TARANTO. Legambiente: “Fortemente inquinata la foce del Galeso in Mar Piccolo”
Goletta Verde presenta i risultati del monitoraggio in Puglia: Fuorilegge 14 campionamenti su 31 tra foci di fiumi, torrenti e scarichi
Cinque i prelievi effettuati in provincia di Taranto; due ha dato un risultato di “fortemente inquinato“: alla foce del fiume Galeso e nei pressi dello scarico del depuratore a Marina di Pulsano. In entrambi i casi sono stati rilevati Enterococchi intestinali superiori a 4000 UFC/100ml e/o Escherichia Coli superiori a 1000 UFC/100ml. Entro i limiti l’altro campionamento effettuato a Taranto (agli scogli di lido Bruno) e quelli a Castellaneta Marina (spiaggia libera Borgo Pineto) e a Palagiano (foce del fiume Lenne).
C’è un trend che tende verso il positivo ed è quello che emerge dai monitoraggi di Goletta Verde in Puglia, ma di certo la situazione non è ancora rassicurante: 14 i punti risultati “fuorilegge”, rispetto ai 31 monitorati lungo gli 865 chilometri di costa, nei quali è stata evidenziata una carica batterica al di sopra dei valori consentiti dalla legge. Acque inquinate da scarichi non depurati adeguatamente con presenze di escherichia coli e enterococchi intestinali che contribuiscono non solo ad inquinare i fiumi e il mare, ma che mettono in pericolo la stessa salute dei cittadini.
È questa la fotografia scattata dalla celebre campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, realizzata anche grazie al contributo del COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, che in questi giorni sta facendo tappa in Puglia.
«È un quadro, quello scaturito dalle analisi dei nostri tecnici, che conferma le criticità su tutti i tratti di mare interessati dalle foci dei fiumi e dei torrenti ma anche dagli scarichi – dichiara Simone Nuglio, portavoce di Goletta Verde – Il nostro compito non è quello di assegnare patenti di balneabilità ma segnalare le situazioni di inquinamento che registriamo, per spronare gli enti preposti a individuare e risolvere la causa scatenante di queste criticità».
«Durante la stagione estiva torna alla ribalta la sfida della depurazione delle acque in Puglia, in realtà mai passata in secondo piano. I numeri evidenziano una situazione in chiaro scuro – afferma Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – Da una parte sono state avviate le procedure per il potenziamento dei depuratori, sebbene si è ancora in attesa dell’avvio dei lavori, dall’altra insistono situazioni in cui depuratori scaricano nel sottosuolo, sono sottoposti a procedimento penale o, ancora, sono oggetto di procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea. Non da sottovalutare anche il caso del Comune di Porto Cesareo senza fogna e depurazione.Chiediamo alla Regione di garantire l’attuazione di interventi risolutivi e immediati per far fronte ai problemi della depurazione, utilizzando efficacemente le risorse economiche stanziate e disponibili. Un ruolo importante, però, deve essere anche quello dei sindaci delle città e dei piccoli centri pugliesi, sulla costa come nell’entroterra, che devono abbandonare ogni campanilismo e farsi promotori di una stretta collaborazione con i soggetti preposti che interverranno per mettere in pratica le misure necessarie al ripristino della completa funzionalità di tutti gli impianti imputati».
Sono 187 i depuratori a servizio degli agglomerati pugliesi. Su questi continuano ad insistere problemi di funzionamento, criticità e situazioni irrisolte che in alcuni casi rendono inefficace la depurazione dei reflui. La scarsa disponibilità idrica superficiale naturale condiziona fortemente la tipologia dei recapiti finali nella nostra regione. Questo comporta che solo il 5% dei recapiti finali dei depuratori è costituito da corpi idrici superficiali significativi, il 73% è costituito da lame e corsi d’acqua minori o dal suolo (attraverso trincee drenanti), il 14% recapita a mare.
Gli scarichi nel sottosuolo vietati dalla norma nazionale costituiscono l’8% del totale ovvero 14 impianti, di cui 2 (Matino e Parabita) dismessi in marzo 2014 (le cui rispettive portate sono state convogliate nell’impianto di Casarano Nuovo). Attualmente sono 12 gli impianti che continuano a scaricare nel sottosuolo, con grave rischio di inquinamento delle falde acquifere (Casamassima Vecchio, Cassano delle Murge Vecchio, Carovigno Vecchio, S. Michele Salentino, S. Vito dei Normanni, Lesina 2 Marina, Otranto, Specchia, Uggiano la Chiesa, Manduria Vecchio, Martina Franca, San Giorgio Jonico).
