TARANTO. La classe politica deve fare pulizia

TARANTO. La classe politica deve fare pulizia

Mimmo Mazza: “Non c’è bisogno di una sentenza giudiziaria per non invitare più a casa propria un ospite che si è congedato portandosi un pezzo di argenteria”

Nessuno è immune dalla mafia, nemmeno la terra di Puglia, protesa verso l’Europa con Lecce autorevole e scintillante candidata a capitale della cultura eppure piombata indietro di un quarto di secolo a Taranto, con gli stessi boss della guerra di mala del 1989 che tornano ad allungare le mani sugli appalti e la politica, nel silenzio di molti e l’indignazione di pochi. Nessuno è immune dalla mafia, nemmeno la Puglia che attrae turisti e imprenditori, ergendosi a locomotiva del Mezzogiorno, perché la mafia, quella fatta di gruppi delinquenziali cresciuti per strada e anche, va detto, in quelle carceri divenute spesso luogo di incontro e di raccordo tra famiglie malavitose come troppo spesso si legge negli atti giudiziari, si insinua ovunque.

Punta agli appalti pubblici, tramite società di comodo e prestanome ossequiosi. Sfrutta la politica e il suo periodico disperato bisogno di voti e preferenze, piazzando suoi uomini e sue donne, controllandole addirittura da vicino come è avvenuto a Taranto nel Consiglio Comunale addirittura lo scorso 23 giugno.

La mafia esiste e spesso lotta accanto a noi, approfittando della crisi, che molto fa tollerare, dell’egoismo che fa ritenere l’attentato al commerciante un problema tra chi ha piazzato l’ordigno e chi ne ha subito i danni, del piccolo pizzo legalizzato sotto forma di mancia ai parcheggiatori abusivi attivi dove la sosta è già a pagamento.

Lo Stato interviene, arresta, reprime. Lo ha fatto ieri a Taranto, smantellando il clan D’Oronzo-De Vitis, dopo averlo fatto già 20 anni fa. Lo ha fatto ieri a Foggia, inaugurando una associazione antiracket dedicata a Giovanni Panunzio, imprenditore ucciso il 7 novembre del 1992 dopo aver contribuito con le sue dichiarazioni all’arresto di 14 mafiosi. Lo sta facendo in queste ore a Bari, cercando di capire se i resti umani ritrovati nelle campagne di Valenzano appartengono al corniciaio Alessandro Leopardi, l’ex testimone di giustizia scomparso il primo ottobre scorso.

Ma intervenire, arrestare, reprimere è sempre più difficile per la cronica carenza di mezzi (i tagli alle forze dell’ordine rendono impossibile un capillare controllo del territorio), per il salto di qualità della malavita (che usa skype, possiede automobili potenti e armi micidiali, ed ha risorse finanziarie ingenti) e perché mancano prevenzione e consapevolezza.

Nessuno è immune dalla mafia eppure i vaccini esistono. Si chiamano coraggio, conoscenza, informazione. Ma c’era davvero bisogno dell’intervento della Direzione distrettuale antimafia di Lecce per venire a conoscenza che nel Consiglio comunale di Taranto siede dal 2007 Giuseppina Castellaneta, appena transitata al Nuovo Centro Destra del ministro dell’Interno Alfano, a cui ieri mattina hanno arrestato il marito Michele De Vitis (per tentata estorsione all’ex presidente della municipalizzata per la nettezza urbana) e il cognato Nicola De Vitis (ritenuto capo dell’omonimo clan mafioso)? Nessuno discute, naturalmente, del diritto che ha la signora De Vitis di fare politica e dei suoi congiunti di protestarsi innocenti fino a condanna definitiva.

Ma è arrivato anche il momento di finirla con il voler affidare alla magistratura l’attività di supplenza, con il delegare ai giudici scelte e selezioni che una classe politica matura, libera e trasparente potrebbe tranquillamente adottare da sè, abbandonando – per sempre – logiche di ricerca del consenso che non portano mai a qualcosa di buono.

Come ricorda sempre il magistrato Piercamillo Davigo non c’è bisogno di una sentenza giudiziaria per non invitare più a casa propria un ospite che si è congedato portandosi un pezzo di argenteria. Non lo si invita più. Punto. La classe politica faccia altrettanto.

Mimmo Mazza

FONTE

lagazzettadelmezzogiorno.it

viv@voce

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