QUANDO LA SATIRA NON PIACE!
Famoso è “l’editto bulgaro” che tolse a lungo dalla RAI non solo Enzo Biagi e Michele Santoro, ma anche il povero Luttazzi
Partiamo da un presupposto: si può fare satira su chiunque. Con garbo, con buon gusto, ma si può fare su chiunque. Anche sui politici più famosi. I diritti di cronaca, critica, satira sono tutti tutelati dalla Costituzione e dalla vigente legislazione. Lo sappia il politico di turno e lo dica anche ai suoi accoliti.
Se la satira non piace, fa niente. Essa per definizione non deve essere compiacente, anzi spesso deve irritare, infastidire, innervosire e provocare ira. Anche se ci si chiama Tizio, Caio o si è amministratore. Che poi si voglia discutere sulla qualità della satira, allora il discorso è un altro.
Prendersela con la satira è mestiere corrente della nostra politica, soprattutto di destra, ma anche di sinistra.
Famoso è “ l editto bulgaro” che tolse a lungo dalla RAI non solo Enzo Biagi e Michele Santoro, ma anche il povero Luttazzi. Sorte analoga toccò a Sabina Guzzanti che vide una sua trasmissione letteralmente svaporare dal giorno alla notte. Se poi torniamo ulteriormente indietro, si può citare il Beppe Grillo cacciato per le sue tirate polemiche sui socialisti dell’era Craxi.
Brutto mestiere quello di far pensare con le risate. I manovratori non gradiscono, si prendono terribilmente sul serio e vogliono essere rispettati e adorati.
La satira è un formidabile strumento di democrazia, perché mostra il re nudo. Alle volte può andare sopra le righe, ma è questione di buon gusto e quindi di estetica, non di contenuti proibiti o da proibire.
Se la si comprime si toglie ai cittadini l’accesso a un meraviglioso strumento di analisi. Alle volte una battuta e un’immagine valgono un intero discorso.
Ed è proprio questo che la politica soffre e la induce all’immancabile censura alle denunce trasversali.
Anche nei piccoli paesi i giornali locali fanno battute irritanti. Dove si pone il problema? Sono i lettori che ridono e apprezzano, ma di certo è che non possiamo proibire loro di esprimere liberamente quello che vogliono sulle loro vignette satiriche.
Nel rispetto del diritto di espressione di tutti, nessuno escluso, non è accettabile subire attacchi censori di chiaro stampo autoritario sulle proprie opinioni, anche se espresse con toni e contenuti aspri, purché ovviamente non contengano frasi diffamatorie.
La satira, anche la più graffiante, è libera come libero è il pensiero dell’uomo “la satira è un gioco”e in un gioco bisogna accettare vittorie e sconfitte con sportività, come disse Pierre de Coubertin (l’importante non è vincere ma partecipare e saper perdere con lealtà).
Quando i politici colpiti dalla satira vogliono censurare o denunciare, si dovrebbero fare un’autocritica chiedendosi, se forse le centinaia o migliaia di lettori o ascoltatori non sono altro che persone che la pensano diversamente. Spettatori che a quel “gioco”, fatto di ironia, paradossi e sarcasmo, vogliono giocare.
Per favore lasciateci continuare a giocare (liberamente) con la satira, altrimenti finiremo come Troisi e Benigni nel film “ non ci resta che piangere”.
Luca Lionetti