TARANTO E LA VESTAS
La multinazionale danese Vestas ha annunciato, lunedì scorso, la chiusura dello stabilimento, proprio il giorno in cui vi sarebbe dovuto essere l’avvio della Cassa Integrazione Ordinaria. La decisione di licenziamento a Taranto riguarda 147 dipendenti
Per i lavoratori è stato scioccante ricevere quel verdetto improvviso e lapidario sulle loro vite. Nello stesso momento della comunicazione, la vigilanza ha impedito l’ingresso ai lavoratori che si erano presentati ai cancelli per entrare in fabbrica. È scattato immediatamente un presidio permanente, mentre i sindacati hanno chiesto un incontro urgente al Ministero dello Sviluppo Economico che è in programma domani a Roma. All’incontro parteciperà anche il Sindaco di Taranto Ezio Stefano che ha chiesto la collaborazione di rappresentanti di altre istituzioni.
Nell’azienda danese che opera nel settore eolico, vengono prodotti attualmente generatori V90, ritenuti fuori mercato, mentre invece si richiedono modelli più grandi come il V110 realizzato in Spagna.
Il sindacato ritiene dunque che la Vestas non intende fare gli investimenti necessari per adeguare la produzione introducendo le tecnologie innovative. La cosa è al quanto criticabile se consideriamo gli ingenti finanziamenti pubblici ,statali e regionali, che l’azienda ha sempre ottenuto. A Taranto infatti la Vestas era arrivata negli anni ’90 con gli incentivi della legge 181 del 1989 sulla reindustrializzazione delle aree di crisi siderurgica.
Nella convocazione a Roma domani si chiederà per questo, l’annullamento dei licenziamenti, l’applicazione degli ammortizzatori sociali e gli investimenti necessari per avviare la produzione dei nuovi modelli, utilizzando l’esperienza accumulata in tanti anni dai lavoratori ormai esperti.
Nella più accurata analisi, però, dobbiamo considerare l’azienda di Taranto, collocata in un piano internazionale più ampio, secondo cui, il gigante danese dell’energia eolica, è ricorsa negli ultimi tempi ad una riorganizzazione aziendale che prevedeva eventuali licenziamenti in Europa e negli Stati Uniti, se non vi fossero stati gli incentivi del governo concessi ai produttori di energia con tecnologie alternative. Infatti all’inizio del 2012, proprio i tagli alle politiche di incentivo ed i ritardi nei processi di realizzazione di nuove centrali a vento, avevano indotto l’azienda, a ridurre le stime sui ricavi del 2011, comunicando esuberi per 2.300 unità.
Dunque sono sempre in atto la riduzione dei costi di produzione e l’ aumento della flessibilità. Ricordiamo inoltre che le rinnovabili sono inserite in un circuito economico di globalizzazione, per cui le aziende che prima erano leader, ora fanno i conti con la globalizzazione ed in particolare con i bassi costi del made in Cina; enorme il successo delle turbine eoliche cinesi.
Maria Lasaponara