Taranto. “L’ILVA? E’ UN FANTASMA, NECESSARIO CHIUDERLA”

Taranto. “L’ILVA? E’ UN FANTASMA, NECESSARIO CHIUDERLA”

L’ex presidente dell’associazione degli industriali di Taranto Antonio Caramia interviene in maniera decisa sulla “questione Ilva”

Definisce lo stabilimento tarantino un fantasma, ovvero un modello di industrializzazione decotto e senza futuro, pertanto secondo Caramia è necessario cambiare rotta, ecco il testo del suo intervento: “Ma è possibile che dobbiamo restare paralizzati da anni a piangere l’Ilva e a tentare impossibili respirazioni bocca a bocca per rianimare piccoli pezzi superstiti della grande industria?

Quando una grande impresa fallisce con una scia di disastri che porta con sé, e lascia a casa migliaia di persone, piuttosto che tentare di salvare l’insalvabile e accontentarsi di “spizzichi e bocconi” per dar lavoro a poche centinaia di lavoratori, magari perdurando le condizioni di insicurezza e di rischio, non è meglio cambiare passo, come dice il Premier Renzi, rottamare ciò che è ormai distrutto e mutare rotta?

Si può partire da un tesoretto, – sottolinea Antonio Caramia nella sua nota quello confiscato alla Famiglia Riva, di oltre un miliardo, che giace inutilizzato da tempo, a cui si aggiungono i fondi stanziati per il capitolo Ilva.  Ora, versarli in una caraffa senza fondo come l’Azienda sinistrata e decotta, significa solo sprecarli e tentare un’operazione da spiritisti, quella di evocare il fantasma dell’Ilva per fargli battere gli ultimi colpi. Ma i fantasmi non hanno corpo, non sfamano, non mantengono famiglie, strutture, città e soprattutto non rilanciano l’economia.

E poi evocano pagine tristi e drammatiche per la città, morti, dolori, recriminazioni, proteste. Quelle immagini che hanno impresso un volto funesto alla città che ormai da anni si identifica con quelle tragedie. Dici Taranto e tutti pensano all’inquinamento e al degrado industriale, dici Taranto è tutti pensano al fallimento dell’industria pesante.

Dobbiamo avere il coraggio di dire che per una serie di fattori ed effetti collaterali ormai evidenti agli occhi di tutti, quel modello industriale è fallito, o se preferite una espressione più neutrale, è superato. Allora non resta che riprendere fiato, dotarsi di una visione strategica e tentare la strada opposta, di una post industrializzazione leggera, compatibile con il territorio e con il modello vincente spiega ancora Antonio Caramia – che si è affermato in Puglia negli ultimi due decenni, grazie al mix di turismo, agricoltura, masserie, cinema e natura. Smantellare in sicurezza la Fabbrica e riconvertire le sue strutture in progetti che possano rilanciare il territorio partendo dal triangolo virtuoso di ambiente, cultura e turismo.

I capitali cospicui a disposizione per l’impresa di smantellamento e riconversione – aggiunge l’ex presidente degli industriali – potrebbero dare lavoro a decine di migliaia di persone, recuperando da un verso gli operai lasciati a casa dall’Ilva, dall’altra aprendo a giovani e a specializzati. Potrebbero produrre effetti a cascata anche nell’agricoltura e nell’artigianato, potrebbero attrarre da noi le popolazioni anziani e benestanti del nord Europa, sia per il periodo di vacanza sia per venire qui a vivere la loro vecchiaia alla luce del sole.

E lancerebbero un messaggio magnifico, tonificante, per la città e per la regione: il sud si riprende, si risveglia, bonifica i luoghi degradati e inquinanti, riqualifica il territorio e rende nuovamente vivibili i quartieri vicini; non difende i cocci infranti del passato ma tenta strade più nuove e più antiche.

A Taranto, si direbbe, il Sud, – conclude Caramia torna a pensare in grande come si addice alla Magna Grecia, di cui la nostra città ha tutto il diritto di essere capitale. L’importante è avere il coraggio di osare, senza salti indietro nel più recente e più infame passato che ha trascinato Taranto e le aree limitrofe in una malfamata decadenza.

Antonio Caramia

Ex Presidente Associazione degli Industriali di Taranto”

FONTE

studio100.it

 

 

viv@voce

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