Red in Italy – è il momento di aprire un dialogo

Red in Italy – è il momento di aprire un dialogo

La nostra cultura ha un gran valore, ma sopravvive solo se la rinnoviamo ogni giorno attraverso le nostre scelte, se no tutto muore: le tradizioni, i sani costumi, la Costituzione. Finisce tutto in un museo e “Ciao Italia, è stato un piacere conoscerti”

Stavo pensando all’articolo da scrivere questa settimana e non riuscivo a trovare nulla da cui partire. Non perché gli argomenti siano esauriti, semplicemente perché non mi veniva in mente un spunto per proseguire la nostra chiacchierata.

Così ho pensato che era arrivato il momento di focalizzarmi un po’ su di me: non solo sul mio libro, ma sul proposito che esso nasconde.

Perché l’ho scritto?

«Perché hai la presunzione di pensare che potrai vivere scrivendo.» direte voi.

Certo, non lo nascondo. Ma il vero motivo per cui si scrive è per esternare il proprio punto di vista, con la speranza di trovare nel mondo qualcuno che condivida le nostre preoccupazioni, speranze e dubbi.

Io ho scritto dell’esperienza che ho fatto negli ultimi anni, un’esperienza eterogenea ma riassumibile da un marchio: Made in Italy. Un’esperienza che lavorativamente parlando è stata caotica, dal punto di vista del guadagno ridicola, ma non era quello lo scopo. Lo scopo, come ho capito poi, era capire meglio chi ero e cosa volevo fare, quali sarebbero stati i miei valori nella vita.

Sono cresciuta in una famiglia sensibile a diverse tematiche, sia ambientali che culturali e sociali. Facendo riferimento alla mia radice savese, una delle ultime volte che ho visto mio nonno – primogenito di undici figli, facenti parte di una famiglia molto religiosa – ricordo che egli cercò di far riflettere mia madre con tali parole: «’Sta fjola (ragazza in anconetano) non ha i diritti che merita, dopo tutti gli anni che vive col suo ragazzo, per il peso della Chiesa in Italia.»

Lui non era solo distante dalla religione, ma proprio comunista e, avendo lavorato nel manicomio di Ancona come caposala, era anche molto sensibile ai temi sociali: aveva fatto scioperi per i diritti dei malati e se li portava a casa la domenica per fargli provare almeno per una volta il calore di un pranzo in famiglia. Mia madre è molto religiosa, invece, e trova in quell’ambito il suo modo di essere utile e va bene così, in una famiglia d’individui tutti diversi ma partecipi.

Questi erano i dibattiti che aleggiavano in casa mia, intorno a questi e altri argomenti io mi sono formata.

Ma ancora non sapevo chi ero, sapevo solo da dove venivo. Non importa aver studiato e iniziato presto a lavorare, finché non ti metti alla prova non saprai mai chi sei. Magari pensi di essere una persona onesta e invece sei uno che riesce a prendere una tangente senza neanche avere un sussulto. Lo scopri e pensi “Caspita, non mi facevo così.”

Grazie al viaggio fatto nel Made in Italy, nel turismo, nel mondo dei musei, nella comunicazione dell’italianità all’estero – argomento di cui parleremo la prossima volta – ho approfondito la mia cultura e capito chi sono. E ho capito che i valori che alcuni si limitano a sventolare per me sono sacrosanti, che non mi piacciono solo perché sono italiani, ma anzi voglio scoprirne di complementari in altre culture per poter arricchire il mio bagaglio.

Oltre a voler promuovere il mio libro per meri motivi economici, voglio iniziare a parlare con la gente per tre ragioni principali:

-confrontarmi direttamente con altre persone, che magari hanno punti di vista diversi dal mio e mi possono arricchire;

-fare la mia parte per comunicare il valore intrinseco della cultura italiana, per quelle che sono le mie conoscenze;

-trovare nuove storie che possano aiutarmi a raccontare questo valore, per meglio trasmetterlo a chi ne è digiuno.

Ho già pronta la bozza del secondo libro, interamente dedicato al viaggio, sempre concentrato sull’Italia. Ma so che dagli incontri che farò nei prossimi mesi verrà il materiale più interessante, che andrà a finire in altre pagine scritte.

Scusate se vi ho rubato il tempo che avreste voluto spendere per leggere un articolo divulgativo. Volevo comunicare il senso del mio lavoro e chiedere aiuto a chi legge: devo iniziare a organizzare presentazioni, anche se sono terrorizzata all’idea di farlo.

Desidero fare qualcosa di più appetibile di una classica presentazione, un tipo di evento che non mi ha mai entusiasmato. Ho in mente una chiacchierata sui vari aspetti del Made in Italy, con uno o più ospiti accanto a me, legati ai diversi settori (enogastronomia e agroalimentare, cultura e musei, artigianato, turismo). 

Nel libro cerco di scardinare i falsi miti di un marchio che anche in patria è diventato leggenda, cercando di portare i lettori a riflettere sul fatto che quelle eccellenze sono tenute in piedi da persone in carne e ossa e che siamo soprattutto noi consumatori a decretare la riuscita o meno di certi progetti. Il Made in Italy e la tradizione italiana, insomma, non sono un marchio da mostrare nei negozi all’estero, ma un modello di vita alternativo che dobbiamo portare avanti tutti insieme se vogliamo che dia i suoi frutti.

Io mi metto al lavoro per organizzare questi incontri, se qualcuno che legge vuole aiutarmi, anche per fare una presentazione in Puglia, mi faccia un fischio.

Per oggi è tutto, vi lascio con un augurio: che possiamo tutti capire che avevamo già in casa, nascosti magari in soffitta, i valori che ci avrebbero permesso di vivere una vita prospera e felice. La nostra cultura ha un gran valore, ma sopravvive solo se la rinnoviamo ogni giorno attraverso le nostre scelte, se no tutto muore: le tradizioni, i sani costumi, la Costituzione. Finisce tutto in un museo e ciao Italia, è stato un piacere conoscerti.

Dafne Perticarini

 

viv@voce

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