Ordinanze anti – prostituzione e privacy. Il danno all’immagine va risarcito solo se provato anche se la multa all’automobilista che va a “lucciole” è recapitata presso casa e la notizia ha fatto il giro del paese
Il Comune, titolare del trattamento dei dati personali, doveva notificare l’atto nel domicilio eletto data la delicatezza della questione
Si discute da tempo degli effetti delle ordinanze anti-prostituzione dei sindaci sceriffi e sui rischi connessi con la privacy di chi si trova a “passare” dalle parti frequentate dalle “lucciole”.Questa volta la Cassazione con la sentenza 18812/14, pubblicata il 5 settembre dalla sesta sezione civile, interviene sul problema della notifica della sanzione amministrativa all’automobilista che si sarebbe fermato sulla pubblica via per far salire a bordo dell’auto una di esse.
Il caso è particolare, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, perchè il verbale era stato notificato all’anziana madre del multato che vive in un paesino e non nel domicilio eletto dal trasgressore. Per i giudici di legittimità, l’amministrazione comunale che è titolare del trattamento dei dati personali, viola sicuramente la privacy dell’uomo beccato a far salire la donna che “per comportamenti ed atteggiamenti era dedita all’attività di prostituzione”.
Costui però non riesce ad ottenere il risarcimento poiché non ha prova nella causa il danno-conseguenza, sul piano della reputazione nella terra d’origine come della sua vita familiare, come invece risulta sempre necessario nell’area delle lesioni che hanno natura non patrimoniale.Nella fattispecie è stato accolto il ricorso dell’ente locale solo perché il danneggiato è venuto meno all’onere della prova: i giudici del Palazzaccio negano il risarcimento equitativo riconosciuto nella non irrilevante somma di 5 mila euro da parte del giudice del merito.
La violazione della privacy del multato, intanto, sussiste ed è evidente: l’ordinanza-ingiunzione emessa dall’amministrazione locale del comune di Montecatini Terme in provincia di Pistoia è risultata essere stata notificata in un plico aperto alla mamma del multato in un piccolo paese del Sud, dove il trasgressore risulta residente e non presso il domicilio eletto nel procedimento amministrativo presso lo studio di un legale. Secondo l’interessato la notizia aveva fatto il giro dell’intera cittadina, anche grazie ai messi comunali del piccolo comune in provincia di Salerno che avevano materialmente effettuato l’incombente, e che avrebbero contribuito a mettere in giro la “notizia”.
Il tutto mentre pendeva la causa di separazione, laddove la violazione della privacy, secondo l’uomo, potrebbe avere effetti negativi anche sul suo diritto di visita al figlio.
Dopo una complessa motivazione circa gli obblighi e le facoltà dell’ente che effettua la notifica dell’ordinanza-ingiunzione in stretta correlazione con quanto stabilito dal Codice della Privacy, i giudici di legittimità rilevano che la notificazione al domicilio legale eletto presso l’avvocato non era obbligatoria in questo caso per il Comune: per la delicatezza della procedura e del suo contenuto, però, l’amministrazione avrebbe dovuto tentare questa via prima di ricorrere ai messi comunali, in modo da mettersi nella condizione di aver «adottato tutte le misure idonee a evitare il danno» che tuttavia non viene riconosciuto perché il cittadino non avrebbe provato minimamente in corso di causa riesce il patema d’animo e la lesione all’immagine che sarebbero scaturiti dall’illecito trattamento dei dati personali, che pure si è realizzato.