MALTRATTAMENTI AGLI ANIMALI DESTINATI AL CONSUMO ALIMENTARE
L’Italia e l’Europa hanno il dovere morale di intervenire. Carne di cavallo ma anche di altri animali importata da allevamenti con bestie seviziate
Lo scandalo della “carne di cavallo” utilizzata nella filiera alimentare come surrogato della carne bovina, anche da multinazionali dell’alimentare e le recentissime immagini diffuse dai media di mezzo mondo sui maltrattamenti subiti dai cavalli in Argentina, Messico, Canada e negli Stati Uniti ed Europa dell’Est, spingono lo “Sportello dei Diritti” a chiedere a gran voce interventi di caratura internazionale, in primo luogo da parte delle istituzioni europee, per evitare che si ripetano non solo queste frodi alimentari, ma anche che si perseveri nei maltrattamenti degli animali sia nella fase dell’allevamento che nel trasporto e sino ai macelli.
Cavalli, ma anche bovini, suini ed ovini morenti, malati e feriti sono lasciati al loro destino, veicoli inadatti sono utilizzati per il trasporto e gli animali sono maltrattati da personale brutale e senza alcuno scrupolo. La cosa più grave, rileva Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” é che ci si accorga di tutto questo solo a seguito della segnalazione di prodotti contaminati da carni diverse da quelle che si dicevano di essere vendute, mentre sono anni che diverse associazioni non governative denunciavano lo scandalo permanente della carne d’importazione e delle condizioni degli animali.
Circostanze queste che hanno dimostrato notevoli carenze nella catena dei controlli a tutti i livelli che ci fanno legittimamente insospettire circa possibili connivenze tra controllati e controllori, tra industria alimentare a grandi livelli e istituzioni, specie quelle sanitarie e doganali.
Ecco perché sottolineamo a gran voce che l’Italia e l’Europa hanno il dovere morale di intervenire non solo per la tutela di milioni di bestie costrette a condizioni terribili, ma anche per i consumatori che in quanto ultimo anello della catena alimentare sono costretti a cibarsi di prodotti non certamente degni degli standard alimentari e salutistici che l’Europa stessa da anni cerca di portare avanti.