Roberta Ragusa, i giudici di Pisa: «Niente prove contro il marito»

Roberta Ragusa, i giudici di Pisa: «Niente prove contro il marito»

Manca la prova che Roberta Ragusa sia stata realmente uccisa, anche in assenza del rinvenimento del suo cadavere, e le testimonianze raccolte risultano deficitarie

 

IL GIP: “NON C’È PROVA DELL’OMICIDIO”. Così il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pisa, Giuseppe Laghezza, ha motivato, in una relazione di appena 13 pagine, la sentenza di non luogo a procedere nei confronti di Antonio Logli, accusato di omicidio volontario e distruzione del cadavere per la sparizione della moglie avvenuta la notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 da Gello di San Giuliano Terme (Pisa).

«Insussistenza dei fatti contestati – scrive Laghezza – apparendo gli elementi acquisiti agli atti insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a sostenere l’accusa in giudizio e nel contempo non impinguibili mediante l’istruttoria dibattimentale». Secondo il giudice le risultanze processuali «non consentono di ritenere raggiunta neppure la prova dell’effettiva verificazione dell’omicidio» e le testimonianze raccolte «appaiono palesemente deficitarie» riferendosi in particolare alle dichiarazioni di Loris Gozi, della moglie Anita Gombi, Silvana Piampiani e Filippo Campisi.

Per Laghezza esse palesano la «loro contraddittorietà e in certi casi inverosimiglianza» e sono insufficienti «a integrare la prova» di una lite tra marito e moglie che sarebbe sfociata poi nell’omicidio di Roberta Ragusa. Il giudice smonta soprattutto l’incidente probatorio durante il quale Gozi riferisce di avere assistito a un litigio violento della coppia in una strada adiacente alla loro abitazione: le sue parole, scrive il magistrato, «sono palesemente insufficienti anche a prescindere dalle molteplici reticenze e discordanze da cui appaiono connotate a integrare la prova dell’avvenuta uccisione di Roberta Ragusa» e si limitano a rappresentare «un alterco tra un uomo e una donna non meglio identificati, seguito dal caricamento di quest’ultima su un’auto (forse un Citroen C3) di colore chiaro di cui non è stato neppure identificato il numero di targa e, di conseguenza, il proprietario».

Infine, il giudice rileva che nei confronti di Logli non si può «addivenire alla pronuncia di sentenza di condanna al di là di ogni ragionevole dubbio» per «l’insufficienza e non univocità degli elementi e per di più in mancanza del rinvenimento del corpo privo di vita». «Il quadro probatorio – conclude – appare insoddisfacente sotto il profilo del raggiungimento della compiuta dimostrazione della morte violenta» ma anche per una complessiva fragilità degli elementi indiziari. Di opinione diversa la procura che aveva già preannunciato ricorso in appello e che, stando a quanto si apprende, è pronta a dare battaglia e a ricorrere in appello.

Per gli inquirenti, Logli «è un bugiardo abituato a dissimulare qualsiasi emozione e capace di tenere nascosta anche ai familiari più intimi una relazione clandestina pluriennale che una volta scoperta dalla moglie gli sarebbe costata carissimo sul piano economico e affettivo».

FONTE

msn.it

viv@voce

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