GRAVE urgente Rischio di danneggiamento del patrimonio arboreo delle sacre Pinete degli Alimini di Otranto
All’ attenzione di -) Soprintendenza per i Beni Culturali, Architettonici, Archeologici Paesaggistici e Naturali della Puglia
-) Assessorato alla Qualità e Assetto del Territorio Regione Puglia
-) Assessorato alla Qualità dell’Ambiente Regione Puglia
-) Ministero per i Beni Culturali
-) Ministero per l’ Agricoltura e le Foreste
-) Ministero per l’Ambiente
-) Ministero della Salute
-) Corte dei Conti
-) Provincia di Lecce
-) Corpo Forestale dello Stato
-) Parlamentari pugliesi
-) Difensore Civico della Provincia di Lecce
-) ARPA Puglia Agenzia Regionale per la Prevenzione e l’Ambiente
-) Comune di Otranto – e tutti i Comuni del Salento
Giù le mani dai sacri Pini delle Pinete degli Alimini ad Otranto!
<< Non si seviziano le nostre Pinete! >>
Per un più generale “J’accuse!” di denuncia di tutto l’aberrante Pinicidio terribile, in corso e da reprimere al più presto e per sempre!
RINATURALIZZARE e RIMBOSCHIRE aree degradate e ad oggi senza alberi e arbusti, con piante autoctone e naturali,
No tagli di alberi già esistenti!
ABSTRACT: Richiesta di URGENTE intervento al fine di fermare l’inizio dei lavori di depauperamento del patrimonio forestale nelle preziose Pinete di località Serra degli Alimini – Otranto (Lecce). Aree dove insistono anche non a caso dei SIC, Siti di Interesse Comunitario, delle ZPS, Zone di Protezione Speciale, e Pinete di prioritaria importanza anche a livello di nuovo PPTR, Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia da poco entrato in vigore.
Quegli ecosistemi variegati, dove si passa da aree a Pineta ad altre aree frammiste di macchia mediterranea, con prossimi ambienti umidi e retrodunali e dunali, devono essere preservati e tutelati come Parco Naturale Integrale! Questi interventi di depauperamento di un patrimonio arboreo che è anche statale, poiché alberi piantati in gran parte proprio dallo Stato Italiano e con fondi pubblici, sono intollerabili sotto ogni punto di vista, per i tanti argomenti di seguito esposti.
Dallo scandalo di Alimini, l’ occasione poi per un generale “J’accuse!” di denuncia di tutto il pinicidio terribile cui si assiste in questi mesi ovunque in Puglia, in centri urbani, come in aree periurbane e naturali, denunciato quotidianamente da tanti cittadini sfiancati, sia dai continui orrori, (che documentano con foto postate poi sui social network e inviate alla stampa e autorità di vigilanza), sia dalla inerzia che riscontrano, ad oggi, nelle autorità competenti, che non hanno adeguatamente fermato ancora e represso l’osceno esecrabile fenomeno in corso.
Fenomeno da invertire, poi anche, nel suo esatto contrario, passando dal vizio alla virtù, con politiche di rimboschimento ma in aree, ovviamente, ancora non alberate!
Tagli che avvengono tra mille falsità pseudo-legittimanti addotte, falso-tecniche e falso-scientifiche, per alimentare la fame speculativa di biomasse cresciuta in questi anni a seguito di folli deviate politiche di cattiva “green” economy industriale, che mistifica e calpesta al contempo l’ ecologia, operando nei fatti nel verso della distruzione dei patrimoni paesaggistici e naturali che pretende, invece, pubblicitariamente di salvare! Una mostruosità ormai del tutto insopportabile e ben evidente!
La geografia di questi orrori ormai non ha confini o punti caldi, ma investe, quasi omogeneamente, tutta la Regione, e, in particolar modo, l’area Salentina!
Esprimiamo tutta la nostra preoccupazione e riprovazione per dei progetti di cui siamo venuti a conoscenza per interventi di taglio di innumerevoli alberi di Pino, e forse non solo, nelle stupende vincolatissime Pinete di località Serra degli Alimini ad Otranto, con autorizzazione richiesta in questi mesi alla Provincia di Lecce.
I tagli potrebbero già iniziare nelle prossime settimane, pare, e l’area ha un tale pregio naturalistico da veder l’individuazione persino di Siti di massimo e prioritario Interesse Comunitario (SIC), nonchéZone Di Protezione Speciale (ZPS).
Quanto già avvenuto, tra forti polemiche, articoli di stampa e servizi giornalistici, multe e sequestri, in altre pinete salentine nei mesi passati, ora rischia di abbattersi sul principale forziere arboreo di legno del versante Adriatico salentino, la stupenda, e amata da tantissimi, foresta dei sacri Pini degli Alimini, conosciuta in tutto il mondo.
Lo si deve impedire!
Ancora sotto gli occhi di tutti le immagini terrificanti dei servizi giornalisti (vedi link: Stigliano (Le) – Si massacra una bellissima pineta per farne cenere! https://www.youtube.com/watch?v=yUSMblTm1RY), dell’ecatombe di Pini della Pineta di Stigliano, non lontano da Serrano, maciullati, biotriturati in loco dopo i tagli, e portati nelle centrali a biomasse della Calabria per la produzione di lucrosa energia elettrica, lucrosa poiché, fatta passare per energia verde, (si certo, ma verdicida per la precisione!), viene pagata maggiormente al produttore grazie agli incentivi per le energie rinnovabili, per i quali son state negli ultimi anni maggiorate le bollette elettriche di tutti i cittadini italiani: inganno e beffa per noi tutti, che a fronte di un costo maggiorato in bolletta per il bene(?) dell’ ambiente, si dice, ci troviamo ora aggredito il nostro comune patrimonio forestale!
Per far conoscere lo scempio, lì cittadini e comitati organizzarono la manifestazione “Rose Rosse per i Pini”, in cui dai tanti intervenuti e dai tanti bambini delle scuole furono poste delle rose simboliche sul ceppo delle conifere tagliate ancora grondanti e profumanti di resina … e le conifere coinvolte, pini e cipressi mediterranei, una volta tagliati, muoino inesorabilmente, non essendo piante in grado di ripollonare dal basso!
Riprovevole tutta la politica regionale in merito alla non salvaguardia delle nostre preziosissime Pinete, vero stock attivo ed in crescita di anidride carbonica sottratta all’atmosfera, come riprovevole la politica di tutti gli enti locali coinvolti che concedono autorizzazioni per questi tagli! Nonché prezioso e irrinunciabile polmone verde che filtra e assorbe dall’aria CO2 e inquinanti vari, e dona ossigeno rendendo l’aria respirabile e salubre per l’uomo.
Il tutto avviene in una strategia di mistificazione che ormai ben è conosciuta dai cittadini sempre più indignati. Uno scandalo che, giunto ora persino al tentativo di aggressione della famosa foresta degli Alimini, deve finire ed essere fermato!
Ed è importante delineare, per poi imparare subito a riconoscere, contrastare e stigmatizzare, tutti gli argomenti strumentali e mistificatori addotti per indurre e favorire tali tagli esecrabili in tutta la Puglia.
Ad esempio, si denigrano con vari argomenti strumentali selezionati ad hoc, da un lato le Pinete sotto attacco, dall’ altro i Pini stessi!
Per le pinete si dice ad esempio che son pinete in gran parte di alberi piantati dall’ uomo! E cosa significa!? Grazie a Dio lo Stato Italiano procedette nel ‘900 alla piantumazione di queste pinete costiere, dopo decenni e secoli di disumani disboscamenti e prosciugamenti di un Salento terra per sua natura di foreste e acquitrini, come tantissime fonti antiche ci descrivono! Pinete piantate contro l’erosione costiera e per frenare come barriera verde e viva l’impeto dei venti carichi di salsedine giungenti dal mare, a beneficio delle coltivazioni nell’immediato entroterra.
E si procedette all’uso persino poi, scelta ottima, di piante per la maggior parte di specie autoctone o comunque legate da millenni al paesaggio salentino e del sud Italia, quali in prioritaria parte il Pino della specie chiamata Pino d’Aleppo.
Quelle pinete sono dunque il frutto dei grandi interventi di parziale rimboschimento costiero; le pinete piantate da uno Stato, che, nei primi del Novecento, si rese in parte conto dei suoi errori e dei danni conseguenti dei disboscamenti scriteriati post-unitari e che ancora continuavano, e corse ai ripari!
Pinete provvidenziali, ma per le quali c’è stato chi persino ha osato muovere delle critiche, non tanto e non solo per le piante alloctone che furono utilizzate (ma utilizzate in parte minoritaria), ma anche e soprattutto definendo come “esotiche”, “aliene” al Salento e persino invasive, cosa blasfema, quelle conifere mediterranea D.O.C., che in gran numero, e per fortuna prioritariamente, in quegli interventi si utilizzarono, quali: il Pino d’Aleppo (Pinus halepensis, pino di Gerusalemme anche chiamato), il Pino marittimo (Pinus pinaster), il Pino domestico Italico ad ombrello e da pinoli (Pinus pinea), e il Cipresso mediterraneo sempreverde (Cupressus sempervirens) nelle sue due varietà naturali, la piramidale-colonnare (var. pyramidalis) e la orizzontale (var. horizontalis). Tutte queste conifere rappresentano la base solida di quei rimboschimenti provvidenziali, ma ancora parziali; pinete oggi aggredite ovunque in Salento da vari progetti volti a fare suolo libero, spazio per cementificazioni o nuove strade, e/o per farne legna facile-biomassa. Un assalto danneggia-paesaggio da fermare!
Conifere, quelle citate, addirittura definite in questa macchina mostruosa di mistificazione “aliene” al Salento, con una campagna demonitoria assurda e battente ormai da anni: nulla di più falso, di più menzognero, di più infondato dal punto di vista scientifico e storico! Come se i sacri pini mediterranei, sacri a Dioniso, e il Cipresso mediterraneo albero non meno sacro per i popoli mediterranei antichi, fossero alberi di serie B! E tali son stati fatti passare negli ultimi anni in Salento!
Tanti dati smentiscono e ci affermano il contrario, e così ricordiamo che già alla sua epoca, nei primi dell’Ottocento, il grande botanico e medico Martino Marinosci di Martina Franca vedeva, come scrisse (e come leggiamo nel suo libro intitolato “La Flora salentina”), i Pini marittimi e i Pini domestici insieme ai Pini d’Aleppo, nelle pinete costiere tarantine; e poi per il Pino d’Aleppo, recenti studi scientifici pollinici ci dicono che era già presente nell’area costiera tra Salento e Lucania in epoca ellenistica; e poi le fonti antiche di scrittori quali il grande studioso latino Plinio il Vecchio che ci ricorda che alla sua epoca i Romani chiamavano il Cipresso sempreverde mediterraneo l’albero “Tarantino”, a conferma di una sua comunque antica presenza in Salento.
Nell’ opera “Descrizione, origini e successi della Provincia d’Otranto” del filosofo e medico Girolamo Marciano (Leverano, 1571 – 1628) con aggiunte del filosofo e medico Domenico Tommaso, leggiamo dellagià attestata per il Salento, nel ‘500-‘600, coltivazione del “Pino domestico” per la produzione certamente dei pinoli, fino a giungere allo studioso salentino vissuto tra ‘800 e ‘900 Cosimo De Giorgi che descriveva nei suoi scritti le grandi chiome ad ombrello dei Pini domestici, già immensi e plurisecolari, che vedeva innalzarsi al di sopra delle brune chiome in autunno delle querce della Foresta Belvedere a Supersano; il Pino pittoresco per eccellenza, tipico simbolo araldico, che con le sue alte chiome ad ombrello è il più adatto per la bordura delle strade a lento scorrimento, per la sua gradevole ombra offerta senza intralciare il traffico data la sua caratteristica chioma ad alto ombrello, e per questo pare piantato già dai romani lungo le loro strade.
E persino, tra i legni fossili repertati archeologicamente nel secolo scorso in Grotta Romanelli a Castro (Lecce), e risalenti all’ epoca Paleolitica, si son ritrovati campioni attribuibili proprio al genere Pinus, dei pini mediterranei!
Sui testi più rinomati di botanica italiana non mancano riferimenti all’ autoctonato del Pino d’Aleppo per il sud Italia, e questo è un dato assodato a livello accademico ad esempio per l’ Abruzzo ed il Molise dove quest’albero anche lì cresce lungo la costa! Ma si giunge in Salento, pochi chilometri più a sud, e addirittura c’è chi per negarne la natura autoctona nel sud Italia di questa specie si è appellato al nome della pianta, d’Aleppo! Ma tanti nomi botanici dati alle specie di flora son stati definiti nella forma finale odierna in epoca scientifica moderna, e per tanti si son scelti riferimenti alle località dove magari dei botanici le hanno viste o hanno saputo della loro presenza, sebbene si tratta di piante, di alberi in questo caso, a ben più ampia diffusione naturale; per il Pino d’Aleppo il suo areale naturale si estende lungo le coste del Mare Mediterraneo, il Mare Nostrum dei romani. Nell’antichità, in Grecia, le anfore in cui veniva conservato il vino dovevano essere sigillate perché il vino non venisse a contatto con l’aria, ed era molto utilizzata la resina proprio del Pino d’Aleppo, pianta che vi si trova in grande abbondanza. La retsina (greco: Ρετσίνα/Retsìna) è un vino da tavola prodotto sempre nella vicina Grecia, bianco o rosato, che deve il suo nome alla particolarità di essere aromatizzato mediante l’aggiunta al mosto di resina proprio di Pino d’Aleppo, il vino resinato veniva preparato già nell’antica Grecia, a testimonianza della diffusa e antica presenza del Pino d’Aleppo nella vicina Grecia, e noi anziché valorizzare i nostri pini, anche in tal senso vitivinicolo, anziché valorizzare la produzione dei richiestissimi pinoli prodotti questi dal Pino domestico italico ad ombrello, permettiamo a taluni di trattare e di offendere in tal modo i nostri Pini, di calunniarli persino prima di distruggerli con il falso-consenso di un’ opinione pubblica che si tenta di rendere acritica disinformandola per pilotarla contro il nostro patrimonio di sacri Pini!?
Naturalisti accademici abruzzesi e molisani son rimasti inorriditi alla notizia che nel Salento taluni spacciano come pianta alloctona il Pino d’Aleppo! Ma in Salento l’azione diffamatoria contro i Pini d’Aleppo in particolar modo è stata talmente pervasiva, che tanti considerano ormai il termine “bosco” sinonimo di lecceta, e il termine “pineta”, un termine a sé, ad indicare un insieme di alberi ed ecosistema di minor pregio! Nulla di più folle, anche la Pineta come insieme di alberi è un bosco a pieno diritto e con massima dignità!
Naturali e non piantate dall’uomo si ritengono ormai in ambito botanico diverse Pinete costiere del tarantino e del Gargano. Molto antiche alcune Pinete dell’ ugentino. E in Puglia il Pino d’Aleppo è tanto legato al territorio e alla sua storia da svariati secoli da avere anche il nome locale “u zappinu”, in vernacolo pugliese.
E a smentita di un’altra infondatezza volta a screditare le nostre Pinete, secondo la quale i Pini d’Aleppo sarebbero alberi dal ciclo di vita di non più di un secolo, motivo per cui andrebbero per questo tagliati, si pensi che il Ministero dell’Ambiente ha censito due Pini d’Aleppo monumentali plurisecolari sul Gargano, quindi anche proprio nella stessa Puglia, tanto che nello stesso sito internet del Ministero dell’ Ambiente si legge: «sulla costa settentrionale del Gargano si trovano i due Pini d’Aleppo più grandi e antichi d’Italia, lo “Zappino dello Scorzone” e lo “Zappino di Don Francesco”, –così battezzati dai locali-, vecchi rispettivamente di 700 e 500 anni.»
In questa impressionate sequela di bugie mistificanti, si inculca l’idea infondata che solo il Leccio (Quercus ilex) sia la specie caratterizzante in passato i boschi costieri del Salento! Nulla di più limitativo e offensivo della enorme biodiversità di quelle foreste, complessi di boschi nel complesso misti, di cui, seppur abbondante, il Leccio era una tra le tantissime altre specie arboree naturali presenti! E sotto queste miopi strumentali affermazioni, son stati definiti di “miglioramento forestale”, (vedi l’ uso mistificatorio delle parole), interventi di diradamento delle nostre Pinete volti a togliere alberi, di Pino d’Aleppo in particolar modo, e piantare lì piccolissimi Lecci. E mentre puristi del nulla muovono queste critiche infondate e pericolose alle nostre Pinete, intanto, il Leccio e tante altre piante della macchia mediterranea si diffondono tra i Pini costieri, e grazie a quell’ input dato dall’uomo, che ripiantò nel ‘900 quelle conifere, la Natura ricostruisce spontaneamente la sua foresta mista mediterranea planiziale costiera e talvolta anche igrofila (ovvero di piante amanti dell’acqua) nelle zone più acquitrinose, con una biodiversità in cui i Pini mediterranei erano e devono continuare ad essere specie diffuse ed immancabili!
Progetti meschini dunque, produttori di biomassa, persino nei mesi scorsi a finanziamento pubblico! Altri a finanziamento privato.
Vana e stupida dunque la scusa di interventi di rimozione di grandi alberi di Pino, spacciati come “interventi di miglioramento forestale”, (come letto in questi ultimi mesi su tanti preoccupanti cartelloni di cantiere con iper-abusato, a vari livelli, simbolo della Regione Puglia), per ripiantar Lecci “microscopici” al loro posto. Già il Leccio naturalmente diffonde nelle nostre Pinete, grazie a Dio piantate nei decenni passati, a ricostruire quella foresta mista mediterranea nel piano costiero di Pini d’Aleppo e Lecci documentata già per l’età ellenistica dagli studi pollinici nell’area tra Salento e Lucania.
Gli alberi della Pineta degli Alimini ora son minacciati da un progetto di pericoloso diradamento, per il taglio di innumerevoli alberi definiti sovrannumerali!?
E chi definisce un albero sovrannumerale in una foresta che deve essere lasciata evolvere nel massimo verso naturale, e non a caso si tratta di Pinete e macchie mediterranee con innumerevoli vincoli a loro protezione, che invece con tutte queste trovate dialettiche scientificamente opinabili ed inconsistenti si cerca di bypassare.
Ma come si può consentire di tagliare alberi in un Salento già tanto impoverito dall’uomo di boschi? Si cerca di dire pertanto talvolta che son “tagli selettivi”! Persino che son tagli che fanno bene per far arrivare la luce al suolo e fare nascere più cespugli, ma le aree di macchia cespugliosa già vi sono agli Alimini, perché aggredire la foresta nelle sue pregevoli zone più ombrose? Perché omologare ogni cosa?
Invece in altri interventi si dice che si opera per togliere sottobosco con la scusa incendi! Nel complesso un agire in Puglia, in merito alle pinete, che pare schizofrenico, pur di aggredirle sempre e comunque!
Inoltre, una pineta cresce quasi come un organismo unico in grado così di resistere ai venti, nel momento in cui si tagliano degli alberi si rischia di danneggiare il sistema di adattamento del corpo pineta volto a resistere alla furia degli elementi, con conseguenti innumerevoli abbattimenti causati dal vento dal momento dei tagli in poi!
Le nostre pinete, ovvero le nostre foreste di Pini come anche giusto definirle, inoltre non vanno assolutamente trattate come parchi giochi per bambini o a mero uso balneare, dove pulire del tutto il sottobosco e far sparire la necromassa degli alberi morti, importantissima in quanto substrato di vita per funghi e tantissime altre specie, ma anche per la crescita delle nuove piantine da seme dei medesimi alberi già presenti, nonché insieme a tronchi e chiome ricovero per innumerevoli specie. Abbiamo ormai dimostrato fuor d’ ogni dubbio, dati scientifici alla mano, come il Pino d’Aleppo, ma anche il Pino domestico e il Pino marittimo fossero comunque presenti nel Salento dei secoli passati, e così per il Cipresso mediterraneo. Vergogna per chi ancora ha la spudoratezza di tacciare queste nostre antiche specie come addirittura esotiche e invasive, per tagliarle con facilità.
Anche per le nostre Palme da dattero (Phoenix dactylifera) tipiche mediterranee, presenti perlomeno sin da epoca messapica in Salento, come mostrato dell’Archeologia, e dalle quali nel ‘500 e ‘600 qui si producevano persino datteri commestibili, come ci raccontano le fonti, si dovrebbe avere più considerazione, ma tutto si tende invece ad equiparare a piante alloctone; agli alberi mediterranei legati alla nostra storia, come appunto questi Pini e queste Palme da dattero, si deve tornare a porre massimo rispetto!
E poi si tende a trascurate oggi il riconosciuto valore balsamico e apportatore di benessere per le vie respiratorie rappresentato dai nostri Pini, dalle nostre Pinete, (soprattutto laddove formavano nuclei quasi monospecifici e fitti, proprio quelli che oggi di più si vuole aggredire e diradare, in una omologazione assurda del nostro paesaggio che è e deve essere molteplice!). Pinete la cui aria è caratterizzata, grazie alle sostanze volatili prodotte dai Pini, da proprietà antisettiche, molto utili da inspirare soprattutto nelle situazioni di infiammazioni delle vie respiratorie, tanto che nei decenni passati per tante patologie, soprattutto appunto dell’apparato respiratorio ma non solo, i medici del Salento invitavano i loro pazienti a fare passeggiate nelle nostre Pinete … ed oggi invece nulla più!
Né poi è accettabile la mistificazione del rischio incendi per far fuori biomassa delle pinete.
Ben peggiore la mannaia per una pineta, o meglio dire oggi la sega elettrica e il biotrituratore, il caterpillar assassino, di un qualsiasi incendio a cui la natura delle Pinete e della macchia mediterranea sa rispondere prontamente, rigenerandosi con nuovo vigore! Ecosistema iper-adattato da millenni agli incendi e fatto di piante addirittura definite amanti del fuoco, (termine tecnico tratto dal greco: “pirofite”), che hanno saputo sfruttare evolutivamente addirittura, con varie strategie, per meglio diffondersi, e proteggendo sé stesse o la loro specie; nel paesaggio naturale salentino che taluni definiscono non a caso piropaesaggio, poiché adattatosi alla presenza degli incendi, soprattutto, nella stagione secca. Nei Pini, ad esempio, col fuoco si aprono al calore delle fiamme le loro legnose pigne, e i semi in esse contenuti cadono nel terreno ricco di cenere della medesima pianta, dove rapidamente germogliano, e la pineta, come la mitica fenice, rinasce più vigorosa da sé stessa, dalle sue stesse ceneri!
E così esistono in ambiente mediterraneo dei coleotteri scuri, del genere Melanophila, in grado di captare gli incendi anche da molto lontano, e che volando giungono rapidamente sui tronchi di Pino semi-combusti ancora fumanti e neri di carbone, dove depositano frettolosamente le loro uova, da cui nasceranno le larve xilofaghe che si nutriranno di quel legno.
Un ecosistema iper-adattato al fuoco.
Per salvare(?) invece le Pinete dagli incendi i metodi dell’uomo oggi nel Salento sembrano rispondere dunque più al concetto paradossale: “per evitare e prevenire che la pineta bruci, tagliamo preventivamente la pineta!”
La massima preservazione delle pinete, non si dimentichi, è strategica anche per la prevenzione del rischio idrogeologico, a tenuta dei suoli.
