PROFONDO SUD: IL SOGNATORE E L’AVVOCATICCHIO …

PROFONDO SUD: IL SOGNATORE E L’AVVOCATICCHIO …

Russia. Ottobre 1917. Viene demolito l’impero dello zar Nicola II, i bolscevichi prendono il potere e vengono impiantati i soviet

I soviet rappresentano, nell’ideologia socialista di Trotski e di Lenin il primo passaggio che prevede la dittatura del proletariato, nella dottrina marxista, il quale deve portare dopo questa transizione all’anarchia. Impiantati i soviet nei quartieri russi e subito iniziano a ed emergere le prime figura politiche, socialiste, le quali si sentono già in grado di saper amministrare una nazione che ha appena lasciato un impero e che, faticosamente, dovrebbe avviarsi a un nuovo modello sociale, o meglio alla dittatura del proletariato.

Un rampate avvocato bolscevico, un autentico felino, crede di già che può fare tutto ciò che crede. Eletto in uno dei diversissimi soviet moscoviti gli viene dato l’incarico della gestione del bene comune. Il felino, o fellone, comincia già a capire che la sua vocazione sono i soldi, se pur nelle casse del nuovo regime erano quasi scarsi. Convinto di saper fare tutto si appropriò, direttamente o indirettamente, di tutte quelle agevolazioni economiche che il suo incarico poteva dare. Oltre il felino, però, c’era un sognatore, il quale lo teneva a debita distanza e lo controllava nel suo operato all’interno del soviet. Il sognatore collezionò ben diverse notizie su di lui e le diffuse nel quartiere. L’avvocaticchiò si arrabbiò di brutto e convocò immediatamente l’organo centrale del soviet.

Viene fissato l’incontro collegiale tra l’avvocaticchio e il sognatore con i giudici supremi del soviet a valutare l’accusa del sognatore. I giudici moscoviti ascoltano l’avvocaticchio, il quale dice: ”Compagni, è innegabile la mia vocazione socialista. Sono nato socialista e continuo in quest’opera ideologica come hanno insegnato i nostri padri comunisti. Il sognatore ha parlato di me, rappresentante del popolo, in modo ignobile e denigrandomi davanti a tutti in un incontro pubblico. Chiedo che codesto organo popolare espelli, e lo condanni in modo esemplare, dalla nostra comunità il sognatore”.

Dopo l’arriga dell’avvocaticchio, ecco quella del sognatore: “Giurati popolari, sapete benissimo che il mio credo comunista era solo in giovane età. Poi sono cresciuto, come è normale per ogni essere umano. Ho visto le cose in modo diverso e da come le ho viste le ho narrate ai miei conoscenti e amici, quindi non credo di avere colpe alcune sul diritto di parlare. Se voi credete all’avvocaticchio condannatemi. Lo accetto, seppur controvoglia. Ma sappiate che l’operato dell’avvocaticchio è stato alquanto scabroso”.

I giudici, dopo aver ascoltato entrambi, si ritirano nelle loro stanze. Rientrano nell’aula del soviet e decretano l’assoluzione per il sognatore. L’avvocaticchio, sentito il verdetto delle toghe rosse, si mette le mani nei capelli e comincia a strapparsi quei pochi capelli che gli sono rimasti. E’ nervoso e al passaggio casuale del sognatore davanti a lui gli batte le mani in segno di sfottò. Il sognatore è calmo e di rimando, al battito della mani provocatorio, gli risponde: ”Li mani và battili an facci a mammta. Pizzarroni cà nò se otru!”

Giovanni Caforio

viv@voce

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