TARANTO. “I cinque sensi. E un retrogusto di rabbia” al TaTÀ
Sabato 18 ottobre, in scena la performance di Koreja e la nuova produzione del Crest
Sapori salentini e inquietudini ioniche. Sabato 18 ottobre 2014, al TaTÀ di Taranto, in via Deledda ai Tamburi, avrà inizio la rassegna “l’autunno dei teatri” con un doppio evento: alle ore 19.30, “Il pasto della tarantola”, degustazione teatralizzata di prodotti tipici salentini “firmata” da Silvio Panini e Paolo Pagliani per Koreja.
Alle ore 21, “Capatosta”, spettacolo scritto e interpretato da Gaetano Colella (in scena con Andrea Simonetti), per la regia di Enrico Messina, produzione Crest-Teatri Abitati. La performance “Il pasto della tarantola” (25’), rivolta ad un numero massimo di 30 persone, sarà presentata quattro volte durante la serata (ore 19.30 – 20.30 – 22 – 23): biglietto 5 euro oppure ingresso gratuito in abbinamento allo spettacolo “Capatosta” (10 euro), in entrambe le modalità di pagamento è obbligatoria la prenotazione. Info: 099.4725780 – 366.3473430.
Molti pensano che il gusto sia l’unico senso veramente importante quando si mangia e si gode del piacere del cibo ma in realtà non è così. Durante l’assaggio si utilizzano tutti i cinque sensi: vista, udito, tatto, gusto e olfatto. L’allestimento de “Il pasto della tarantola” è costituito da una serie di postazioni per una degustazione individuale guidata. Attraverso un ascolto in cuffia le attrici-cameriere (Annachiara Ingrosso e Ottavia Perrone) accompagneranno lo spettatore-avventore alla scoperta dei sapori salentini, specchio e testimonianza della cultura da cui sono nati. Durante la performance sarà possibile degustare lampascioni, scapèce, pomodori secchi sott’olio, africani e vino negroamaro, tutti sapori da cui emerge la luce riverberante del Salento, la pietra tenera degli edifici barocchi, la condizione geografica della penisola salentina e il pellegrinaggio delle tarantolate, morse dal ragno soprattutto d’estate quando le donne erano più impegnate nel lavoro dei campi.
Con “Capatosta” siamo nello stabilimento più grande d’Europa, l’Ilva di Taranto, in uno dei tanti reparti giganteschi della fabbrica, Acciaieria 1 reparto RH, dove l’acciaio fuso transita per raggiungere il reparto della colata e gli operai sono chiamati a controllare la qualità della miscela. Dal 1962 in questa fabbrica ci sono generazioni di operai che si avvicendano, si confrontano, si scontrano e si uniscono. I padri hanno fatto posto ai figli e ai nipoti senza che nulla sia intervenuto a modificare questo flusso di forza lavoro. Si sono tramandati saperi ed esperienze così come usi e abusi, leggi tacite e modi di fare. Sembra che in questo scenario nulla sia destinato a mutare, che i figli erediteranno fatica e privilegi dei padri. Ma è davvero così? Nuova drammaturgia, teatro civile… etichette possibili per una urgenza che non vuole essere chiusa o bollata con un’etichetta, ma vuole essere un prendere parola, restituire un sentimento di dolore e di impotenza insieme, condividendolo con una città e non solo, come solo il teatro può fare. Solo i gesti, i volti, le voci di attori possono riuscire a raccontare il sangue di una città ferita e divisa. Oltre l’informazione.