Produzioni letterarie. EMOZIONI in versi – “… il miele dalle stelle”
Presentazione del libro di Mimmo Martinucci
Chi volesse trovare nei versi di Mimmo Martinucci il riferimento ai drammi e alle angosce esistenziali che connotano tanta parte della poesia contemporanea e che spesso sfociano in forme poetiche chiuse in se stesse, psicotiche e scarsamente comunicative, rimarrebbe fortemente deluso. Il poetare di Martinucci è diretto; non richiede grandi sforzi ermeneutici, né s’impegna in contorsioni ardite del pensiero e dello stile, perché semplice e sereno è il sentire del poeta. Nel Martinucci le tempeste della vita, i crucci, le inquietudini dell’animo si stemperano in una composta ed equilibrata visione dell’esistenza. È la visione di chi, carico d’anni e di varie e non sempre felici esperienze, ha imparato a dare il giusto valore alle cose e a scegliere dalle cose del mondo quelle che davvero ristorano l’animo e appagano il cuore.
C’è in Martinucci la piena accettazione del destino umano. La consapevolezza del tempo che scorre, dell’età che avanza inesorabilmente, della brevità della vita, della fine ineluttabile, non dà luogo a tensioni sconvolgenti, ma si risolve, come ben si vede nella sezione dedicata “all’autunno della vita”, in un intenso desiderio di pace, di amicizia, di solidale compartecipazione e di compagnia, unico antidoto alla solitudine, quella solitudine che pare essere la più grave preoccupazione del poeta.
A mio parere è proprio questa sezione quella più intimamente sentita dall’autore, quella più spontanea, più personale e meno costruita, tanto da configurarsi come il centro lirico di tutta la raccolta.
Orbene, partendo da questa umanissima e pacata disposizione d’animo, il poeta si abbandona al canto delle cose che più lo incantano: non ricchezze, onori, ed effimere ambizioni, né sirene di potenza e di gloria, ma amore, arte e bellezza.
Canta la donna nella sua avvenente e indispensabile presenza, commenta in versi alcune opere di artisti e pittori, loda i prodigi della natura, descrive il fascino dei luoghi più belli della terra natìa, volge lo sguardo stupito alle meraviglie dello spazio e ai misteri dell’ermetismo e dell’esoterismo.
Sono questi i temi trattati da Martinucci nelle varie sezioni della presente silloge, temi che testimoniano, non solo la sensibilità tutta emozionale dell’autore, ma anche la sua curiosità intellettuale, la vastità dei suoi interessi e il suo retroterra culturale solidamente radicato nella tradizione poetica italiana.
L’ossequio alla tradizione è la nota che contraddistingue anche lo stile poetico di Martinucci. Lo testimonia la sezione “Sonetti in italiano antico”, nella quale il poeta si cimenta in un compito arduo: l’imitazione della lingua poetica dei padri della poesia italiana, vale a dire degli stilnovisti, di Dante e, soprattutto, di Petrarca e dei petrarchisti.
Si tratta, è vero, di un puro esercizio letterario, che però non è fine a se stesso, né esibizione di virtuosismo, ma, al contrario, esprime il tentativo di assimilare modi e stilemi di quel poetare, per poi farne libero uso nel proprio.
Il lessico poetico di Martinucci, di solito limpido e colloquiale, si nobilita, infatti, proprio attingendo qua e là a forme e costrutti propri di quell’armamentario poetico, i quali conferiscono al discorso martinucciano un sapore e un colore d’antico, ormai sconosciuti alla lirica italiana contemporanea. A sottolineare ed ad accrescere questo effetto, deliberatamente arcaicizzante, sono le numerose incursioni nella mitologia classica, di cui il poeta mostra d’essere un profondo conoscitore.
Dalla tradizione, infine, Martinucci, deriva anche i suoi metri, come il doppio senario, il nonario, il settenario, il decasillabo, ma soprattutto l’endecasillabo, che predomina sugli altri; anche quando, talvolta, viene spezzato in quinario e senario separati, si capisce che il poeta lo ha concepito nella sua interezza, perché Martinucci, poeticamente, pensa in endecasillabi e li struttura nelle forme classiche del sonetto e della quartina rimata, che sono gli schemi prevalenti in tutta la sua produzione in versi.
Poeta d’altri tempi, dunque, Mimmo Martinucci? Forse, ma certamente un poeta che parla alla contemporaneità, troppo immersa in un presentismo senza fini e senza prospettive, troppo condizionata da una frenesia di vita che vita non è.
Il canto di Mimmo Martinucci, così ricco di antiche risonanze, così carico di stupore, è un monito all’uomo d’oggi, un invito struggente a vivere secondo i ritmi di natura, a recuperare un’umanità spesso sacrificata all’interesse e a condividere gioie e dolori con chi si ama e con chi è amico, a fermarsi un attimo per gustare, finché si è in tempo per farlo, le piccole grandi gioie della quotidianità, nella costante consapevolezza che ciò che piace al mondo è breve sogno.
Enzo Garganese
ISBN 9-788895-545660
Pagine 288 – € 20
Edi Santoro – Galatina (LE) – Marzo 2014