Lettera aperta a Quarto Grado. Nuzzi, Longo ed Abbate, Avetrana vi dice: vergogna!

Lettera aperta a Quarto Grado. Nuzzi, Longo ed Abbate, Avetrana vi dice: vergogna!

Dissertazione difensiva di Antonio Giangrande, avetranese, che sul delitto di Sarah Scazzi ha scritto due libri, uno il sequel dell’altro. Un lungo resoconto, che parte sin dall’inizio e non tralascia nulla. Più che parodia di un programma di approfondimento, siamo ormai alla satira

Da troppo tempo, (sin dall’inizio della vicenda) la cittadinanza di Avetrana è accusata di omertà o di reticenza, rendendoci o facendoci apparire, di fatto, complici inconsapevoli dell’efferato delitto. E questo la gente che incontriamo in tutta Italia che ce lo fa notare. Credo proprio che la misura sia ormai colma. A voler usare lo stesso metro della d.ssa Bruzzone, non credo che gli autori del programma possano essere contenti. La satira a volte può creare polemiche.

L’ultimo caso riguarda l’imitazione di Virginia Raffaele che ad Amici ha vestito i panni di Roberta Bruzzone, una tra le più note criminologhe d’Italia, grazie ai salotti come “Quarto Grado”. La parodia dell’attrice comica non è stata gradita dalla criminologa. E così dopo l’esibizione della Raffaele su Twitter è scoppiata la polemica. La Bruzzone ha seguito in diretta lo show dell’attrice e subito dopo l’ha fulminata con un cinguettio: “La Roberta Bruzzone originale è e rimarrà sempre semplicemente inimitabile..”.

Poi ha aggiunto: “Chissà se ciò che le stanno preparando i miei legali lo troverà divertente”. “Io non ho nessun problema contro la satira”- precisa Bruzzone – “l’elemento intollerabile è giocare sull’aspetto sessuale in maniera sguaiata, becera, volgare, gratuita”. Insomma, la criminologa non ha preso per niente bene l’immagine ironica e sensuale che l’imitatrice ha portato in scena.

E, dopo aver minacciato querela nei confronti della Raffaele, si è aperto un vero e proprio “caso mediatico”. “L’elemento che mi porta in tv ormai da oltre dieci anni – sottolinea – non è la mia avvenenza fisica ma il tipo di contenuti che tratto e l’esperienza dovuta al lavoro che svolgo”. “Non siamo più nella satira, questa è diffamazione bella e buona” aggiunge, confermando la sua decisione di procedere per vie legali.

Ed anche su Avetrana, ormai “Non siamo più nella satira, questa è diffamazione bella e buona”.

Parlare o sparlare dei fatti e dei protagonisti delle vicende giudiziarie è comprensibile. Diffamare gente che nulla c’entra con le vicende è criminale e per nulla professionale, tanto da meritare il licenziamento, come si è adoperato nel fare per altre vicende di falsi in tv di sponda Mediaset.

Da tempo mi son posto come antagonista ad un certo modo di fare giustizia, tanto da non aver fiducia nella magistratura, che diligentemente me lo conferma. Quindi nulla ho da fare per tutelare i miei diritti di avetranese, perchè non troverei sponda.

Molto potrebbe fare, invece, l’amministrazione comunale di Avetrana. Ma se dopo anni di massacro mediatico contro i cittadini che rappresenta, inspiegabilmente, questa nulla ha fatto, non posso certo sperare che inizi sin da ora a darsi quel coraggio o quella capacità che le mancano.

A me, quindi, scartata la via giudiziaria o escluso il coinvolgimento del sindaco di Avetrana, non rimane che usare l’arma a me più congeniale: adoperare la tastiera è rimbrottare pubblicamente chi diffama Avetrana.

Ci si può fidare della tv? E’ la domanda che gli spettatori della tv contemporanea dovrebbero porsi.

Sarah Scazzi bis. Un processo al processo già di per sé criticabile e criticato. Un’altra puntata della lunga e tormentata telenovela sull’omicidio di Sarah Scazzi, la 15enne scomparsa ad Avetrana il 26 agosto del 2010. Mentre i periti nominati dalla corte d’assise d’appello stanno effettuando le verifiche sulle celle telefoniche per risalire all’esatta posizione dei principali imputati e della vittima il giorno del delitto, giunge al capolinea l’inchiesta-bis condotta dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dal sostituto Mariano Buccoliero.

Sono 12 gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari fatti notificare a quanti, secondo l’accusa, erano a conoscenza di fatti e particolari riguardanti l’omicidio e hanno taciuto, o peggio detto il falso, dinanzi ai pubblici ministeri o alla corte d’assise. Quanti, secondo altri, che non si sono genuflessi alle volontà dei magistrati inquirenti.

