GROTTAGLIE. Paziente allettato chiedeva di essere cambiato a causa di fuoriuscita di urina, il cambio arriva dopo 4 ore
Racconto di una inefficienza all’interno di una struttura sanitaria del tarantino
Se ricordate, la scorsa volta, giunse in redazione una segnalazione circa la massiccia presenza di guano di piccioni su davanzali e motori esterni dei condizionatori dell’ospedale Santissima Annunziata di Taranto. Questa volta, la triste vicenda, di altra natura, riguarda l’ospedale San Marco di Grottaglie. Lo sfortunato protagonista è un anziano di 86 anni, affetto da varie patologie, ricoverato nel reparto di medicina e chirurgia in seguito ad un malore. L’odissea inizia il 23 luglio, con la corsa al pronto soccorso, e la diagnosi di emorragia cerebrale. Da lì la consulenza in neurochirurgia al Santissima Annunziata e il ritorno in ambulanza al San Marco di Grottaglie. In un primo momento l’uomo è stato sistemato in astanteria, e dopo qualche ora ricoverato in reparto, dove tutt’ora si trova.
In seguito alla diagnosi, i medici consigliano all’uomo di restare a letto, e di espletare i bisogni fisiologici mediante l’utilizzo di pappagallo monouso e pannetti sanitari. Così avviene, tant’è che l’anziano, sia per la ridotta mobilità, sia per il buio della notte e l’incontinenza, bagna letto, lenzuola ed indumenti. Al che, chiede aiuto agli infermieri per essere cambiato intorno alle 6 del mattino e lamenta telefonicamente ai familiari tale situazione. Giunti in ospedale intorno alle 9.30, la situazione all’interno della stanza ha lasciato a bocca aperta, per l’immagine e… per la puzza!
L’anziano era paziente accostato in un angolino del letto, completamente bagnato, con la traversa zuppa di urina, un pappagallo (non monouso tra l’altro) contenente il liquido fisiologico, legato al letto accanto all’uomo con dei nastri, gli slip dello stesso, sporchi, appoggiati sulla sbarra del letto, e sporcizia sotto il letto (come potete notare dalle fotografie). Alla vista di tale scena è stato spontaneo e doveroso chiedere spiegazioni al personale infermiere di turno, e la risposta è stata “Si lo sappiamo, ma non ci sono lenzuola”.
Non ci sono lenzuola? In un ospedale, non ci sono lenzuola? Chieste spiegazioni riguardo alle lenzuola ad un operatore di passaggio, emerge che le lenzuola c’erano. Allora sorge spontanea la domanda: le lenzuola ci sono, l’urina pure (e tanta), cos’è che manca in questo ospedale? Dov’è finita la dignità di un uomo anziano, cosciente di quello che è accaduto, in imbarazzo e a disagio per se stesso e per il compagno di stanza con relativi parenti?
Allertata la caposala, e il responsabile medico di turno appena giunto sul posto di lavoro, e quindi ignaro, gli stessi si stupiscono alla vista dell’uomo nella stanza, rivolgendo sentite scuse a nome del personale tutto. E’ doveroso riconoscere la disponibilità e la tempestività con la quale, il responsabile medico di turno appena giunto, dott.ssa Orlando, appreso il tutto (evidente stato pietoso), ha disposto l’immediata assistenza per l’anziano, che subito è stato cambiato ed accudito dagli infermieri. Dunque ricapitolando, le lenzuola c’erano, l’urina c’era, il medico c’era, gli infermieri c’erano. Ma cosa è che manca in questo ospedale? Assurdo forse non è il termine adatto.
E’ giusto fare una riflessione. Taranto e provincia, più di altre città, purtroppo popolano i peggiori reparti ospedalieri, a causa dell’alta incidenza di malattie dovute all’inquinamento ambientale. L’ospedale dovrebbe essere il punto di riferimento fidato, insieme al personale per tutte quelle famiglie che vi affidano un proprio caro in difficoltà. Molto spesso invece, e non vuole essere questa una generalizzazione, un famigliare in ansia per lo stato di salute di un paziente, si ritrova ad avere a che fare con personale arrogante, che non vuole essere disturbato perché sta lavorando.
Tanto di cappello per chi svolge i turni notturni, lavora con passione e dedizione (in fede a quanto giura per la propria professione), però alla vista di un paziente allettato, anziano, immerso da 4 ore nella propria urina, con una puzza che ha invaso l’intera stanza, ci viene spontaneo ricordare quanto cita il giuramento dell’infermiere all’atto della qualifica: “Al momento di essere ammesso quale membro della professione infermieristica io consacro la mia vita al servizio dell’umanità, consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro di mettere la mia vita al servizio della persona umana; di perseguire come scopi esclusivi la difesa e il recupero della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di rispettare la vita umana in ogni circostanza dal suo inizio fino alla morte. In nessun caso abbandonerò il malato senza essermi assicurato della continuità delle cure e della sorveglianza che gli sono necessarie; di curare tutti i malati con uguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica. In tutti rispetterò la legittima libertà di coscienza; di offrire la mia leale collaborazione all’équipe sanitaria; di rispettare le prescrizioni mediche, eccetto nei casi in cui esse siano contrarie alla deontologia professionale o alla morale […]Faccio queste promesse solennemente, liberamente e sul mio onore”.
Bellissime parole. Tutto quanto citato, è in effetti avvenuto dopo le lamentele ai responsabili di reparto. Con grande umanità, e delicatezza, dopo le lamentele, l’anziano paziente è stato pulito, le lenzuola sono arrivate e sono state sostituite, il pappagallo non monouso appeso al letto, è stato portato via e sostituito con un monouso nuovo da utilizzare e sostituire all’occorrenza. Ecco, questo dovrebbe avvenire a prescindere dalle lamentele. Ognuno sceglie da solo il proprio mestiere, e in un ospedale, spesso per qualcuno “l’anticamera”, l’umanità deve prevalere su tutto il resto. A Taranto e provincia stiamo accogliendo e assistendo migranti, povera gente bisognosa che arriva dal caos della loro terra. Umanità e solidarietà, e poi i nostri italiani, nei nostri ospedali li trattiamo così?
Alimentare il tormento nella mente di una persona per le condizioni in cui un famigliare si trova in ospedale, quasi a sentirsi in colpa. Noi agli ospedali e al personale, affidiamo la nostra vita e quella dei nostri cari, i camici bianchi, verdi, blu devono rispecchiare la speranza, il sostegno. A chi l’altra notte non ha fatto il proprio dovere, rivolgiamo questa domanda: se fosse stato un vostro parente, lo avreste lasciato in quelle condizioni?
Elena Ricci (Quotidiano Taranto Oggi, 26/07/2014)