Cassazione: matrimonio resta valido anche se Lui cambiò sesso
Diritti e doveri del matrimonio restano fino quando la coppia di fatto non avrà tutela
Sentenza storica: a stabilirlo è la prima sezione civile della Cassazione con la sentenza 8097/15, pubblicata il 21 aprile secondo cui chi cambia sesso conserva “diritti e doveri” conseguenti al “vincolo matrimoniale legittimamente contratto”. Almeno fino a quando il legislatore non risolverà il problema delle coppie di fatto, assicurando l’adeguata tutela con un’altra forma di convivenza registrata.
La sentenza costituzionale che ha dichiarato illegittimo il divorzio “obbligato” in caso di rettificazione del sesso ottenuta da uno dei coniugi è sì una pronuncia additiva di principio, ma deve ritenersi autoapplicativa nei limiti in cui la situazione della coppia protagonista della vicenda non può restare vittima del vuoto normativo. Accolto contro le conclusioni del sostituto procuratore generale il ricorso di marito e moglie, anche se lui nel frattempo è diventato una donna.
La Suprema corte decide nel merito dichiarando illegittima l’annotazione secondo cui il matrimonio fra le parti sarebbe cessato negli effetti civili con tutte le successive conseguenze.
La pronuncia costituzionale non può essere ritenuta solo dichiarativa: in effetti, osservano gli “ermellini”, con l’attuale mancanza di tutela tema di unioni di fatto la coppia finirebbe per passare dalla condizione di massima protezione prevista dal matrimonio a una condizione di massima indeterminatezza, priva di qualsiasi ancoraggio; il tutto mentre la stessa Consulta ha ammesso che dopo la rettificazione del sesso di uno dei coniugi l’unione deve continuare a ricevere tutela in base all’articolo 2 della Costituzione. In un sistema di matrimoni solo eterosessuali il legislatore ben può escludere che si possano mantenere unioni coniugali dopo il cambio di sesso, ma in base alla convenzione europea dei diritti umani non si può comunque privare quei rapporti del nucleo fondamentale di diritti e doveri solidali propri delle relazioni affettive.
Il punto è: così facendo la Suprema corte riconosce in Italia un matrimonio fra persone dello stesso sesso? Gli “ermellini” spiegano di no: la conservazione dello statuto di diritti e doveri propri del modello matrimoniale, invero, è sottoposta alla condizione temporale risolutiva costituita dalla nuova regolamentazione, che a quanto pare è in arrivo.
Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” si tratta certamente di un passo avanti di notevole portata che dovrebbe costituire un riferimento da prendere immediatamente in considerazione, come sottolinea oggi la Cassazione, anche da parte del legislatore del governo nazionale che non deve più perdere tempo per il riconoscimento definitivo della parità di diritti tra coppie di qualsiasi genere esse siano.