Le nostre pinete devono essere fatte evolvere nel verso della foresta integrale, con i loro funghi e parassiti vari, che creano in realtà un equilibrio dinamico eco-sistemico ad altissima preziosa biodiversità, dove ogni specie è importante e svolge un ruolo insostituibile ed irrinunciabile! Così gli sciami di maggiolini (“i Luigi” come son chiamati dai salentini, perché gli individui adulti volanti compaiono all’inizio dell’estate intorno al giorno della festa di San Luigi, il 21 giugno), che stagionalmente caratterizzano alcune pinete, o pini isolati del Salento, non son certo un dramma, ma un elemento di biodiversità prezioso quanto i Pini stessi: alcuni alberi vengono defogliati dai voraci maggiolini, ma poi riverdeggiano, dopo la morte dei maggiolini che hanno svolazzato per pochi giorni in sincronia per riprodursi, e così dai loro corpicini caduti al suolo le sostanze sottratte alla pianta divorandone le foglie ritornano alle radici dei Pini, in un ciclo in cui anche la morte naturale di alcuni alberi e la presenza di vari parassiti non è certo qualcosa da trasformare in un dramma terroristico, come spesso avviene per speculare giustificando l’uso dell’agro-chimica dei veleni di sintesi industriale, dei trattamenti detti fito-sanitari pubblicizzati dalle multinazionali che producono quei medesimi prodotti nocivi che hanno interesse a vendere, e per speculare sul legno da tagli facili di piante dette spacciate!
Stesso uso strumentale dei parassiti, abbiam visto per aggredire le Leccete del Salento e farne legno e campo di sversamento di costosi prodotti chimici, in questi ultimi anni! “Le caratteristiche leccete del Salento”, dicevano gli ‘esperti’(?), “sono spacciate!”, e invece i Lecci son ancora lì, e dove alberi adulti son seccati, già nuovi e forti virgulti di Leccio ne han preso naturalmente il posto!
Ed ora stessa e ancor più meschina e catastrofica frode ai danni dell’ecosistema uliveto e di tutto l’ecosistema e la biodiversità selvatica e domestica salentina, con persino, nell’ uso indotto dei nocivi pesticidi, l’ immondo ed esecrabile divieto di piantumazione di innumerevoli specie e cultivar tipiche del Salento da millenni e millenni, come mandorlo, ulivo, ciliegio, amarena, oleandro, pesco, susino/prugno, albicocco, ecc., stavolta nel nome mistificatorio di un batterio, la Xylella, detto parassita in un quadro di grande nebulosità quando non del tutto falsità scientifica. Si preannuncia la disvelazione di una frode molteplice dal complesso immane di crimini contro l’ umanità e l’ambiente su cui la Magistratura ha già in corso diverse inchieste, per fermare l’agro-follia speculativa correlata; un quadro a tinte fosche come si apprende bene, oltre che dalla eloquentissima e dettagliata denuncia da parte di senatori salentini attraverso interrogazioni parlamentari (vedi:http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic4_02736_17), anche dal recente rapporto Eurispes intitolato “Agromafie. III Rapporto sui Crimini Agroalimentari”, coordinato dal giudice Giancarlo Caselli e in cui si trova un paragrafo proprio dedicato a “Lo Strano Caso della Xylella” in Salento (vedi: http://eurispes.eu/content/agromafie-eurispes).
Nelle pinete interventi di taglio sarebbero ammissibili, al più, solo negli immediati dintorni di abitazioni contro gli incendi, e per rendere praticabili i sentieri, ma per il resto non bisogna essere assolutamente più di manica larga come è stato sin ora!
Si dovrebbero auspicare invece lì, agli Alimini, interventi di aumento della biodiversità autoctona originaria, di riforestazione ulteriore, piantando le specie mancanti oggi in Salento, ma in spazi ancora liberi, non togliendo alberi mediterranei presenti quali quelli detti! Altrove in altre pinete salentine, hanno chiamato, (che uso mistificatorio dei termini!), “rimboschimento”, il taglio di grandi alberi di Pino per piantar, lì al loro posto, piantine di Leccio. Oscenità da inganno e beffa per i cittadini che da sempre chiedono interventi di rimboschimento per il Salento, e tutto questo talvolta, negli ultimi mesi, è persino avvenuto con lauti finanziamenti regionali, soldi pubblici insomma, di tutti i cittadini!
Bisogna piantare anche piante di specie oggi assenti, scomparse, nel basso Salento a causa dell’antropizzazione esagerata, e che devono essere ora reintrodotte dai boschi di Policoro e della piana ionica della Lucania, dai boschi ripariali a galleria del Fiume Ofanto, dai boschi del Gargano e delle Murge-Gravine, come anche da aree appenniniche; tra queste specie ad esempio per la rinaturalizzazione degli ambienti umidi agli Alimini: l’ Ontano nero (Alnus glutinosa), l’Ontano napoletano (Alnus cordata), il Platano orientalis (Platanus orientalis) in purezza (non quello ibrido diffuso per le alberature urbane dai vivaisti oggi), l’Acero campestre (Acer campestre), Acero trilobo (Acer monspessulanum), l’ Acero napoletano (Acer opalussubsp. neapolitanum), Carpino nero (Ostrya carpinifolia) e Carpino orientale (Carpinus orientalis), il Salicone (Salix caprea), il Corniolo (Cornus mas) che ancora cresce sulle Murge, il Pioppo nero (Populus nigra) ma in purezza, a differenza di tanti pioppi in Salento che paion neri, ma che son invece ibridi. ecc. ecc. Ma anche Orniello (Fraxius ornus) e Frassino ossifillo (Fraxinus angustifolia) due specie ancora con rarissimi esemplari presenti in Salento, (emblematico a tal proposito il nome Frassanito di una località prossima ai Laghi Alimini, dove nella palude di Traugnano ancora crescono rari Frassini ossifilli); Salici bianchi (Salix alba) ancora son presenti nelle paludi degli Alimini, come il Pioppo bianco (Populus alba) e l’ Olmo campestre (Ulmus minor). Piantare le querce di tutte le tante specie pugliesi. Da reintrodurre agli Alimini e più in generale nella zona di Otranto seguendo le indicazioni dei botanici del passato che lì segnalarono queste piante, la Felce florida (Osmunda regalis), la Frangola (Rhamnus frangula), la Ninfea bianca (Nymphaea alba), e la Castagna d’acqua (Trapa natans); queste ultime due piante potrebbero lì essere relitte sopravissute con pochissimi esemplari. Altro sito prossimo per la Ninfea bianca, i laghi lucani di Monticchio dove ancora vive e da cui eventualmente reintrodurla agli Alimini. Singolare la segnalazione anche nella zona di Otranto, da parte del botanico ottocentesco Marinosci, dell’ Agrifoglio (Ilex aquifolium), che oggi ritroviamo sul Gargano.
Nella macchia degli Alimini si sono scoperte di recente anche alcune Palma nane (Chamaerops humilis) assolutamente naturali, non deliberatamente piantate dall’ uomo; prima che in questa onda di ignoranza naturalistica e superficialità qualcuno gridi alla pianta alloctona da eradicare, si sappia che si tratta di una specie invece assolutamente autoctona del sud Italia!
E così da richiedere invece di tagli, interventi di reintroduzione di animali oggi scomparsi ma attestati in fonti antiche dei secoli passati, (come in alcuni casi anche già dai reperti paleolitici per il Salento – vedi il caso del Daino), quali gli Scoiattoli della varietà autoctona del sud Italia (Sciurus vulgaris var. meridionalis), che ancora nell’ ‘800 erano presenti in Salento, come leggiamo dagli studiosi dell’ epoca, anche nelle aree boscate costiere, e che oggi ad esempio vediamo ben diffusi proprio nelle Pinete costiere di Pino d’Aleppo a Pescara, poco più a nord della Puglia lungo la medesima costa Adriatica, e così Cervi, Caprioli, e Daini (questi ultimi una presenza diffusa nei boschi salentini gentilizi nei primi del ‘900), ma anche Capre selvatiche mediterranee (Egagro di Montecristo – Capra Kri kri), Lepri corsicane e comuni, Istrici, Fagiani colchini (che leggiamo presenti in Salento già in testi del ‘600), la Lontra che ancora nell’ ‘800 era ben diffusa nei Laghi Alimini, il Granchio di fiume (Potamon fluviatile) che vive ancora nelle gravine del tarantino, l’Ululone appenninico o italiano detto (Bombina pachypus) che vive ancora nelle gravine del tarantino e in passato segnalato anche dagli studiosi nel brindisino e nel sud Salento, il Tritone crestato (segnalato nelle paludi delle Cesine), ecc. ecc.; ma anche auspicabile, nelle aree naturali di Puglia, terra di antichissima pastorizia, la diffusione del Muflone in quanto progenitore della pecora domestica, o pecora rinselvatichita; mentre è possibile che il Cinghiale vi possa tornare anche agli Alimini dalle aree di Frigole dove è stato felicemente ridiffuso, pare, negli ultimi anni, o dalle Murge dove è in espansione naturale; agli Alimini nel ‘900 furono uccisi gli ultimi esemplari di Cinghiale selvatico ancora presenti nel basso Salento. Ecc. ecc.
La Regione dunque dovrebbe finanziare questi interventi di arricchimento della Flora e Fauna, anziché permettere interventi di depauperamento della biomassa arborea già esistente!
La fame di biomasse ha portato ad un’ ecatombe di Pini e Cipressi nelle città salentine, un biocidio, un pinicidio con vane scuse di instabilità o danneggiamento di strade e marciapiedi, nei fatti riparabilissimi come si fa nella città ricca di conifere mediterranee ad ogni piè sospinto che è Roma.