Secondo Argentino e Buccoliero, queste 12 persone conoscevano particolari importanti riguardo il feroce assassinio di Sarah, ma hanno taciuto, oppure hanno dichiarato spudoratamente il falso dinanzi ai due pubblici ministeri ed alla Corte d’Assise. Proprio per questi reati, secondo i due pm, tali indagati dovranno essere giudicati. Tra questi vi è anche il nome di Michele Misseri, lo zio acquisito della piccola Sarah; a lui è stata contestata l’autocalunnia, in quanto, come è oramai risaputo, si autoaccusò di aver eliminato la nipote, al fine di coprire la moglie e la figlia, tesi che sostiene tuttora, accusando la Bruzzone di averlo indotto a cambiare versione e ad accusare la figlia Sabrina.

Ma è la posizione di Ivano Russo la vera novità, quella che è saltata subito all’occhio. Se, come sostengono i procuratori, il ragazzo avesse davvero cercato di coprire Sabrina, nascondendo e non dichiarando alcune circostanze importanti riguardo al delitto, allora ecco che il caso della sventurata quindicenne d’Avetrana dovrebbe essere riscritto da cima a fondo.

Il giovane dichiarò agli inquirenti, che il 26 Agosto, giorno dell’uccisione di Sarah, sarebbe rimasto tutto il tempo a casa e che avrebbe appreso della sparizione della ragazzina solo alle 17:00 del pomeriggio. “E le telefonate e gli sms che ti aveva inviato Sabrina all’ora di pranzo?” gli chiesero gli inquirenti, Ivano rispose così: “Rientrando a casa la notte prima, avevo dimenticato il telefono in macchina, l’ho ripreso solo il pomeriggio alle 17:00. Solo allora mi sono accorto che Sabrina mi aveva cercato”.

Questa spiegazione non aveva molto convinto i procuratori Argentino e Buccoliero, anche la madre di Ivano parlò del telefonino del figlio, che il giorno della morte di Sarah squillava.

Nell’onda dell’entusiasmo molti programmi della cosiddetta tv spazzatura si sono buttati a capofitto sulla notizia.

Nel caso dell’omicidio di Sarah Scazzi, trattato molto spesso da “Quarto Grado” su “Rete 4” di Mediaset la redazione (guidata da Siria Magri) si è attestata su una linea prevalentemente conforme agli indirizzi investigativi della pubblica accusa, cioè della Procura della Repubblica di Taranto. Tanto che i suoi ospiti, quando sono lì a titolo di esperti (pseudo esperti di cosa?) o, addirittura, a rappresentare le parti civili, pare abbiano un feeling esclusivo con chi accusa, senza soluzione di continuità e senza paura di smentita. A confermare questo assioma è la puntata del 15 maggio 2015 di “Quarto Grado”, condotto da Gianluigi Nuzzi ed Alessandra Viero e curato da Siria Magri.

“A quell’ora ero a casa” – ha sempre raccontato Ivano ai pm – “ho dormito fino alle 17″.“L’ho visto uscire di casa intorno alle 13.30″, dice invece un testimone. Ma Ivano non ci sta, rigetta le accuse e si difende davanti ai microfoni di Quarto Grado. “Mi sento abbastanza tranquillo perché sono a posto con la mia coscienza…e in merito alla intercettazione secondo cui sono accusato di avere pilotato la deposizione di mia madre, in realtà le dissi solamente di raccontare ai magistrati ciò di cui si ricordava bene invitandola a non dire cose che non ricordava con esattezza”.

E poi dà la sua versione dei fatti in merito al nuovo testimone che lo accusa: “Nel dicembre ci sono state denunce reciproche con la mia ex compagna madre di mio figlio, e guarda caso nel gennaio 2014 è spuntata una persona che ha fatto delle dichiarazioni spontanee al pm contro di me … farò denuncia per calunnia contro questa persona”.

A riprova della linea giustizialista del programma, lo stesso conduttore è impegnato a far passare Ivano come bugiardo, mentre il parterre è stato composto da:

Alessandro Meluzzi, notoriamente critico nei confronti dei magistrati che si sono occupati del processo, ma che sul caso trattato è stato stranamente silente o volutamente non interpellato;

Claudio Scazzi, fratello di Sarah;

Nicodemo Gentile, legale di parte civile della Mamma Concetta Serrano Spagnolo Scazzi.

Solita tiritera dalle parti private nel loro interesse e cautela di Claudio nel parlare di omertà in presenza di cose che effettivamente non si sanno.

Per il resto ospite è Grazia Longo, cronista de “La Stampa”, che si imbarca in accuse diffamatorie, infondate e senza senso: «…e purtroppo tutto questo è maturato in seno ad una famiglia ed anche ad un paese dove mentono tutti…qui raccontano tutti bugie».

Vada per i condannati; vada per gli imputati, ma tutto il paese cosa c’entra?

