TARANTO. Pinuccio l’operaio. Cartone animato per Taranto
Prodotto da LEGAMJONICI ED ANONIMAFOLK
C’è un video che sta riscuotendo un’enorme popolarità e che anche Rai tre ha presentato in una delle sue trasmissioni; si tratta di Pinuccio l’Operaio. Cartone Animato per Taranto.
Prodotto da Francesco Santoro con il contributo di Daniela Spera di Legamjonici, scritto e diretto da Claudio Merico, noto violista e musicista raffinato, il filmato si avvale dei disegni e dell’animazione di Andrea Dotta. La musica esplosiva e ricca di suoni ribelli sia metropolitani che folk, è degli Anonimafolk rappresentati da: Francesco Santoro, Claudio Merico, Remigio Furlanut, Marcello de Felice. Guests sono Marina Latorraca alla tromba e Marco Valentino al basso tuba. Il brano è stato registrato presso “Mediterraneo Studio” di Massimiliano Stano. Dunque Legamjonici ed Anonimafolk insieme hanno voluto, in modo creativo, sostenere gli operai tarantini, tutti, i più silenziosi, così come i più reattivi e temerari.
Il cartoon, infatti, rappresenta il simpatico operaio Pinuccio, compiaciuto ed orgoglioso del suo posto fisso che corona tutte le certezze che ne derivano; di conseguenza egli non si lascia scalfire dagli ostacoli che invece incontra, come gli incidenti che si verificano: l’operaio ha infatti perso un occhio ed è zoppo.
Pinuccio non vuol vedere la realtà e dunque cammina, baldanzoso e felice, solo perché non guarda ciò che accade, non vuol vedere le nuvole velenose che uccidono tutte le forme di vita, come capita ad un uccellino rosa che, nel cartoon, vola alto e sorridente, ma che alla fine cade ucciso, non solo dal veleno: Pinuccio cammina talmente deciso e col naso per aria, per la sua strada, che non si accorge di ciò che muore intorno a sé e dunque calpesta il povero animaletto senza rendersene conto.
Ma come potrebbe accorgersi degli altri e dell’inquinamento che sovrasta la città se non è in grado di vedere neanche sé stesso che va in mille pezzi? Gli Anonimafolk cantano nel video di Pinuccio, raccontando che il lavoro gli dà decoro e così “da 12 anni non fa uno scatto, è un tipo tosto, ma con i capi ingoia il rospo”. Dunque Pinuccio ha il suo carattere, ma come davvero fanno in molti, rifiuta di vedere la contropartita di quel posto fisso; pur di non essere costretto a ribellarsi ai capi, perde i suoi pezzi in silenzio. Ma tace anche con i sindacati, avvolti da quel torpore derivante da decenni di connivenza, clientelismi e pallide e perdenti impennate, non garantendo mai nulla che assomigli ad un diritto senza compromesso.
La canzone irride, però, ad un tratto, sulle fantastiche immagini che scorrono e dice anche “tira e tira la corda si spezza e se muoio sai che amarezza”, perché è questo che ogni giorno, una vocina all’interno di ciascun lavoratore, mormora, sopita però dalle paure di un’economia difficile da sostituire. E’ capitato a volte di sentire alcuni lavoratori dire “non ci voglio più andare a lavoro, lo faccio solo per mia moglie o per i miei figli”.
Ma è davvero difficile comprendere l’operaio che nega la sua realtà, mentre “perde i pezzi” come diceva una canzone di Gaber? No, non è complicato percepire il panico di chi non saprebbe come vivere, se non, a condizione di lavorare morendo.
Il reato, l’oltraggio, l’attentato alla vita, lo sporco ricatto lo commette chi ha costretto la gente a scegliere tra lavoro e salute. Un diritto inalienabile diventa un diritto condizionato. Uno Stato ed i suoi rappresentanti, 50 anni fa, decisero di corrodere una terra con scarsa stima di sé; l’aggravante è che oggi, nel 2014, tutto resta uguale per mano di un potere ancora più spietato, reso forte da pezzi di economia, di finanza e di politica che, compatti, resistono nei loro fini, nel loro tardare il più possibile le bonifiche, sordi a tutto ciò che le organizzazioni ambientaliste o di altro genere cercano di denunciare, sordi ad iniziative maestose ed autofinanziate, come gli eventi musicali o come studi e ricerche che dimostrano il disastro ambientale.
L’operaio Pinuccio è dedicato Nicola Darcante 39 anni che lavorava nel reparto carpenteria dell’Ilva e morto il 16 maggio scorso con carcinoma alla tiroide.
Legamjonici con Daniela Spera che ne è il Presidente, negli ultimi anni, ha combattuto contro l’Ilva, denunciando anche la contaminazione dei mitili a Mar Piccolo per l’attività dell’idrovora nel primo seno . Ricordiamo anche le lotte contro l’Eni ed il progetto Tempa Rossa. La dott.ssa Spera ha accusato la raffineria di negare le proprie responsabilità per l’inquinamento a causa delle attività di movimentazione, stoccaggio e raffinazione di greggio, con emissioni di benzene, H2S, NOx, SOx.
Daniela Spera è sempre stata in prima linea per sottolineare i danni gravi e le morti causate alle persone e agli animali dall’Ilva e dall’Eni, danni letali anche al DNA dei bambini e dei non ancora nati.
MARIA LASAPONARA