INCHIESTA “AMBIENTE SVENDUTO” E AUTORIZZAZIONI ILLECITE PER OTTENERE L’AIA
Legambiente Puglia: «L’evoluzione dell’inchiesta ‘Ambiente svenduto’ conferma l’ottimo lavoro svolto dalla magistratura tarantina e evidenzia altresì la pericolosità dei reati di corruzione e concussione perpetrati in campo ambientale»
«L’evoluzione dell’inchiesta ‘Ambiente svenduto’ conferma che i reati di corruzione e concussione se perpetrati in campo ambientale rappresentano indirettamente una seria minaccia per la salute dei cittadini – dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – Per combattere e vincere questo cancro invasivo bisogna partire dai numeri che sono drammatici».
Dal dossier “Corruzione” (edizione 2012) di Legambiente, Libera e Avviso Pubblico, emerge che, a livello nazionale dal gennaio 2010 al 30 settembre 2012, sono 1.109 le persone arrestate in Italia nelle 78 inchieste relative ad episodi di corruzione, connessi ad attività dal forte impatto ambientale. Le inchieste analizzate hanno riguardato, tra le altre, proprio le emergenze ambientali.
La corruzione ‘ambientale’, nel senso del suo impatto sul patrimonio naturale, sul territorio e sul paesaggio, è un veleno che attraversa il Paese: sono 15 le regioni coinvolte nelle inchieste, con 34 procure impegnate, omogeneamente distribuite tra Nord (13), Centro (11) e Sud Italia (10).
I dati evidenziano un’incidenza rilevante delle regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) con 409 ordinanze di custodia cautelare pari al 36,9% del totale nazionale.
Dalle 78 inchieste censite dal gennaio 2010 al settembre 2012 emerge uno scenario inquietante: i risultati parlano di 78 inchieste, con 1.109 persone arrestate, 687 persone denunciate, 87 aziende finite sotto sequestro, 34 procure impegnate e 15 regioni coinvolte.
In particolare, la Puglia si piazza al settimo posto della classifica nazionale sulla corruzione ambientale per numero di arresti e inchieste, con 5 inchieste condotte, pari al 6,4% del totale nazionale, 38 persone arrestate, pari al 3,4% del totale nazionale, e 131 persone denunciate. Fra le 11 procure coinvolte in tutto il Sud Italia spiccano quelle di Bari e Foggia.
«Purtroppo assistiamo sempre più spesso ad attività illecite accompagnate da un sistematico ricorso alla corruzione di amministratori pubblici e rappresentanti politici, funzionari incaricati di rilasciare autorizzazioni o di effettuare controlli – continua Tarantini – Non dimentichiamoci che tra le molte vittime della corruzione vi sono quanti pagano con la vita o con la salute l’arricchirsi di funzionari pubblici a libro paga dei corruttori. Lodevole il lavoro della magistratura tarantina che così facendo contribuisce, insieme ad altre Procure, a diminuire il tasso di depenalizzazione dei reati di corruzione. Nel nostro Paese, infatti, la corruzione rischia di trasformarsi in un crimine senza pena. Se si ipotizza che i protagonisti ne ponderino razionalmente costi e benefici attesi, le occasioni favorevoli e l’inefficacia dei controlli segnalano che smistando tangenti si può guadagnare molto rischiando poco o nulla. La credenza che la corruzione sia prassi corrente e che l’onestà non paghi finisce per tradursi da sola in realtà. Se invece si diffonde la convinzione che la legge della tangente non sia senza scampo si può cominciare a intraprendere un cammino che sia davvero diverso e che avvii al cambiamento».
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