Ospite fisso del programma è Carmelo Abbate, giornalista di Panorama, che anche lui ha guizzi di idiozia: «io penso che da tutto quello che ho sentito una cosa la posso dire con certezza: che se domani qualcuno volesse scrivere un testo sull’educazione civica, di certo non dovrebbe andare ad Avetrana, perché al di là della veridicità o meno della dichiarazione della ex compagna di Ivano, al di là della loro diatriba, è chiaro che qui c’è veramente quasi un capannello di ragazzi che nega, un’alleanza tra altri che si mettono d’accordo: mamma ha visto questo, mamma ha visto quest’altro.

Ma ci rendiamo conto di quanto sia difficile scalfire, scavalcare questo muro, veramente posto tra chi deve fare le indagini e la verità dei fatti? E’ difficilissimo. Cioè, la sicurezza, la nostra sicurezza è nelle mani di noi.»

Complimenti ad Abbate ed alla sua consistenza culturale e professionale che dimostra nelle sue affermazioni sclerotiche. Cosa ne sa, lui, dell’educazione civica di Avetrana?

Fino, poi, nel prosieguo, ad arrivare in studio, ad incalzare lo stesso Claudio, come a ritenerlo egli stesso di essere omertoso e reticente. Grazia Longo: «..però Claudio anche tu devi parlare, anche tu, scusa se mi permetto, dici delle cose e non dici. Io non ho capito niente di quello che hai detto. Tu sai qualcosa e non lo vuoi dire!»

Accuse proferite al fratello della vittima…assurdo!

Si noti bene: nessun ospite è stato invitato per rappresentare le esigenze della difesa delle persone accusate o condannate o addirittura estranee ai fatti contestati.

Nell’ordinamento giuridico italiano, la diffamazione (art. 595, codice penale) è un delitto contro l’onore ed è definita come l’offesa all’altrui reputazione, comunicata a più persone con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di comunicazione. A differenza del delitto di ingiuria di cui all’art. 594 c.p., il delitto di diffamazione può essere consumato solo in assenza della persona offesa.

Il bene giuridico tutelato dalla norma è la reputazione intesa come l’immagine di sé presso gli altri. L’analisi testuale della norma consente di risalire ai suoi elementi strutturali: l’offesa all’altrui reputazione, intesa come lesione delle qualità personali, morali, sociali, professionali, etc. di un individuo; la comunicazione con più persone, laddove l’espressione “più persone” deve intendersi senz’altro come “almeno due persone”; l’assenza della persona offesa, da intendersi secondo la più autorevole dottrina come l’impossibilità di percepire l’offesa. In quasi tutti gli ordinamenti giuridici si ha diffamazione se quanto asserito è falso, e spetta all’accusa dimostrare tale falsità.

In altri, come quello italiano, ciò non è richiesto e solo in casi molto limitati è, viceversa, la difesa che ha la facoltà di discolparsi dimostrando la verità delle asserzioni ritenute diffamatorie. La diffamazione è punita nella maggioranza degli Stati, e considerata un delitto punito dal codice penale, ma che comporta anche la condanna a un risarcimento civile. La diffamazione può anche coesistere con una lesione del diritto alla privatezza, da contemperare al diritto alla libertà di espressione dei fatti veritieri.

Per quanto mi riguarda per le frasi da me proferite e ritenute offensive, in base all’art. 599 c.p. (ritorsione e provocazione), si stabilisce che ”nei casi preveduti dall’articolo 594, se le offese sono reciproche, il giudice può dichiarare non punibili uno o entrambi gli offensori. Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche all’offensore che non abbia proposto querela per le offese ricevute”.

Per gli effetti della norma citata mi preme affermare in aggiunta quanto segue.

Altro che bugiardi. Voi fate parte di quella tv spazzatura che di questi tempi è accusata di falsi scoop. Da Fabio e Mingo su Striscia la Notizia a Fulvio Benelli di Quinta Colonna, fino a Francesca Bastone ed Alessandra Borgia di Video News.

Fulvio Benelli e gli altri: il professionismo della recita in Tv, scrive Giorgio Simonelli (Docente di Storia della televisione e di Giornalismo televisivo) su “Il Fatto Quotidiano”.

Fulvio Benelli licenziato, Lerner: “E’ capro espiatorio di una tv fatta di falsi scoop”. Con un post sul proprio blog, l’ex direttore del Tg1 esprime solidarietà al cronista di Quinta Colonna cacciato da Mediaset con l’accusa di aver confezionato servizi falsi: “Sono gli autori e i conduttori e i direttori di rete a spingere in questa squallida direzione”. “Chi oggi lo licenzia – scrive quindi il giornalista su Twitter – ne conosceva benissimo e incoraggiava il metodo di lavoro nella pseudo-tv-verità”.

Già. Il metodo dei falsi scoop e della gogna in tv, che io aborro!

Dr Antonio Giangrande

Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia

www.controtuttelemafie.it e www.telewebitalia.eu

099.9708396 – 328.9163996

viv@voce

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