SCARPE TOSSICHE: BATA RITIRA QUATTRO MODELLI
Allarme per la salute attraverso un contatto prolungato della pelle della calzatura contaminata con il sudore del piede
Nei giorni scorsi Bata, aveva ritirato in Svizzera dagli scaffali alcuni modelli in seguito a test effettuati nella Svizzera italiana e a Como dalla rubrica per la difesa dei consumatori. I quattro modelli di scarpe incriminati potrebbero contenere tracce di cromo 6, prodotto altamente tossico e cancerogeno che serve a conciare le pelli. Si tratta di una procedura standard in simili casi, indica Bata in un comunicato diffuso oggi e sempre secondo il produttore di modelli in cui sono state rinvenute tracce di cromo 6 non presentano alcun rischio. Test interni hanno infatti dimostrato che i tassi sono inferiori ai limiti internazionali ammessi. L’Unione Europea non ha disposizioni specifiche sulla presenza ammessa di Cr VI nelle calzature, fatta eccezione per 2 casi:
– un limite di 10 mg/kg (o ppm, cioè parti per milione) di Cr VI nelle calzature per uso professionale: in questo caso è un limite cogente, cioè obbligatorio per legge
– un limite di 10 mg/kg nelle calzature che intendono ottenere il marchio Ecolabel; in questo caso il limite è volontario, perché non è necessario il marchio Ecolabel per commercializzare le calzature.
Alcuni stati hanno però provveduto con limiti specifici: ad es. in Germania le calzature devono rispettare un limite massimo di 3 mg/kg di Cr VI. mentre in Italia non è indicato il tetto massimo.
Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” il problema dell’uso di sostanze chimiche pericolose per conciare le pelli, in particolare il cromo esavalente, non va sottovalutato in particolare il suo potere cancerogeno. Ad esempio attraverso un contatto prolungato della pelle della calzatura contaminata con il sudore del piede.
Proprio, agli inizi di ottobre 2012, un rapporto di Human Right Watch (HRW) ha documentato i problemi di salute e sicurezza tra i lavoratori di molte concerie nel quartiere Hazaribagh a Dacca, capitale del Bangladesh. Fra di loro anche bambini di appena 11 anni, che si ammalano per via dell’esposizione a sostanze chimiche pericolose, poi riversate inquinando le comunità circostanti.