Perizie incommentabili giungono sul tavolo dei sindaci, dove “esperti”(?) periziano l’instabilità talvolta persino di intere alberature urbane a loro dire, rischio per l’ incolumità pubblica, e poi elencano le conseguenze a danno dei sindaci in termini di norme per responsabilità personali a seguito della posibile caduta di rami o alberi interi, come se nelle città non potessero altrettanto cadere cornicioni, statue esterne, colonne, mensole, balconi, vasi, i calcinacci di aggettanti, pensiline, ecc. O addirittura per screditare sempre i poveri Pini si cita la possibilità di attrarre da parte di questi la farfalla Processionaria i cui bruchi si nutrono del pino, e han peli urticanti. Bene, vengono dipinti tali bruchi in queste perizie del terrore come esseri mostruosi dai peli iper-irritanti per persone e animali … Terrorismo sulla povera Natura, naturalissima e bellissima e utilissima nella sua varietà! E così gli amministratori firmano ordinanze di taglio per paura o per complicità. E gli alberi finiscono per terra prima e nel mercato delle biomasse subito dopo. A volte si offrono ditte pronte a rimuovere gli alberi a costo zero pur di poter prelevare il legno. Una seria inchiesta dovrebbe indagare sulla fine di tutte le tonnellate e tonnellate di legno che in tal modo si stanno depredando da ogni parte del Salento.
Fino a giungere persino a lettere di diffida intimidatorie pro-albericidio, che indignano fortemente ognuno di noi, e che stanno giungendo in questi mesi dagli enti di amministrazione del territorio ai cittadini per far sì che questi ultimi taglino alberi nelle loro proprietà, pena il pagamento di danni. Un’ agire di certa burocrazia molto subdolo. Assolutamente da stigmatizzare questo comportamento degli uffici coinvolti che fa cadere delle colpe inesistenti sui cittadini. Gli enti pubblici dovrebbero dare incentivi, semmai, a chi ha nel proprio terreno grandi e vivi alberi che son un bene per la collettività, non spaventar i cittadini con lettere per indurli così a tagli coatti! Diffide induci-tagli ai privati, che si ritrovano nelle loro proprietà ai margini delle strade Pini maestosi frutto di passati interventi meritori da parte del pubblico o dei privati, per la creazione, talvolta anche, di alberature oggi monumentali.
E’ compito degli enti di amministrazione del territorio aggiustare le strade, alberate o meno che siano, come si fa nella Roma tripudio di Pini in ogni dove, e così altrove, garantendo il massimo rispetto degli apparati radicolari degli alberi, e valorizzando le alberature, così come sarebbe compito di ogni ente pubblico di gestione del territorio ringraziare i privati che dedicano parte del loro suolo privato ad ospitare alberi che fanno del Bene al nostro habitat, per innumerevoli ragioni, e offrono un servizio di salubrità a tutti i salentini e non solo.
Chiediamo pubblicamente che tutti questi casi siano al più presto rivisti, rassicurando i cittadini che hanno ricevuto queste diffide pinicide, affinché si fermino dall’agire secondo quanto invece intimato paradossalmente loro. Provvedimenti di assurda diffida, che nei fatti intimidiscono i cittadini inducendoli a tagli talmente forsennati e barbari!
I Pini sono un patrimonio provinciale di prioritaria importanza, tanto quanto le strade, e la buona tecnica, se applicata, permette di preservare fruibilità stradale, patrimonio arboreo naturale e paesaggistico e sicurezza stradale!
Attendiamo un’urgente mobilitazione degli enti responsabili volta a rassicurare tutti i cittadini che si son visti giungere questi assurdi provvedimenti che indignano fortemente tutti noi.
Se tutto questo è già insopportabile, diventa inammissibile quando dalle alberature urbane e stradali si tenta di danneggiare ed asportare legno anche dalle nostre preziose Pinete! Aberrante Pinicidio.
E poi c’è una prova da fare: si tratta di interventi con mera finalità forestale per il bene delle pinete stesse come dichiarato!? Bene, allora si imponga: “tutto il legno tagliato biotrituratelo e ridatelo alla pineta e agli alberi rimasti come compost fertilizzante, senza asportare neppure una cassetta di legno!!!!”
Statene certi, in qual caso, con quella prescrizione, perizierebbero che il bosco, le pinete son in perfetta salute così come stanno, e che non abbisognano di nessun intervento!
Non si seviziano le nostre Pinete!
Urge un piano strategico di risanamento dei danni fatti dal becero pinicidio in questo ultimo decennio al Salento, per quantificare l’ ordine di grandezza dei pini assassinati e sottratti al patrimonio arboreo statale regionale, sia se su suolo demaniale, che privato, per procedere alla piantumazione almeno inizialmente di un ugual numero di Pini delle medesime specie mediterranee, e quando possibile sempre nei medesimi territori grossomodo. Interventi di cui deve farsi carico la Regione Puglia, e coordinare anche oggi servendosi dei principi del suo virtuoso nuovo Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, PPTR.
Siamo certi che tutte le autorità interpellate, Ministeri, Forestale, Soprintendenza, Provincia, Regione, Comuni interpellati e tutti i Comuni Salentini interverranno celermente per fermare questo inammissibile scempio contro il paesaggio, l’ambiente e la storia del Salento, che per la sua salubrità, oggi più che mai ha bisogno del polmone verde integro dei suoi alberi purificatori ed ossigenatori dell’aria, presidio contro ogni dissesto idrogeologico con le loro radici!