Stranieri in Italia e immigrazione. Va riconosciuto il permesso di soggiorno anche ai genitori extra UE irregolari per evitare traumi al bambino nato in Italia

Stranieri in Italia e immigrazione. Va riconosciuto il permesso di soggiorno anche ai genitori extra UE irregolari per evitare traumi al bambino nato in Italia

Dev’essere riconosciuto il permesso di soggiorno a tempo determinato alla coppia straniera nel caso in cui abbia avuto figli nati e cresciti in Italia anche se in tenera età

 La ragione giuridica va ricercata, infatti, nel fatto che da un lato i minori non possono essere espulsi dal nostro Paese e dall’altra è irrilevante che ben potrebbero tornare nel paese d’origine con i genitori: nel bilanciamento di interessi è più significativo il principio del “best interest”, cioè dell’interesse prioritario del minore, oltre che il diritti all’unità familiare garantito dalla convenzione europea dei diritti umani.

L’Italia rappresenta, infatti, l’unico habitat ambientale che i bambini in età prescolare conoscono e il trasferimento sarebbe per loro un trauma laddove invece la relativa capacità di elaborazione è proporzionale alla crescita.

A statuire questi interessanti e possiamo dire importanti principi – rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,  è la sesta sezione civile della Cassazione con l’ordinanza 1824/16, pubblicata il 29 gennaio. Nella fattispecie è stato accolto, dopo una doppia sconfitta nei due giudizi di merito, il ricorso di una coppia cinese che aveva avuto due figli in Italia che oggi hanno tre e sei anni.

I genitori, infatti, per anni non avevano regolarizzato la loro posizione in Italia e poi hanno chiesto al tribunale dei minori il permesso di soggiorno a tempo per gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico dei minori. Carente la motivazione del giudice di seconde cure che non tiene conto delle caratteristiche dei piccoli: età, nascita, luogo di allontanamento dei genitori e concreta possibilità di contatti.

Per i giudici di legittimità, infatti, un bambino nato da pochi anni nella comunità cinese, condivide con il proprio nucleo familiare quasi tutta la sua vita e non ha molti altri «poli affettivi» di riferimento. In Italia, invece, ha iniziato la sua esistenza e sta sviluppando la sua personalità.

E il fattore del radicamento costituisce uno dei criteri Boultif per valutare se è legittima l’ingerenza dello Stato nell’incidere il diritto alla vita familiare ex articolo 8 Cedu (dalla sentenza omonima di Strasburgo pronunciata in materia di espulsione di stranieri). Per integrare i «gravi motivi» richiesti dalla legge sufficiente che il disagio psico-fisico connesso al no al permesso di soggiorno ai genitori sia rilevato anche in uno solo dei bambini: il giudice ben può affidarsi a un’indagine tecnica, se necessario.

E se i genitori tornano in Cina il minore avrà poche possibilità di rivederli da così lontano: la circostanza non può essere ignorata.

viv@voce

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