L’EMILIA, IL TERREMOTO, I GELSI E IL SILENZIO: LA POESIA DI MADDALENA CHE VUOLE RICORDARE
Il terremoto Maddalena non l’ha sentito, l’ha solo letto sui giornali, ma non vuole dimenticarsene, e ha scritto una poesia
Si chiama Maddalena ha 18 anni è di Torino ma studia Scienze dei Beni Culturali a Milano. L’abbiamo incontrata qualche settimana fa in treno e chiacchierando, come si faceva sui treni prima dell’avvento di ipad e smart-phone, ci ha raccontato di aver scritto una poesia sul terremoto del maggio 2012 in Emilia. “Ho saputo del terremoto tramite giornali – ci racconta – e quando ho sentito la notizia non ho potuto far a meno di pensare a ciò che era accaduto a L’Aquila qualche anno prima. Ma non ho scritto sull’onda dell’emozione, al contrario, vi è stata un’attesa. Volevo vedere se ancora una volta tutto si sarebbe ridotto ad un evento su cui speculare, un qualcosa che resta lì, perché il sentimentalismo ‘prende bene’, ma alla fine poi tutto diventa così lontano… Infatti, pian piano l’attenzione è scemata, e la tragedia è diventata “cosa vecchia”, già sentita, ma io continuavo a pensare a chi aveva perso la casa, la famiglia, gli amici e che era ancora lì, a rimettere in piedi muri e a piangere sulla tomba di chi poteva essere mio fratello. Se poi qualche volta se ne è riparlato, lo si è fatto con poche frasi di circostanza e alcune lacrime al momento giusto: chi non ha visto, chi non ha vissuto la tragedia, non ricorda più, o non per davvero. Non ci cambia neppure la terra che trema e ulula, pensavo, e in quel “ci” c’ero anch’io”.
“Allora ho capito che non volevo che tutto quel dolore rimanesse lì, come fosse “carta di giornale” utile solo per accendere la stufa: volevo che il terremoto fosse concreto nel mio presente, che divenisse un fatto per me, una domanda, parte della mia vita e non fuori dalla mia vita; insomma, la notizia mi aveva colpito, mi aveva lasciata senza fiato, ma non poteva restare solo un momento, un ricordo perduto che bene o male non cambia nulla, non muove nulla: qualcosa era successo e avevo l’urgenza di renderlo mio, un giudizio, un compagno nella realtà perché niente fosse dimenticato”.
“Così – ci racconta ancora Maddalena – ho cominciato a scrivere pochi versi; mi ha sempre aiutata a ragionare e mi avrebbe dato anche la possibilità di rileggere tutto quello che sentivo in quel momento, le mie domande, le mie riflessioni, i miei dispiaceri e le mie richieste, in funzione di un passo verso il reale che avrei potuto anche offrire ad altri. Ora posso dire a che è servito, se non ad altri, quanto meno a me: la mia quotidianità ha subito la scossa del maggio 2012; permane la memoria intesa come ‘passato nel presente'”.
Leggiamo la poesia di Maddalena, sono tante le domande che vorremmo farle ma è ormai ora di scendere: “Maddalena, la tua poesia dice che “il silenzio ha il colore dei gelsi”, perchè i gelsi e cosa è per te il silenzio?
“Ci sono gelsi con frutti color rosso sangue (mi piace ricordare qui il mito di Piramo e Tisbe), che sono proprio metafora del sangue, ma che, allo stesso tempo, mi ricordano gli affetti familiari, l’accoglienza: sulle colline marentinesi c’è un luogo dove ho amici così cari da poterlo chiamare casa e c’è lì un giardino con due di questi gelsi con i frutti così singolari. Il silenzio invece non ha un significato solo negativo, e gioca sulla pluralità dei suoi aspetti: può essere segno di solitudine, il tacere di fronte ad un dramma, il mutismo dei giornali di fronte ad un fatto ormai considerato’vecchio’ oppure quel momento in cui tutto ‘fa silenzio’ ma tutto si riempie. Il ‘mio’ silenzio tende soprattutto verso quell’ascolto che parte dalla realtà e non mi svuota, ma mi lascia colpita nella sua pienezza, in quel frangente che non è possibile cogliere appieno, ma che trasformiamo in domanda, quello stesso punto interrogativo che giace nel profondo di ognuno”.
Ciao Maddalena, il nostro viaggio in treno è giunto al termine: ci hai regalato la sua poesia scritta di corsa su un foglietto e ci hai detto dice che sì, la possiamo pubblicare, perché i terremotati di oggi e di domani sappiano che c’è a Torino c’è un giovane cuore che batte per loro.
red/pc
TERREMOTO
I miei occhi già dietro il ghiaccio,
faglia nel pugno tenuto muto,
stretto, premuto in una casa: taccio.
Sei scale che percorro a fatica,
biglie tintinnanti sui gradini
come inchiostro su fogli, puntini.
Mi son chiesta se ci sarà coraggio
di chi vive, sopravvive ancora,
per terre inghiottite nel maggio,
per non vedere stracci di giornali,
parole di inchiostro sul ciglio,
di porte cadute: tuono, bisbiglio.
Ho lasciato soffioni sulle mura,
la mia paura per chi dura oggi,
affinché guardassi questa pianura
e colui che raccoglie cocci.
Ma ho affidato alle tue dita
il pensiero, la carta, la matita,
e mi domando in versi il perché
il silenzio ha il colore dei gelsi.
Maddalena Maggiore
FONTE
http://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it/index.html?pg=1&idart=10993&idcat=1