Deficit di attenzione, soffre della sindrome un bimbo su 10
Lo dice uno studio statunitense secondo cui i tassi delle diagnosi sono cresciuti del 43% dal 2003 al 2011
ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), sigla per sindrome da deficit di attenzione e iperattività, è un disturbo del comportamento caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività motoria che rende difficoltoso e in alcuni casi impedisce il normale sviluppo, l’integrazione e l’adattamento sociale dei bambini.
In America oltre un bambino su dieci di età compresa tra i 5 e i 17 anni è stato diagnosticato con l’Adhd, la sindrome da deficit di attenzione. Lo rivela uno studio pubblicato sul The Journal of Clinical Psychiatry, nel quale si afferma che l’aumento verificato negli ultimi anni riguarda in particolare le femmine e le minoranze.
Il co-autore dello studio Sean Cleary, ricercatore di salute pubblica alla George Washington University, spiega che i tassi delle diagnosi sono cresciuti del 43% dal 2003 al 2011, passando dall’8,4% al 12%.
Si tratta di un disturbo eterogeneo e complesso, multifattoriale, che nel 70-80% dei casi coesiste con uno o più altri disturbi (fenomeno definito comorbilità), aggravandone la sintomatologia e rendendo quindi complessa sia la diagnosi sia la terapia.
I disturbi più frequentemente associati con l’ADHD sono il disturbo oppositivo-provocatorio e i disturbi della condotta, i disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, ecc.), i disturbi d’ansia e con minore frequenza la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da tic, e il disturbo bipolare.
Per la normalizzazione del comportamento di alcuni pazienti iperattivi e con deficit d’attenzione si sono rivelati efficaci, unitamente a terapie comportamentali, ad interventi psicoterapeutici, a cambiamenti dello stile di vita e dell’alimentazione (uno studio del 2007 suggerisce una correlazione tra il consumo di alcuni additivi alimentari e ADHD), anche trattamenti con psicofarmaci contenenti metilfenidato o atomoxetina, sebbene diverse critiche siano state mosse sull’uso di questi medicinali, specialmente quando somministrati a soggetti in età evolutiva.
La diagnosi di Adhd è in ogni caso essenzialmente clinica, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, e si basa sull’osservazione e sulla raccolta di informazioni fornite da fonti multiple e diversificate quali genitori, insegnanti, educatori.
Il disturbo va sempre differenziato dalla vivacità dei bambini normali, dalle condizioni legate esclusivamente a contesti sociali svantaggiati, a esperienze traumatiche, ad atteggiamenti educativi incongrui e a modelli sociali o familiari fortemente caratterizzati da impulsività.
Il consenso e la cooperazione dei genitori sono, d’altra parte, cruciali per la valutazione del bambino in generale e per il successo degli interventi psicoeducativi e terapeutici.
Maria Lasaponara