Dal monitoraggio effettuato dall’Arpa Puglia nel 2013 (ben 2.404 controlli) sulla conformità dei reflui in uscita sono stati riscontrati superamenti rispetto ai limiti tabellari almeno per un parametro monitorato in 39 depuratori tra cui Bari Ovest, Bitonto, Casamassima Vecchio, Cassano delle Murge Vecchio, Corato, Gioia del Colle, Molfetta, Ruvo di Puglia, Andria, Barletta, Trani, Trinitapoli, Cerignola, Foggia, Manfredonia, San Severo, Uggiano La Chiesa.
A fronte di queste criticità sono state avviate le procedure di potenziamento in base agli abitanti equivalenti su ben 47 depuratori. Restano poi i 33 impianti sottoposti a procedimento penale che sono Bari Ovest, Molfetta, Corato, Andria, Trani, Gioia del Colle, Santeramo in Colle, Lizzano, Pulsano, Carovigno, S. Vito dei Normanni, S. Michele Salentino, Barletta, Bisceglie, S. Giovanni Rotondo, S. Paolo Civitate, Trinitapoli, Cerignola, Peschici, Pietra Montecorvino, Stornarella, S. Marco in Lamis, Cerignola, Ortanova, S. Severo, Manfredonia, Foggia, Alberona, Margherita di Savoia, Zapponeta, Rodi Garganico, Mattinata, Vieste. Tra i fattori che possono mandare in tilt il servizio di depurazione ci sono anche gli scarichi anomali (arrivi impropri di acque meteoriche, di vegetazione e di natura lattiero-casearia).
L’Acquedotto pugliese stima che le irregolarità nel refluo in ingresso riguardano il 41% del totale degli impianti. A tutto questo si aggiungono anche gli scarichi abusivi, non controllati e gli altri illeciti legati all’inquinamento del mare, come dimostrano i numerosi interventi delle Forze dell’ordine. La Puglia, come si evince dal dossier Mare Monstrum 2014 di Legambiente, è la terza regione a livello nazionale per numero di illeciti a danno del mare riscontrati nel 2013, con 1692 infrazioni accertate, pari all’11,7% del totale, 2.045 fra le persone denunciate e arrestate e 702 sequestri effettuati. In Puglia risultano esserci 5 impianti di affinamento funzionanti ovvero Corsano, Gallipoli, Ostuni, San Pancrazio Salentino e Trinitapoli che nel 2013 hanno garantito il riutilizzo di 397.125 mc di acqua a fini irrigui.
Inoltre, proprio alla vigilia della stagione balneare l’Unione Europea ha avviato una nuova procedura di infrazione ai danni dell’Italia per il mancato rispetto della direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane (procedura n. 2014/2059 del 31 marzo 2014). Dopo già due condanne a carico del nostro Paese, che hanno coinvolto anche agglomerati pugliesi (Casamassima, San Vito dei Normanni, Casarano, Porto Cesareo, Supersano, Taviano, Francavilla Fontana, Monteiasi e Trinitapoli), l’attuale procedura di infrazione ne coinvolge 37 su un totale di poco meno di 900. Questi agglomerati risultano non conformi in quanto sulla base delle informazioni presentate dalle autorità Italiane, risulta che una parte del carico generato da tali agglomerati urbani non confluisce al sistema fognario in impianto di trattamento e/o non è stato dimostrato che tutto il carico generato riceve un adeguato trattamento secondario. Secondo la procedura di infrazione i 37 agglomerati pugliesi richiamati dall’Europa coinvolgono i reflui di 2milioni e cinquecento abitanti equivalenti.
Questo il quadro dettagliato dei monitoraggi di Goletta Verde nelle province pugliesi.
Quattro i punti analizzati in provincia di Bari, di cui uno giudicato “fortemente inquinato”: quello al porto del capoluogo, allo sbocco del tubo di scarico, radice del molo Pizzoli. Entro i limiti, invece, le analisi per le acque prelevate in località Santo Spirito, sempre a Bari (spiaggia su lungomare Colombo incrocio via Harris), a Molfetta (località Prima Cala, spiaggia ad ovest dello stadio) e alla spiaggia di Lama Monachile a Polignano a Mare.
