiente. Si ritengono comunque troppo lunghi i sei mesi concessi all’azienda per presentare un “piano per la piena esecuzione del PMC” poichè si aggiungono al tempo di un anno già previsto dall’AIA in fase di riesame.
Inoltre si richiede che i “parametri conoscitivi” indicati per alcune categorie di inquinanti relativamente al monitoraggio di diversi camini possano essere trasformati in cogenti o, comunque, legati ad alcuni interventi da adottare in caso di superamento del limite tabellare.
Occorre inoltre che tutti i dati relativi al rispetto delle prescrizioni dell’AIA, inclusi i dati del monitoraggio predisposti dal PMC, siano consultabili su un apposito sito predisposto dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con Ispra ed Arpa Puglia.
Si ritengono troppo lunghi i tempi concessi per la presentazione del programma LDAR da parte dell’azienda poiché ha già usufruito di quelli previsti dall’AIA in riesame. Si richiede che, tenendo presente anche del sequestro in atto sugli impianti dell’area “a caldo”, i tempi siano ridotti a tre mesi.
Leo Corvace
Taranto, 17 ottobre 2012