SAVA. Il dialetto: la nostra educazione, il cambio delle nostre abitudini e quelle dei nostri figli …
Ma il dialetto rimane sempre il dialetto. La più bella forma di comunicazione
Sappiamo benissimo, e non da ora, che ogni generazione cerca sempre di distinguersi, da quella precedente. C’è il cambio di abitudini in quasi tutto: dal modo di vestire ai gusti musicali, dai diversi interessi ai loro rapporti interpersonali e, su tutto, dai nuovi mezzi di comunicazione.
Ai nostri figli abbiamo insegnato l’italiano, lingua madre, per cercare di renderli più attivi e partecipi su scala nazionale. Insomma, un modo diverso da quello che hanno avuto i loro genitori. O meglio, noi. Senz’altro più ampio, più vasto quello odierno. Spaziano su tutto, il mondo è a un semplice click di mouse. Imparano le lingue che a noi, allora, erano talmente sconosciute. Ecco, questo è il loro mondo nuovo e, in questo mondo nuovo, noi cerchiamo di entrare e di capire il loro mondo. Spesso non ci riusciamo ma, a volte, è la nostra presunzione che ci frega.
Ma lasciamo stare questi discorsi “sociologici” e andiamo al tema principale di questo articolo. Ovvero, il dialetto. Espressione di comunicazione di tutti i popoli, di tutti i luoghi di ogni parte del mondo. Le lingue madri poi cercano di ridurre lo spazio che lasciano i dialetti cercando di avvicinare la comunicazione verso una lingua ufficiale. Il dialetto, invece, resta sempre quello che è. E non viene modificato quasi mai. Qualche volta si cambia la dicitura di qualche parola ma è sempre lui e si lascia capire.
Nel nord Italia, settario, c’è una protezione particolare del loro dialetto. Lo rendono inaccessibile a chi del luogo non è. E questo li porta, amaramente secondo noi, a emarginarsi più di chi vorrebbero emarginare dal loro contesto sociale. Il dialetto, in questo caso quello savese, è somigliante a quello salentino e meno, molto meno, a quello tarantino. Non ha cantilena. E’ simpaticissimo. E le battute fatte in dialetto e riportate in italiano non hanno lo stesso sapore! Oggi ci ritroviamo, qui su facebook, a ricordarcelo e a ricordarlo.
Stanno uscendo fuori vocaboli quasi scordati. Rispolverati. Modi di dire andati in completa obsolescenza. Nella vita di tutti i giorni amo parlare il dialetto in quanto lo ritengo una forma di espressione, e di convincimento, più diretto verso il savese. Insomma, stiamo riapprezzando la nostra lingua primitiva. Ed è bello. L’italiano è la lingua madre. Tanto di cappello. Il dialetto, quello savese, ci ha dato la culla. Onore al nostro savese!
Giovanni Caforio