Taranto. PROVINCIA E COMPENSI DEGLI AMMINISTRATORI SECONDO LA CORTE DEI CONTI
Nota per la stampa dell’ex Consigliere provinciale Mino Sampietro
“INDENNITA’ IN PROVINCIA – Prosciolti i ventuno consiglieri”, “Provincia, compensi legittimi”. Questi alcuni dei titoli apparsi sui giornali qualche giorno dopo la sentenza emessa in data 7 settembre scorso dalla Corte dei Conti – sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con la quale ha mandato assolti i 21 consiglieri provinciali di Taranto in carica nel 2010 che avevano partecipato alla seduta di Consiglio che all’unanimità aveva approvato la deliberazione con la quale si consentiva da parte dell’Ente la corresponsione ad alcuni di loro di indennità che andavano a cumularsi con altri gettoni di presenza dello stesso periodo. In relazione a quegli articoli di stampa ricordati, mi permetto di fare alcune considerazioni che riguardano sia quanto contenuto e sia quanto non riferito, perché probabilmente non ritenuto rilevante.
Il giudizio di responsabilità amministrativa per danno erariale di complessivi euro 108.743,59, era stato promosso dalla Procura Regionale della Corte dei Conti di Bari a seguito di un esposto anonimo che segnalava l’illegittimità del comportamento dei 21 consiglieri provinciali che non avrebbero potuto approvare la deliberazione in discussione alla luce dei preventivi pareri contrari espressi da ben tre dirigenti della Provincia.
Parere di Illegittimità condiviso dalla Procura Regionale che ne aveva promosso il giudizio.
La mia considerazione riguarda proprio l’operato, in questa occasione, di questi dirigenti provinciali intervenuti sulla proposta di deliberazione in oggetto: parere contrario di regolarità tecnica, del Dirigente del I settore, parere contrario di regolarità contabile, del responsabile del Settore finanziario e attestazione di “non conformità alla legge” del provvedimento, del Segretario Generale. Sorvolando sul dubbio di esclusiva correttezza rituale e non di merito, sollevato in sede di giudizio, alla luce della sentenza della Corte dei Conti che ha mandato assolti tutti i 21 consiglieri con liquidazione delle spese di giudizio da loro sopportate, riconoscendo legittimo corretto e ineccepibile il loro comportamento, respingendo la domanda risarcitoria della Procura Regionale e smentendo in quanto errate, con riferimenti legislativi e argomentazioni ineccepibili in punto di diritto, le motivazioni introdotte dai tre dirigenti che avevano formulato i pareri contrari e di fatto dato supporto alla denuncia anonima e all’iniziativa della Procura.
Non posso, qui, non richiamare l’assoluta incongruità delle norme legislative che a partire dalla legge n. 142 del 1990 e a seguire con le successive leggi denominate “leggi Bassanini” hanno operato una distinzione tra il potere di indirizzo politico – amministrativo, demandato agli organi di governo, e gestione finanziaria, tecnica e amministrativa di competenza dei dirigenti.
L’incongruenza sta proprio nel fatto che non sempre ai compiti e all’autonomia di esclusiva spettanza della dirigenza fanno specularmente riscontro ne’ la competenza nell’eseguire e né la conseguente responsabilità degli atti compiuti. In questo tempo di riforma della pubblica amministrazione il parlamento ha l’occasione per rivedere gli attuali aspetti normativi in materia che hanno spinto la predetta distinzione, tra indirizzo e gestione, ad assumere aspetti di netta ed esasperata separazione e incomunicabilità tra amministratori (potere di programmazione e indirizzo) e apparato burocratico (compiti di gestione).
Alla luce del caso su esposto, è legittima la domanda: qual è la sanzione prevista per l’errore macroscopico commesso dai tre Dirigenti della Provincia che con il loro parere contrario alla deliberazione (che la Corte dei Conti ha deciso essere anche contrario alla legge) hanno creato il presupposto per il giudizio di responsabilità a carico del Consiglio Provinciale, e per tutta una serie di impegni e spese, nelle indagini di polizia giudiziaria, nell’attività della Procura, nelle attività del processo vero e proprio presso la Corte dei Conti, spese legali per la difesa dei Consiglieri che devono esse risarcite da qualcuno come è scritto nella sentenza.
Ma quei Dirigenti sono già candidati non certamente a pagare per i danni prodotti nell’esercizio, in piena autonomia, delle proprie competenze, come prevede la legge, ma sono certamente candidati a non rispondere delle responsabilità derivanti dai danni prodotti dai loro comportamenti, e magari, altrettanto certamente, a incassare corposi stipendi e premi di produttività.
Quanto non riferito in quegli articoli di stampa, quindi, non può non essere ritenuto rilevante e meno che meno possiamo rassegnarci al pirandelliano “Così è (se vi pare)”.
Mino Sampietro