TARANTO. Sant’Antonio: fede e spiritualità in “U’ Chiante d’a Madonne”
La compagnia de “I Commedianti” ha rappresentato la trasposizione in dialetto della lauda di Jacopone da Todi. Don Carmine: “Momento importante per noi”
La drammaticità della passione di Gesù, il cuore straziato della Madonna e le sfaccettature comunicative del dialetto tarantino. Una sfida non facile ma che la compagnia de “I Commedianti” ha saputo vincere nella rappresentazione andata in scena nella Chiesa Sant’Antonio di Taranto in “U’ Chiante d’a Madonne”.
Pasquale Strippoli ha riscritto la lauda “Il pianto della Madonna” di Jacopone da Todi, chiamata anche “Donna de Paradiso”, e ne ha effettuato la trasposizione in tarantino. La palla è passato nelle mani, o meglio nell’arte recitativa de “I Commedianti” che, guidati dalla regia di Mina Isernia, hanno ripercorso gli ultimi attimi della vita di Gesù raccontandone il dolore quello diretto, fisico, e quello “indotto” molto empatico, patito sotto la croce dalla Madonna. Non poteva esserci cornice migliore dell’altare della chiesa Sant’Antonio con il suo mosaico imponente che preannuncia quel che sarà tre giorni dopo, la Pasqua di Resurrezione.
Una sorta di ritorno alle origini per la compagnia che proprio nelle sale della parrocchia di via Duca degli Abruzzi è nata, un po’ per gioco, un po’ per passione trasformandosi in un’affermata “banda” di attori, principianti solo sulla carta, a giudicare dal successo delle varie commedie portate in scena in questi anni. A rendere l’atmosfera ancor più solenne e avvolgente le sonorità sacre del Coro Polifonico Parrocchia S. Antonio diretto da Giuliana Carenza per le musiche del maestro Francesco Buccolieri, all’organo, e del maestro Andrea Solito, alla chitarra.
Qualcuno potrebbe storcere il naso dinanzi all’accostamento tra le sofferenza patite dal Cristo ed la rappresentazione in dialetto. Invece è proprio questa la forza “comunicativa” dei Vangeli della Passione: la descrizione della sofferenza di un uomo prima di quella, per chi ha fede, del Figlio di Dio. Del resto non esiste una lingua universale, italiano, inglese o alcun idioma “eletto”come Mel Gibson ha dimostrato nel suo film “The Passion” dove ha volutamente scelto di far recitare le scene in aramaico antico, la lingua di allora, ai tempi in cui avvennero i fatti in Galilea.
“Per noi tutti è stato un impegno non indifferente” ha detto la regista Mina Isernia visibilmente emozionata e soddisfatta per l’apprezzamento della gente che ha riempito le navate della Chiesa. Pasquale Strippoli invece ha parlato dell’ “arrangiamento” in dialetto: “Non è stato facile, è servito uno studio profondo dell’opera di Jacopone e del dialetto tarantino per eseguire una buona traduzione, fedele il più possibile”.
Insomma il modo migliore per tutta la comunità della parrocchia Sant’Antonio di continuare la Quaresima dopo i tanti incontri della “scuola della Parola” ed una settimana dedicata agli esercizi spirituali con l’adorazione eucaristica. Soddisfatto il parroco don Carmine Agresta che ha avuto una parte, di lettura, all’interno della rappresentazione: “Un’esperienza che appartiene alla tradizione secolare della Chiesa e che ha visto tanti tentativi, un po’ in tutte le regioni italiane. Il dialetto ci avvicina al contesto e lo rende attuale: la sofferenza di Maria come quella di tante donne che tribolano per i propri figli. Per la nostra comunità un altro momento importante di avvicinamento alla Settimana Santa”.
Parrocchia S. Antonio da Padova
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