SAVA. Ufficio postale: fuori al caldo e infuriati
L’eterno dramma dei savesi che si recano alla “posta”!
13 giugno. E’ un rituale. Estate o inverno che sia. Anche oggi, con un numero limitato di utenti all’interno dell’Ufficio postale erano tantissimi i savesi che aspettavano fuori per poter accedere. Tutte le stagioni dell’anno accompagnano questo triste rituale nei giorni di maggior afflusso, magari dettati da pagamenti o riscossioni impellenti. Anche oggi, a più di qualcuno che attendeva fuori, è saltata la pazienza. Voci alte, disappunti ben messi in vista dall’espressione dei volti, caratterizzavano l’ennesimo copione.
E’ stato dalle 10.30 alle 11.30 circa che le proteste si sono fatte vivissime e queste ultime hanno trovato in un giovane savese il portavoce di questo forte disagio. Anche lui era fuori ad aspettare ma quando è arrivato il suo turno per entrare non ha fatto mancare la sua protesta nei confronti della direzione. “Non è giusto che la gente resti fuori con questo torrido caldo. Può succedere qualche malore a qualcuno, come in passato è successo”. Dagli uffici è uscito un responsabile delle poste savesi il quale ha detto testualmente che “l’ufficio è omologato per un numero limitato di persone e per questo ci dobbiamo limitare a quel numero”.
Di rimando, il giovane ha risposto: “Ma se all’interno ci sono poche persone. Non vi siete accorti? Fuori c’è gente che fa fatica anche a respirare con questo incredibile caldo”. “Sono sempre i numeri che vengono presi dalla macchinetta quelli che imprimono il movimento dell’utenza all’interno dell’ufficio” risponde l’addetto di Poste italiane savese. Ed eccoci, per l’ennesima volta, l’ordinaria follia di circa 7.000 utenti savesi che hanno a che fare con un ufficio piccolo per un paese che, in base al numero dell’utenza, necessiterebbe di un altro ufficio.
Magari, dislocato nelle periferie. Ma questa è un altra storia. Sava, anche su questo, è condannata a fanalino di coda … oggi è la ricorrenza religiosa di Sant’Antonio.
Cu penza Iddu, vistu ca a Sava niscjiunu penza a moti cosi. E sò tanta li cosi ca nò ncì vonnu ntrà stu paesi …
Giovanni Caforio