BELGIO. Carcerato nella prigione da 30 anni, detenuto chiede ed ottiene l’eutanasia
L’11 gennaio sarà ucciso
Per la prima volta un detenuto in Belgio ha richiesto e ottenuto di essere ucciso sottoponendosi all’eutanasia. Frank Van Den Bleeken, internato in una prigione da quasi 30 anni per vari reati sessuali, sarà ucciso domenica 11 gennaio presso la prigione di Bruges. L’uomo di 51 anni pluristupratore seriale e assassino, recidivo e conscio di esserlo aveva chiesto al ministro della Giustizia belga di essere mandato in un centro di cure specializzato in Olanda o, in alternativa, di essere ucciso con l’eutanasia. Frank Van Den Bleeken è seguito da diversi anni da psichiatri, ed è rinchiuso in un carcere belga, in isolamento per 23 ore al giorno, senza ricevere, a suo dire, le cure che la sua malattia mentale richiede. che tutti dicono che egli è malato di mente e soffre gravemente di sua detenzione.
È inoltre consapevole che senza adeguata terapia, egli rimane un pericolo per la società.È quindi arrivato anche il via libera dei sanitari all’eutanasia dell’uomo, soddisfacendo così tutti i criteri previsti dalla legge belga entrata in vigore nel 2002 e rivista quest’anno introducendo il diritto alla “dolce morte” anche per i bambini.Nell’arco di 12 anni, sono sempre di più i belgi che hanno fatto ricorso all’eutanasia, in grande maggioranza fiamminghi.
Solo nel 2013, il numero di persone che ha deciso di porre un termine alle loro sofferenze è stato del 27% più alto rispetto al 2012, raggiungendo il record di 1.807 casi.Insomma, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, da quando il Belgio ha legalizzato l’eutanasia, nel 2002, la sua applicazione si è gradualmente estesa. con l’inclusione dei bambini fra le categorie che hanno “diritto” ad esigere un’iniezione che metta fine alla loro vita.
Uno studio pubblicato dall’associazione dei medici canadesi ha evidenziato che un terzo dei casi di eutanasia nella regione fiamminga del Belgio sono stati portati a termine senza l’esplicita richiesta del paziente, poiché questi era inconscio o affetto da senilità tale da non poter dare il suo consenso. In quei casi a decidere la morte del paziente è stato il suo medico.
Ancora più allarmanti sono i casi in cui è un infermiere ad amministrare l’iniezione letale. In quelle circostanze, in tutto il Belgio, la percentuale di morti senza esplicito consenso sale al 45%. È stato lo stesso studio a concludere che i dati confermano la presenza di «gruppi di pazienti vulnerabili a rischio di finire la loro vita prematuramente contro la loro volontà».
Giovanni D’AGATA