EMMA MARCEGAGLIA TRA LIFTING FISCALE E LICENZIAMENTI A TARANTO
Avventure di una nuova presidenza ENI
Emma Marcegaglia nata a Mantova il 24 dicembre 1965 è un’imprenditrice italiana, oltre che prima donna nel coprire il ruolo di Presidente di Confindustria. Sono queste, più o meno, le prime battute della sua biografia su Wikipedia e dall’8 maggio 2014 qualcuno ha aggiunto che è presidente dell’ENI. Ma noi recitiamo diversamente le sue vicende economiche e politiche e diciamo che erano gli ultimi mesi del 2013, quando fu annunciata a Taranto, la chiusura dei suoi stabilimenti che producevano pannelli coibetati e pannelli fotovoltaici, con il licenziamento di 134 dipendenti che sarebbe dovuto avvenire il 31 dicembre 2013. Era il solito regalo di Natale, riservato spesso ai dipendenti di aziende in crisi o in fase di sviluppo verso altri lidi.
Marcegaglia Buildtech giustificò la gravissima decisione con la difficile crisi del settore dei pannelli fotovoltaici. Ricordiamo che l’azienda si era riconvertita da poco, nei due anni precedenti, al fotovoltaico con la produzione in proprio di lamine flessibili a film sottile, in silicio amorfo. In passato, all’incirca nel 2000, il gruppo Marcegaglia era arrivato a Taranto per rilevare una parte del Gruppo Belleli, azienda pure mantovana, specializzata nella produzione delle piattaforme petrolifere offshore che subì una crisi prolungata e di difficile gestione, tanto che neanche Marcegaglia ritenne di risolvere decidendo, invece, di produrre caldaie industriali comunque nella nostra città.
Dopo la decisione di quel fine ottobre 2013, di chiudere la Marcegaglia Buildtech tarantina, la cassa integrazione è invece stata rinnovata; il 20 maggio i sindacati metalmeccanici hanno però ostacolato la decisione di smantellare la linea produttiva di Taranto per delocalizzarla a Pozzolo Formigaro (Alessandria) in uno stabilimento, in cui sono stati trasferiti lavoratori e produzione di un’altra azienda milanese. Attualmente i lavoratori tarantini sono in cassa integrazione straordinaria rinnovata ed in attesa che la Praxi, società di consulenza incaricata dal Gruppo Marcegaglia, cerchi nuovi aziende disposte a gestire lo stabilimento e a ricollocare i lavoratori, assumendo il personale.
Ma la notizia che più ha fatto clamore su Emma Marcegaglia è stata la sua nomina, da parte del Governo Renzi, a Presidente dell’Eni, nell’ambito dei “grandi cambiamenti” sui super manager dello Stato e delle Partecipate. Tra le altre nomine eccellenti quanto altrettanto prive di originalità, citiamo quella di Mauro Moretti, ormai sulla cresta dell’onda per aver avversato strenuamente i tetti agli stipendi dei manager pubblici. Moretti, con i suoi sette anni alla guida delle Ferrovie dello Stato e da sempre in questa impresa statale nei vari ruoli, vantava un reddito di 850.000 euro l’anno; diviene ora con Renzi Amministratore Delegato di Finmeccanica ottenendo, come aveva saggiamente egli stesso previsto nella querelle citata e che lo vedeva protagonista, un reddito ancora maggiore, poco più di un 1.000.000 di euro.
Il gruppo Marcegaglia ha, negli ultimi anni, avuto moltissimi problemi per la sicurezza del lavoro nelle sue diverse aziende; ad aprile ha perso la vita un lavoratore, mentre è dal 2000 che gli stabilimenti di Mantova e di altre province sono travagliati da incidenti gravi e morti bianche.
E poi ancora, Emma Marcegaglia ed il suo “Gruppo di Famiglia” hanno effettuato disinvoltamente il cosiddetto “lifting fiscale”, trovando il modo di risparmiare attraverso delle holding in Lussemburgo ed in Irlanda e seguendo schemi legislativi ineccepibili. “Si sfruttano le legislazioni di stati compiacenti allo scopo di diminuire il peso delle imposte nel bilancio aziendale. Ma poi vi è stata una vera e propria evasione fiscale in cui il gruppo controllato dalla famiglia Marcegaglia, tra il 1994 ed il 2004, ha accumulato fondi neri all’estero. Il denaro veniva depositato in 4 depositi bancari aperti all’Ubs di Lugano. I beneficiari dei conti su cui sono transitati nel tempo svariati milioni di euro erano Steno Marcegaglia ed i figli Emma e Antonio. Quest’ultimo ha patteggiato una pena di 11 mesi sospesa ed ha restituito 6 milioni di euro”. Questa la fedele cronaca citata dal @Il Fatto Quotidiano del 27 agosto 2011.
Ma torniamo alla Emma Presidente dell’Eni: a Taranto giorni fa i lavoratori dell’appalto Eni di Taranto hanno ricevuto, solo 5 giorni prima, l’avviso di licenziamento. L’azienda ha revocato dal 1 giugno il 50% dell’affidamento al consorzio locale, assegnandolo a due aziende di Alessandria e Roma. Estromesso dalle attività della raffineria, l’autotrasporto tarantino vede il servizio di trasporto dei prodotti petroliferi e le attività di logistica retro portuale, affidati ora a Gavio e Bertani, imprese nazionali; sono appalti di milioni di euro.
E’ “Mare Nero” l’inchiesta che ha provocato il licenziamento dei dipendenti Eni e certo, anche le ditte d’appalto hanno dovuto rispondere dei reati imputati per truffa e furto ai danni dell’azienda. Ma c’è una certezza questa volta, l’ennesima volta: Taranto non accetta più il colonialismo da parte di imprese partecipate, o private, gravemente inquinanti e che forniscono privilegi ed occupazione al resto d’Italia. Si sta trattando affinchè i lavoratori tarantini non aggiungano i propri nominativi alle liste di disoccupazione.
Le istituzioni, dal Sindaco al Prefetto, al Vescovo hanno mostrato solidarietà ed impegno affinchè questi lavoratori e le loro rispettive famiglie non debbano cadere nell’irrimediabile baratro della miseria; un baratro da cui, una città priva di flusso finanziario ed economico, non può uscire senza un affrancamento definitivo da politiche gestite da gruppi ostili alla comunità.
MARIA LASAPONARA