TARANTO. “BlueBird Bukowski”. Un’idea di viaggio frutto di un incontro tra generazioni lontane, Fibre Parallele e Vito Signorile

TARANTO. “BlueBird Bukowski”. Un’idea di viaggio frutto di un incontro tra generazioni lontane, Fibre Parallele e Vito Signorile

Sabato 5 marzo, alle ore 21 al TaTÀ

Una straziante voglia di vita. Per la stagione di “Periferie”, sabato 5 marzo 2016, alle ore 21 al TaTÀ di Taranto, in via Grazia Deledda ai Tamburi, va in scena BlueBird Bukowski di Riccardo Spagnulo, regia Licia Lanera, con Vito Signorile e Mary Dipace, luci Vincent Longuemare, realizzazione scene Michele Iannone, produzione Teatri di Bari. A seguire incontro con la Compagnia. Biglietto intero 15 euro, ridotto (under 30 e over 65) 10 euro. Info: 099.4707948.

Frutto di un incontro tra generazioni lontane, da un lato le giovani e sperimentatrici anime di Fibre Parallele – Licia Lanera e Riccardo Spagnulo – dall’altro l’esperienza matura di Vito Signorile, “BlueBird Bukowski” parte da un’idea di ‘900 del quale non ci si è ancora davvero liberati.

“C’è un’anima blues e jazz che ancora persiste, che chiama all’idea di viaggio, all’idea di sogno. C’è ancora un odore di cantina e di vino e di poesia nei sogni di un’intera generazione, desiderio e nostalgia di perdersi in una straziante voglia di vita. E Vito Signorile, attore, regista e uomo di ordinaria follia, che in oltre quaranta anni di palcoscenico ha attraversato classici del teatro, drammaturgia contemporanea, teatro popolare, poesia e musica, vi si immerge con giovanile entusiasmo. Ancora in viaggio”.

Bukowski è morto? Sembra di sì, se andiamo a controllare la sua biografia: il vecchio Buk ci ha lasciato nel 1994.

Eppure le librerie sono piene dei suoi romanzi e delle raccolte poetiche che vendono molto bene. Ogni anno spunta qualche manoscritto non ancora pubblicato, ma soprattutto, nella memoria dei suoi lettori e nell’immaginario collettivo, permane la figura dell’anti-intellettuale così attaccato alla vita, da preferire corse di cavalli e donne ai salotti letterari. Bukowski, in un colpo solo, ha mandato a quel paese il sogno americano e ha rivelato in modo sarcastico e disincantato tutta l’ordinaria follia del mondo occidentale.

Ci siamo chiesti, se tornasse indietro, se si risvegliasse all’interno di una squallida camera di obitorio, cosa farebbe. La risposta è: esattamente quello che ha fatto per tutta una vita: bere, scommettere, fare l’amore e soprattutto scrivere, scrivere e ancora scrivere. In scena, questo fantasma, che ci ricorda che la vita deve essere vissuta fino in fondo (altrimenti vita non è), ridiventa corpo per tentare rocambolescamente una nuova avventura che ruota attorno all’ennesima donna da conquistare (una guardiana-infermiera), ad un’altra scommessa da vincere, all’ultima esperienza da vivere e raccontare.

Bukowski, che ha vissuto da emarginato nei sobborghi delle grandi città per trent’anni prima di venire scoperto come autore, conquista il centro del palcoscenico per mostrare a tutto il pubblico che le apparenze non contano: quello che conta è l’azzardo di ciascuno di noi, quello che siamo disposti a perdere.

viv@voce

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