TARANTO. Il procuratore capo: «Ricorso alla Consulta, unico dissenso consentitoci»
Sebastio: “Ogni magistrato ha il dovere di rispettare le leggi e di farle rispettare. Egli però ha la possibilità di dissentire quando ritiene che quella legge o quel decreto contrastino con i dettami della Costituzione”
La tensione è palpabile negli ambienti della Procura tarantina all’indomani della decisione del gip, Martino Rosati, di emettere un giudizio secondo cui il decreto del governo che ha permesso la riconsegna all’Ilva dell’Altoforno2, teatro dell’ultimo infortunio mortale, sarebbe incostituzionale perché violerebbe almeno 6 articoli della Carta dei diritti.
Una misura estrema, quella del giudice, che mette ancora una volta in luce il contrasto esistente tra i due poteri dello Stato. «L’unica arma possibile per dissentire che ha un magistrato», spiega il procuratore capo della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio che si lascia intervistare con un avvertimento: «non mi chieda pareri sull’operato del governo e sui suoi decreti, tanto non rispondo».
Procuratore ci spieghi allora il perché di questa decisione del gip Martino Rosati. Si può definire un atto di disubbidienza al potere politico?
«Io non la definirei disubbidienza. Ogni magistrato ha il dovere di rispettare le leggi e di farle rispettare. Egli però ha la possibilità di dissentire quando ritiene che quella legge o quel decreto contrastino con i dettami della Costituzione. In tal caso, come è avvenuto ora, il magistrato inquirente e il giudice espongono i propri dubbi che trasmettono alla Corte Costituzionale che deciderà se ha ragione o se ha torto. Se i giudici delle leggi dicono che la normativa non vìola nessun diritto costituzionale, allora il magistrato ha il dovere di applicarla e farla rispettare. Se, invece, come noi crediamo nel caso di cui ci stiamo occupando adesso, la suprema Corte dovesse confermare i nostri dubbi, allora automaticamente quella norma sarà annullata».
Sino ad allora, quindi, il decreto non perde l’efficacia per cui gli impianti restano nella disponibilità dell’Ilva, è così?
«Certo che è così. Il magistrato può solo sollevare dubbi di incostituzionalità ma non può certo annullare l’efficacia o l’applicabilità di una legge. Tecnicamente quello che ha fatto il gip Martino Rosati che, lo ricordiamo, ha recepito, ampliato e meglio argomentato un nostro dubbio di incostituzionalità, è di dire ai difensori dell’Ilva che chiedevano la facoltà d’uso degli impianti sequestrati in conformità del decreto del governo: cari signori, io sospendo il giudizio su questa vostra richiesta perché ritengo che in quel decreto cui voi fate riferimento nell’istanza, ci siano degli aspetti che vanno contro la Costituzione e pertanto, sino a quando non sarà la Consulta a dirimermi questi dubbi, io non mi esprimerò in merito alla vostra richiesta».
Questo il sesto provvedimento che il governo emette per «sterilizzare», usando lo stesso termine del gip Rosati, un vostro provvedimento nei confronti dell’Ilva. Tale comportamento non vi demoralizza? Il segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Maurizio Carbone, ha dichiarato pubblicamente che queste misure tutelano gli interessi economici a scapito dei diritti dell’uomo come quelli alla salute e alla sicurezza dei luoghi di lavoro. Lei condivide questi pensieri?
«Le avevo detto che non avrei risposto a queste domande e lo ribadisco. Il dottor Carbone ha fatto benissimo ad esprimere il suo parere e lo ha potuto fare in rappresentanza dell’associazione che ci rappresenta. Altri magistrati possono farlo ma non chi, come il sottoscritto, è direttamente interessato e coinvolto in questo procedimento. Il mio non è voler sfuggire a domande scomode, mi creda. Lo dico perché sono convinto che occorra una cerca cautela del dichiarare cose quando si è ancora con il procedimento in corso. Dopo sì, quando è terminata la fase interlocutoria oppure quando tutto si è concluso, allora tutti noi potremo dire la nostra. Ma adesso obbligo me stesso e invito tutti i miei colleghi che hanno un ruolo attivo nel procedimento, a rispettare questa regola».
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno – Corriere della Sera