SAVA. QUANDO IL PRINCIPIO PREVALE SULLA RAGIONE
Indigente occupante abusivo della struttura pubblica in precarire condizioni di salute
In un paese civile come lo è Sava non è concepibile assistere all’indifferenza dimostrata dai rappresentati delle Istituzioni locali nei confronti delle persone più deboli e bisognevoli di aiuto. Sono del parere che il “fallimento” della vita di una persona non può essere condannata dalla società ma aiutata affinché questa dagli errori commessi, a volte anche perché spinti dalla disperazione e dalla solitudine, possa trarne insegnamento e migliorarsi.
Tanti e tanti anni fa non ci fu forse qualcuno che disse: “Chi non ha peccato scagli la prima pietra”? Sono trascorsi tre mesi da quando Giuseppe Lo Martire “ essere umano” affetto da diverse patologie tra le quali una grave forma di “diabete” che lo costringe ad “automedicazione” con quattro insuline giornaliere, sopravvive in condizioni pietose in un rudere pericolante (che rischia di essere sommerso dalle erbacce infestanti) di quello che sarebbe dovuto essere uno spogliatoio di un campetto di calcio di proprietà del Comune di Sava, sprovvisto di infissi, porte, acqua, servizi igienici, ed energia elettrica. Le condizioni di invivibilità di questa persona, oltre ad essere state da me portate a conoscenza dell’ opinione pubblica attraverso gli organi di stampa e dai TG di alcune emittenti locali, furono a suo tempo segnalate anche verbalmente ai Carabinieri della Stazione di Sava nonché al Servizio Igiene e Sanità pubblica dell’ ASL di Manduria.
In seguito, sia i Carabinieri di che il “personale tecnico sanitario”, si attivarono immediatamente relazionando anche al Sindaco Dario IAIA il quale, con propria Ordinanza del 3 2013, ORDINAVA all’indigente, (peraltro dichiaratosi disponibile a trasferirsi presso qualsiasi comunità): “lo sgombero immediato da persone e cose” dal locale spogliatoio del campetto di calcio “illegittimamente occupato e detenuto”(per mandarlo dove?) Nell’Ordinanza in questione veniva inoltre specificato che: “avverso al presente atto è ammesso il ricorso al Prefetto, al TAR oppure al Presidente della Repubblica”. Il Lo Martire oltre ad essere “persona indigente” destinatario di pensione di invalidità di circa 280 euro mensili, è anche analfabeta con preoccupanti condizioni di salute derivanti dal diabete che mette a rischio la gamba sinistra attaccata da ulcere con evidenti piaghe che tendono ad estendersi.
Tutto ciò avviene nella più assoluta indifferenza da parte di coloro (Servizi Sociali in particolare) che già sarebbero dovuti intervenire in suo aiuto, e ciò che è più grave è il fatto che non si sta tenendo conto di quanto riportato nella nota del 5 aprile u.s. dell’ ASL di Manduria indirizzata al Sindaco di Sava. Il Dirigente del Servizio Igiene e Sanità Pubblica Dr. Giuseppe PRETE, nella nota in questione, riferita al mio Esposto, tra l’altro mette in evidenza quanto segue: “inconvenienti igienico sanitari dovuti alla presenza di cattivi odori provenienti da urine e feci abbandonati ovunque dall’occupante”(nelle immediate vicinanze vi sono diversi nuclei famigliari con bambini); e ancora:” provvedere nell’immediato tempo possibile alla pulizia radicale di tutto il rudere con derattizzazione e disinfestazione di tutta l’area pertinenziale, nonché allo sfalcio delle vegetazione” ed inoltre: “interessare i Servizi Sociali per il benessere della persona e lo spostamento dello stesso presso una struttura idonea”.
Ad oggi ancora NULLA E’ STATO FATTO, rispetto a quanto richiesto dall’ASL, e allora mi chiedo e chiedo: considerate le condizioni di rischio in cui versa la gamba di questo poveretto, attaccata dal diabete, non sarebbe forse il caso che “qualcuno” almeno si interessasse per farlo ricoverare in qualche struttura sanitaria prima ancora che possa essere troppo tardi? Non si può continuare a sostenere (come a voler giustificare il disinteressamento al problema sociale), che Giuseppe rifiuta l’aiuto della moglie pur sapendo che questa signora nata a BUONAVENTURA (COLOMBIA) il 4 settembre del 1976 all’epoca ventiquattrenne, immediatamente dopo il matrimonio celebratosi il 7 aprile del 2000 presso il Palazzo Municipale di Sava, che gli consentiva di risiedere in Italia, (a detta dal Lomartire precedentemente pattuito per tre milioni delle vecchie lire), lo “sposo” non veniva “sedotto e abbandonato”, ma solo abbandonato (come continua ad esserlo tutt’ ora) perché la “sposa” prendeva immediatamente altra strada.
Mimmo CARRIERI