Dei cinque prelievi effettuati in provincia di Taranto, due hanno dato un giudizio di “fortemente inquinato”, nella città capoluogo (alla foce del fiume Galeso) e nei pressi dello scarico del depuratore in località Marina di Pulsano. Entro i limiti l’altro campionamento effettuato a Taranto (agli scogli lido Bruno), a Castellaneta Marina (spiaggia libera Borgo Pineto) e a Palagiano (foce del fiume Lenne).
Otto i prelievi effettuati nel leccese, di cui tre “fuorilegge”. Fortemente inquinato è risultato il campionamento allo sbocco del canale su Lungomare Colombo, altezza via Savona, in località Marina di Leuca di Castrignano del Capo. “Inquinato”, invece, il giudizio per le acque campionate a Tricase (alla foce del canale del Rio a Marina Serra) e a Porto Cesareo (sbocco canale presso via Pontano in località Torre Lapillo). Entro i limiti di legge, infine, gli inquinanti riscontrati allo sbocco del canale presso la spiaggia Scalo di Fuorno, sempre a Porto Cesareo, a Gallipoli (spiaggia fronte via Cantauro, località Rivabella e allo sbocco canale dei Samari, località I Foggi), a Salve (sbocco canale località Torre Pali) e a Corsano (sbocco scarico a torre Specchia).
Situazione più critica nel brindisino, dove tre dei cinque campionamenti hanno dato un giudizio di “fortemente inquinato”: a Brindisi (allo sbocco del canale Giancola), a Torchiarolo (alla foce del canale Infocaciucci, in località Lendinuso) e a Ostuni (nei pressi dello sbocco del depuratore in via dei Pioppi, in località Villanova). Entro i limiti le analisi a Ostuni/Carovigno (spiaggia in località Lamaforca, al confine fra i due comuni) e a Carovigno (foce canale Reale, località Torre Guaceto).
Criticità riscontrate anche nella provincia di Barletta-Andria-Trani dove degli otto campionamenti effettuati cinque sono risultati “fuorilegge”: a Trani (scarico sotto la villa comunale Lungomare Colombo), a Barletta (foce del canale Ciappetta Camaggio, località Ariscianne e allo sbocco dello scarico altezza lungomare/via di Cuonzo, località litoranea di Ponente), a Margherita di Savoia (alla foce del fiume Ofanto). “Inquinato”, invece, il giudizio per il prelievo a Margherita di Savoia (foce Aloisa). Entro i limiti le analisi a Bisceglie (località Salsello, spiaggia lungomare incrocio via Dell’Olio), a Trani (spiaggia Matinelle) e a Margherita di Savoia (foce Carmosina).
Entro i limiti anche l’unico prelievo effettuato in provincia di Foggia, nel comune di Vico del Gargano (località San Menaio, spiaggia altezza via San Menna).
Sono stati inoltre effettuati dei campionamenti in prossimità di alcune condotte di depuratori per verificare lo stato dei tratti di mare interessati. Dei tre campioni prelevati, a Rodi Garganico (Fg) presso la spiaggia Lido Ponente di Casa dei Templari, a Polignano a Mare (Ba) in località Lungomare Colombo e a Santa Cesarea Terme (Le) in località Malo Passo, nessuno ha fatto riscontrare cariche batteriche superiori ai limiti di legge.
Tra i fattori inquinanti, troppo spesso sottovalutati, c’è anche il corretto smaltimento degli olii esausti. Proprio per questo anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, che da 30 anni si occupa della raccolta e del riciclo dell’olio lubrificante usato su tutto il territorio nazionale, è main partner della storica campagna estiva di Legambiente. «La difesa dell’ambiente, e del mare in particolare, rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione» spiega Antonio Mastrostefano, direttore della Comunicazione del COOU. L’olio usato si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli di ciascun cittadino.
«Se eliminato in modo scorretto questo rifiuto pericoloso può danneggiare l’ambiente in modo gravissimo: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in mare inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche». A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare.Lo scorso anno in Puglia il COOU ha raccolto 8.471 tonnellate di olio usato – 2.980 in provincia di Bari, 2.582 a Taranto, 1.204 a Lecce, 1.092 a Foggia e 613 a Brindisi – evitandone così lo sversamento nell’ambiente.
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