MANDURIA. “L’amore criminale e il coraggio di raccontare in un paese”, incontro organizzato da La Voce di Manduria (lavocedimanduria.it)

MANDURIA. “L’amore criminale e il coraggio di raccontare in un paese”, incontro organizzato da La Voce di Manduria (lavocedimanduria.it)

Un interessantissimo appuntamento che si è avvalso della  partecipazione di Maltilde D’Errico, autrice e regista  di “AMORE CRIMINALE” (programma televisivo di Rai 3) 

Una saletta dell’Hotel Carlo Borromeo ha ospitato avanti ieri un importantissimo evento: la violenza sulle donne in tutte le sue forme. E’ Sara Piccione, del Punto D di Manduria, che fa da apripista agli interventi seguitissimi che hanno caratterizzato una serata, completa nella sua veste anche “distrattiva”, per nulla pesante. Sara Piccione è una delle sette donne che occupano il tavolo degli interventi, al centro c’è Matilde D’Errico che segue attentamente tutte le fasi in attesa di dare il suo contributo alla serata.

Sara Piccione ringrazia il quotidiano La Voce di Manduria per aver organizzato e dato questa possibilità alla comunità manduriana di assistere a questo incontro. Quotidiano messapico che da più di una settimana ospita, giornalmente sulle sue pagine cartacee e telematiche, l’esperienza di donne vittime di violenza tra le mura domestiche in prevalenza donne manduriane. Sara Piccione nel suo intervento, oltre a presentare le altre donne sedute al tavolo  alla sua sinistra e alla sua destra, parla dell’esperienza del Punto D e delle testimonianze raccolte da donne che hanno voluto far conoscere come in simili situazioni la loro vita prende un percorso diverso. “Storie di maltrattamenti”, rimarca Sara Piccione, “ ma non è solo quella fisica la violenza. Lo è anche quella economica e il ricatto morale”. Prima di concludere il suo intervento, il presidente del Punto D,  sottolinea l’importanza che ricoprono anche i bambini all’interno di un nucleo familiare che è oggetto di violenza e con “bisogna denunciare qualsiasi forma di violenza. O subita o si è depositari” lascia il microfono e nella sala un cicaleccio di giovanissimi alunni della Scuola elementare manduriana “Don Bosco” che aspettano con ansia di vedere il filmato girato nella loro classe in cui loro stessi sono stati attori protagonisti.

Parte il filmato: dura pochissimi minuti quel tanto che basta a far spalancare gli occhi dei giovanissimi che forse facevano fatica a seguire l’intervento della Piccione. Irrequieti, si sono calmati subito appena hanno visto nella sala la loro classe e la loro maestra. “Quello sono io”, oppure “quella è la mia vicina di banco” erano alcuni dei loro commenti a caldo. Finita la proiezione del filmato è stato dato loro una piccola pergamena di partecipazione a questo progetto de La Voce di Manduria. A vedere i loro visi, risvegliati dal filmato appena scorso, e le loro facce sorridenti messe  a dimora nella braccia rassicuranti dei loro genitori convenuti, è stata una bella visione della serata. L’incontro entra nel vivo. La sala non ospita più i bambini, appena andati via, e subito entra nel cuore del problema: la violenza sulle donne.

E’ la volta di Anna Solidoro, operatrice del Centro antiviolenza di Brindisi, la quale parla della sua esperienza lavorativa all’interno del centro brindisino. “Arrivano segnalazioni direttamente o indirettamente. Contattati spesse volte da insegnanti che chiedono un sostegno per alcuni casi particolari”, su questa riga parte l’intervento della Solidoro ed è un fiume in piena nel momento in cui racconta le diverse realtà, di violenza, delle donne che bussano alla porta del Centro antiviolenza. “Non tutte hanno la stessa forza di denunciare sull’immediato la violenza. Sappiamo benissimo che un caso non è mai uguale all’altro e noi operatori cerchiamo sempre di valutare attentamente il tipo di intervento da adottare. Sapendo bene quando possiamo accelerare e quando andare con i piedi di piombo” ed è questa una delle tante difficoltà che un centro antiviolenza affronta. “Instaurare un rapporto di fiducia con la donna che bussa e chiede aiuto è vitale per noi operatori”, già. “Alcune donne perdono la consapevolezza di quello che succede nelle loro mura domestiche, quasi a farsene una colpa di tutto ciò che accade. Come dire ‘forse è colpa mia’. E noi a lavorare sul fatto che il rischio della violenza può portare anche a gesti ancora più aberranti, come l’eliminazione fisica”.

La Solidoro prosegue entrando nell’habitat domestico con “è un terreno molto fragile e stare vicino a loro e vedere quali sono le soluzioni migliori. E passo dopo passo, nel momento in cui assistiamo all’allontanamento della donna verso l’uomo, quest’ultimo aumenta la violenza su di lei. La maggiore forma di violenza è nelle mura domestiche”. Ma è su una forma di violenza, tra le tante altre, che Anna Solidoro mette un cappelletto, ovvero “la violenza assistita” quella che viene vissuta dalla moglie-madre risparmiando i bambini. Un breve stacco musicale segue la chiusura dell’intervento dell’operatrice del Centro antiviolenza brindisino, e in questo c’è il racconto di una brava Mariarosaria Coppola che dal microfono, proprio come un seguito docu-fiction di “Amore criminale”, parla del caso di violenza di  Maria Rosaria Sessa, 27 anni, giornalista, uccisa con 5 coltellate dall’ex fidanzato.

Ed eccoci arrivati all’intervento di Maltilde D’Errico, autrice e regista di “Amore Criminale”, seguitissima serie di Rai 3 sulla violenza sulle donne. La D’Errico parla delle difficoltà, iniziali, avute nel momento in cui il programma “Amore Criminale” fu proposto circa sette anni fa alla Rai. Non veniva visto di ottima riuscita nella probabile tagliola dell’audience. Ma questo non ha fatto scoraggiare la regista. Tutt’altro. Ha intelaiato un programma seguitissimo, figlio di migliaia di documenti letti e studiati prima di mettere in onda le diverse esperienze di violenza vissuta dalle donne. E aver proposto “Amore criminale” come un docu-fiction è stato un successo. E sulla violenza sulle donne, la D’Errico mostra un dato: “Ogni tre giorni, in Italia, un uomo uccide una donna. Le vittime del femminicidio muoiono per rabbia, gelosia e orgoglio. Ma, soprattutto, muoiono perché sono donne, donne fragili che vanno aiutate”. Ma dal microfono è pronto un messaggio: “Quando si ha un sospetto è meglio fare una domanda in più, meglio essere indiscreti se può servire a salvare una vita”.

L’intervento di Nazareno Dinoi, direttore de La voce di Manduria, la chitarra di Gianni Vico e il  violino di Michela Cerfeda, suggellano una serata che avrebbe potuto veder ben altro seguito di pubblico, senz’altro più numeroso visto il tema. Magari coinvolgendo anche le Scuole medie e quelle medie superiori, e con il Patrocinio dell’Ente comunale su tutto. Ma è andata benissimo lo stesso.

Giovanni Caforio







viv@voce

Lascia un commento