ILVA: “SENZA DISSEQUESTRO CHIUDIAMO LA FABBRICA”
La Procura: parere negativo
Se non saranno dissequestrati gli impianti, l’Ilva chiuderà lo stabilimento di Taranto. E’ scritto nell’istanza Ilva di dissequestro: “L’ ovvia insostenibilità economico-finanziaria delle condizioni di esercizio condurrebbe inevitabilmente alla definitiva cessazione dell’attività produttiva e alla chiusura del polo produttivo”.
“L’unico modo per far fronte a tale impegno – scrive l’Ilva – consiste nell’attuazione effettiva del decreto di revisione dell’Aia: vale a dire l’attuazione non solo di quella parte delle novellate disposizioni, recante limiti e disposizioni più stringenti di quelle approvate nell’agosto 2011, bensì dell’autorizzazione all’esercizio nel suo pieno (e ovvio) significato giuridico, cui quelle disposizioni sono appunto strumentali”.
IL PARERE DELA PROCURA FORSE NEGATIVO
Sarà negativo, secondo indiscrezioni, il parere della Procura della Repubblica di Taranto sull’istanza di dissequestro degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva presentata ieri dai legali dell’azienda. Per questo motivo, la decisione sull’istanza di dissequestro non sarà presa dalla Procura ma dal gip del Tribunale, al quale gli stessi pm ‘girerannò l’istanza con il parere negativo motivato. Tutto questo dovrebbe avvenire domani, la decisione probabilmente in settimana.
FERRANTE,IN CASO DI ‘NO’ A DISSEQUESTRO FAREMO RICORSO
In caso di decisione negativa della Procura e del Gip di Taranto sulla istanza di dissequestro dello stabilimento Ilva “noi ci appelleremo e faremo certamente ricorso”. Lo ha detto il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, intervistato da Skytg24 a proposito della istanza di dissequestro degli impianti presentata dall’azienda e sulla quale si profilerebbe un parere negativo della Procura.
Per Ferrante, però, “è giunto il momento di dire con chiarezza chi decide la politica industriale in Italia, se è l’autorità politica, il governo, oppure è l’autorità giudiziaria”. “Bisogna anche sapere – ha concluso – che la chiusura dello stabilimento di Taranto avrebbe ripercussioni non solo su Ilva ma sull’ intero sistema economico del Paese”.
FIOM-CGIL, ATTEGGIAMENTO AZIENDA INACCETTABILE
“L’incontro di oggi ha registrato ancora una volta la distanza che c’è tra le posizioni dell’azienda e quelle dei sindacati. Per Fim, Fiom e Uilm non ci sono le condizioni per aderire alle richieste sulla cassa integrazione da parte dell’azienda, che continua ad avere l’atteggiamento di chi non vuole affrontare i problemi dell’intero stabilimento e di trattare l’argomento come se fossimo davanti a una contrazione di mercato e come se il 26 luglio (giorno del sequestro degli impianti a caldo, ndr) non fosse accaduto nulla”. Lo sottolinea il segretario provinciale della Fiom-Cgil Donato Stefanelli commentando l’incontro tra azienda e sindacati sulla cassa integrazione.
“Per noi – aggiunge Stefanelli – è un atteggiamento inaccettabile, per cui abbiamo chiesto un supplemento di discussione, fermo restando che le organizzazioni sindacali hanno preannunciato sin da oggi che se la situazione rimarrà invariata per noi non ci sono le condizioni per la cassa integrazione. Poi ognuno si assumerà le sue reponsabilità”.
AZIENDA: NUOVA AIA PERCHE’ NO PERICOLO AMBIENTE
Per l’Ilva, è “inequivocabile e persino ovvio” che nessuna Aia sarebbe stata rinnovata e pubblicata dal ministero dell’Ambiente se l’intero iter “non fosse saldamente fondato sulla consapevolezza dell’assenza di un pericolo per l’integrità dell’ambiente e della salute pubblica”: è scritto nella richiesta di dissequestro.
Proprio la sussistenza, a parere della Procura di Taranto, di un pericolo per l’ambiente e la salute pubblica a causa dell’inquinamento provocato dall’Ilva, aveva spinto nei mesi scorsi i magistrati inquirenti a chiedere ed ottenere dal gip del tribunale di Taranto il sequestro preventivo degli impianti dell’area a caldo (decreto eseguito il 26 luglio insieme a misure cautelari personali).
Nell’istanza di dissequestro, peraltro, l’Ilva sostiene che “non è astrattamente concepibile” la possibilità di “una residuale funzione autonoma e processualmente legittima del sequestro preventivo penale”. E ciò anche nel caso specifico in cui “il magistero penale non condivida le valutazioni operate dall’autorità amministrativa e congiuntamente prefiguri una particolare urgenza cautelare”.
FONTE
lagazzettadelmezzogiorno.it