Confederazione Italiana Agricoltori PUGLIA
Si è svolta il 19 febbraio a Bari la sesta Assemblea elettiva della Confederazione Italiana Agricoltori di Puglia sul tema “Più Agricoltura per nutrire il Mondo, più reddito per gli agricoltori”, che ha eletto il nuovo presidente regionale, Raffaele Carrabba
La Cia Puglia, dunque, dopo le varie assemblee elettive provinciali svoltesi nelle ultime settimane – nel corso delle quali sono stati eletti i nuovi dirigenti provinciali – ha celebrato la sua Assemblea elettiva regionale, propedeutica alla assemblea elettiva nazionale, che si svolgerà a fine mese a Roma.
Alla iniziativa di ieri sono intervenuti il presidente regionale uscente della Cia Antonio Barile (relazione in allegato), il neo presidente regionale della Cia Puglia, Raffaele Carrabba (relazione in allegato), l’assessore regionale alle risorse agroalimentari Fabrizio Nardoni, e il presidente nazionale della Cia Giuseppe Politi.
Nel corso della assemblea regionale, inoltre, la Cia Puglia ha presentato il dossier (in allegato) sui “Costi contributivi Inps in Puglia” (costi chemettono in difficoltà migliaia di aziende agricole pugliesi nella competizione di mercato), alla cui presentazione è intervenuta la responsabile nazionale lavoro e relazioni sindacali della Cia Claudia Merlino.
In conclusione alla assemblea sono stati eletti il nuovo presidente regionale, Raffaele Carrabba, i nuovi vicepresidenti regionali, Giulio Sparascio e Vito Scalera, i componenti della giunta regionale: Felice Ardito, Giannicola D’Amico, Franco Passeri, Mauro Zaccheo, Rosaria Ponziano eVincenzo Netti.
La direzione regionale della Cia Puglia, invece, risulta composta da: Raffaele Carrabba, Michele Ferrandino, Andrea Iaffaldano, Leonardo Lionetti, Rosaria Ponziano, Silvana Roberto, Vito Scalera, Vincenzo Netti, Mauro Zaccheo, Fabio Rossi, Vincenzo Ferrieri, Lucia Giustino, Felice Ardito, Angelica Curci, Giannicola D’Amico, Salvatore De Luca, Angelica Soleti, Giulio Sparascio, Benedetto Accogli, Laura Presicce, Paola Deriu, Francesco Passeri, Roberto Barberio, Raffaele Ignazzi, Pierina Ranaldo, Antonio Barile. Sono invitati permanenti alla direzione regionale della Cia Puglia il direttore regionale Franco Catapano, i direttori provinciali Giuseppe Creanza, Nicola Cantatore, Luigi D’Amico, Danilo Lolatte, Vito Murrone, Vito Rubino e il presidente del collegio dei garanti (anche lui eletto ieri) Donato Petruzzi.
Sintesi della relazione del Presidente uscente Cia Puglia Antonio Barile
Svolgiamo la 6a Assemblea elettiva della Cia Puglia in un momento in cui la crisi del nostro Paese è assai più preoccupante che in passato, perché la crisi non è solo economica. La crisi investe come una tempesta la credibilità della rappresentanza politico-istituzionale, che rischia di contaminare la rappresentanza sociale ed economica, e farla diventare preda anch’essa dei populismi di varia natura.
Aver compiuto il nostro dovere sempre e rifuggito l’opportunismo non è più sufficiente se non vi è il riconoscimento del ruolo delle organizzazioni sociali e di categoria, i cosiddetti corpi sociali intermedi come la Cia, attraverso una concertazione vera e la sussidiarietà orizzontale. Naturalmente le rappresentanze sociali e di categoria non sono senza difetti. La Cia ce l’ha messa tutta affinché la rappresentanza del mondo agricolo italiano fosse all’altezza delle sfide con la scelta dell’unità e la formazione del Coordinamento di Agrinsieme, con la Confagricoltura ed il settore agroalimentare dell’Alleanza delle Cooperative Italiane.
“Più agricoltura per nutrire il mondo. Più reddito per gli agricoltori” è il tema dell’Assemblea che colloca l’agricoltura in un contesto non puramente economicistico e corporativo. L’agricoltura per la Cia è un bene comune, che appartiene a tutti come l’aria e l’acqua, e come questi beni comuni va tutelata dalla società italiana ed europea. Le crisi alimentari e i fenomeni del land grabbing (si stima che la sola Cina si sia accaparrata in Africa di oltre 70 milioni di ettari) hanno imposto l’agricoltura nell’agenda internazionale. Lo shock alimentare, che potrebbe verificarsi entro il 2050 se non sarà aumentata la produzione mondiale del 70%, impone una diversa considerazione dell’agricoltura. La Pac 2014-2020 rappresenterà nei prossimi 7 anni la principale fonte di spesa pubblica per il settore.
