TARANTO. Vertici Ilva indagati, parla il procuratore Sebastio
«Si tratta di un atto dovuto – dice -, come conseguenza di una marea di esposti che quasi quotidianamente, per la verità oggi meno di ieri, finiscono sulla mia scrivania»
Si potrebbe prefigurare un altro aspetto d’incostituzionalità nella recente inchiesta della Procura di Taranto che indaga per reati ambientali l’attuale ed ex amministratore dell’Ilva, rispettivamente Piero Gnudi e Enrico Bondi, assieme al direttore dello stabilimento, Antonio Lupoli e il suo predecessore, Ruggero Cola. La magistratura tarantina, infatti, ha portato avanti l’indagine nonostante il salvacondotto penale, per le cariche apicali di nomina statale dell’Ilva, accordato loro dal decreto del Governo nel marzo 2014.
L’immunità prevedeva che «le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell’incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro».
Il procuratore della Repubblica Franco Sebastio che con gli altri magistrati del «pool reati ambientali» ha firmato la richiesta di proroga delle indagini a carico dei quattro dirigenti, non vuole alzare polveroni sull’evidente contrapposizione, nella vicenda Ilva, tra potere giudiziario e potere politico. E cerca di non dare valore all’inchiesta.
«Si tratta di un atto dovuto – dice -, come conseguenza di una marea di esposti che quasi quotidianamente, per la verità oggi meno di ieri, finiscono sulla mia scrivania». Sulla questione immunità concessa dall’ultimo decreto cosiddetto «salva Ilva», il numero uno della procura non si sbilancia e glissa l’argomento”.
«Appena avremo tempo – aggiunge Sebastio – studieremo anche quell’aspetto anche se mi sembra che i reati contestati risalgano ad un periodo antecedente quel decreto».
Oltre all’aspetto del salvacondotto personale deciso dal governo, in questa inchiesta c’è un altro elemento che mette in risalto l’ingerenza della politica nelle funzioni proprie di controllo della magistratura.
La mega discarica dell’Ilva, Mater Gratiae, per la cui presunta mala gestione sono indagati i quattro manager, è frutto di un altro decreto autorizzativo del governo, il Dl 101 del 2013, convertito poi nella legge 125 del 2013.
FONTE
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno