SAVA. Ufficio postale: un’altra piaga tutta savese
IAIA, luglio 2012: “E’ mio dovere far fronte alle necessità del paese che rappresento e per questo, ci stiamo muovendo, affinché Poste Italiane comprenda a pieno il problema”
E’ sempre nell’occhio del ciclone l’unico Ufficio Postale savese. 17 mila abitanti, oltre 7.000 utenze e un ufficio degno, per superfice, di un paese di montagna. Anzi, a pochissimi chilometri da Sava, ad Uggiano per l’esattezza, c’è un ufficio postale che, in base alle poche migliaia di abitanti che ha, è abbastanza composto. Spesso, quest’ultimo, è meta di molti savesi che ovviano alle interminabili code all’ufficio casalingo.
In questi giorni, con i pagamenti della Tares e dell’ Imu, addirittura non facevano stare oltre 30 persone al suo interno. Addirittura. E gli altri? Gli altri fuori ad aspettare, freddo connesso. E in alternativa, verso altri sportelli bancari o postali. Cartelle del tributi nelle mani in primis. Di questo ufficio, discusso e dibattuto milioni di volte, Poste italiane pare che di Sava non vuole sentire parlare.
Molti lettori hanno detto, a ragione o a torto, che tanti pensionati potrebbero eliminare le code se solo usassero l’accredito pensionistico sul loro conto corrente. Questo potrebbe andare anche bene ma, alcuni scordano questo, l’Ufficio postale è un Ufficio pubblico in cui l’utente paga il servizio e per tanto, può piacere o non piacere, è l’ufficio stesso che deve organizzarsi a far sì che tutte queste code non si verifichino. E su tutto servire, in modo celere, l’utenza.
Quattro anni fa riuscimmo, petizione e raccolta di quasi 5.000 firme portate al Prefetto con l’urgenza del caso, ad imporre l’apertura pomeridiana. E poi? Il problema non è affatto risolto. Di nuovo code, pioggia o sole o freddo permettendo, e l’utente è sempre quello che paga il prezzo per l’inefficenza che qualcuno, a cui ha designato in passato la risoluzione dei problemi del suo paese, non è stato in grado di risolvere o di non volerlo risolvere. Andiamo a questa amministrazione e a ciò che il sindaco IAIA aveva promesso.
Era luglio del 2012 e il neo primo cittadino, esattamente disse questo: «Dobbiamo convincere Poste Italiane della reale necessità riscontrata dal paese». Ma andò anche oltre con la “richiesta di potenziare il servizio in questione in quanto è un forte disagio con cui tutti facciamo i conti, ogni giorno”. Subito dopo IAIA mise dinanzi a se la sua responsabilità amministrativa: “E’ mio dovere far fronte alle necessità del paese che rappresento e per questo, ci stiamo muovendo, affinché Poste Italiane comprenda a pieno il problema”.
E formulò anche la soluzione logistica indicandola. “Verrebbe rivalutato un immobile comunale, attualmente chiuso, ed il nostro Comune potrebbe incassare delle somme che, in tempi di crisi e di tagli, fanno comodo». L’immobile che IAIA citava nel luglio dello scorso anno erano i locali dell’ex mercato ortofrutticolo di Via F.lli Bandiera, oggi abbandonatissimo.
E’ passato oltre un anno da queste dichiarazioni del primo cittadino e ancora stiamo così. Ma la domanda che ci poniamo, spesso e volentieri è questa: “Perchè ci fanno vivere così?”
Giovanni Caforio