Un merito specifico va alla Cia e alle organizzazioni agricole che per la prima volta si sono presentate in Europa con una posizione comune. Non è poco se rispetto al budget europeo per il periodo di programmazione 2014-2020 di 960 miliardi, ben 363 miliardi vengono destinati alla PAC (pari al 38%), 278 miliardi per il primo pilastro e 85 miliardi per il secondo. L’Italia riceverà complessivamente 41,5 miliardi di euro, 27 miliardi per i pagamenti diretti, 4 miliardi per l’OCM vino e l’OCM ortofrutticoli e 10,5 miliardi per lo sviluppo rurale. Quando parliamo di Pac in Puglia dobbiamo avere presente che dal 2015 al 2020 sono in gioco ben 550 milioni di euro all’anno di pagamenti diretti alle nostre 250mila aziende agricole e 1,6 miliardi in sette anni di finanziamento pubblico per le misure di investimento del Psr.
Cioè complessivamente circa cinque miliardi di euro in sette anni! La nuova Pac delega al Governo nazionale e alle Regioni importanti scelte che non possono essere frutto di discussioni ristrette ed esclusivamente tecniche. Per quanto riguarda i pagamenti diretti ci sono fondati timori che con la regionalizzazione unica nazionale la Puglia rischia di perdere circa 50 milioni all’anno dal 2015 al 2020, cioè 300 milioni. Però la regionalizzazione amministrativa, cioè la suddivisione tra le regioni del budget nazionale su base storica, consentirebbe alla Puglia di mantenere intatto il budget attuale. Negli ultimi quattro anni, l’agricoltura italiana ha perso il 6,5 per cento del valore aggiunto. il reddito operativo, cioè la remunerazione rimanente all’agricoltore che nel 2000-2001 era circa il 36% del valore aggiunto, nel 2010-2011 è sceso al 12% e nel 2013 si stima intorno al 10%.
Ritengo che la causa fondamentale sia l’assenza di una politica agraria nazionale per quasi un decennio. Non poteva essere diversamente, se consideriamo che al ministero dell’Agricoltura si sono alternati ben sei ministri, e ora con il governo Renzi saranno sette! Sono state assenti azioni di riformatrici necessarie e urgenti, alcune delle quali non costano nulla al bilancio dello Stato, vedi la riforma della legge 102 sulla regolazione dei mercati agricoli e dei contratti e una nuova disciplina che attenui lo strapotere della Gdo. E mancata una strategia nazionale per tutelare il made in Italy dalla contraffazione che, insieme alla scarsa aggregazione dell’offerta agricola, è la causa della bassa remunerazione del prodotto agricolo. In questi giorni la contraffazione dell’olio extravergine made in Italy è balzata agli onori della cronaca internazionale, con il New York Times che ha sferrato un attacco durissimo colpendo purtroppo nel mucchio anche i produttori onesti.
Però non possiamo nascondere che la contraffazione solo nel settore dell’olio extravergine raggiunge in Italia il miliardo e mezzo di euro. Sembra una stima improbabile, ma la differenza tra i dati dell’olio extravergine prodotto in Italia, che si aggira intorno ai 3,5 milioni di quintali, e quella commercializzata nel nostro paese di oltre 9 milioni di quintali, dimostra concretamente che il 60% imbottigliato nel nostro Paese non è italiano. Ma non è nemmeno vero extravergine, perché oggi non c’è in tutto il bacino del mediterraneo il potenziale produttivo per importare in Italia ben 5,5 milioni di vero extravergine. Gli olivicoltori italiani non temono la concorrenza del vero olio extravergine. Pagare 3,10 euro un litro di olio extravergine è un offesa grave alla fatica e al sudore di migliaia olivicoltori, veri eroi dell’ambiente.
Alla luce di questa analisi, la Cia Puglia promosse una petizione alla Ue che chiedeva venisse ridotto il parametro degli ‘alchil esteri’ da 75 mg a 30 mg per kg di olio extravergine di oliva. C’è il fronte dei costi, in particolare quelli contributivi Inps, energetici e burocratici. Un dossier della Cia Puglia documenta che l’aliquota Inps pagata in Italia è più del triplo della media europea. La Puglia ha uno specifico interesse all’abbattimento dei costi contributivi perché su 194mila aziende agricole assuntrici di manodopera in Italia, ben 35.682 sono pugliesi (pari al 18,37%)”.