La scomparsa delle API potrebbe causare la fine dell’umanità in 35 anni?
Uno studio delle Nazioni Unite conclude che l’estinzione degli insetti impollinatori avrebbe effetti gravi e negativi
Le api che scompaiono dalla faccia della terra potrebbe essere una vera gioia per chi soffre di allergie e una vera tortura per gli amanti del miele. Ma il dibattito va ben al di là di queste due questioni banali. Un rapporto, commissionato dalle Nazioni Unite e diffuso dalla canadese CBC News, rivela che l’estinzione di questi insetti potrebbe causare un vero e proprio disastro del mondo ma … perchè?
Fondamentalmente perché questi individui “alati” sono responsabili dell’impollinazione di frutta e verdura sul pianeta; senza di loro, la riproduzione delle piante sarebbe molto più complicata. Perché sono le API a rischio di estinzione?
Il problema è che molte specie di api selvatiche, farfalle e altri insetti che impollinano le piante stanno cominciando ad essere a rischio di estinzione. Per essere precisi due di ogni cinque specie si stanno avviando all’estinzione.
Altri animali che giocano un ruolo nell’impollinazione, anche se un po’ meno, sono i colibrì e i pipistrelli, che sono in pericolo uno in sei specie. “Siamo in un periodo di declino e noterete le conseguenze,” ha detto Simon Potts, l’autore principale del rapporto e direttore del centro per la ricerca dell’Università di Reading in Inghilterra. Le ragioni dell’ estinzione possono essere molto diverse e vanno dall’uso di pesticidi, la progressiva perdita dell’habitat selvaggio in favore dell’urbanizzazione, parassiti e patogeni, riscaldamento globale…Nessun cibo nel 2050? “La varietà e la molteplicità delle minacce per gli impollinatori genera rischi per persone e mezzi di sussistenza”, riporta il rapporto.
“Se vogliamo continuare a nutrire il mondo durante l’anno 2050, l’impollinatori devono essere lì per aiutare noi”. Ma questi sono problemi che possono essere corretti e, contrariamente a quanto accade con il riscaldamento globale, le soluzioni non richiedono tanto coordinamento tra i paesi. Le soluzioni possono essere locali e concentrarsi principalmente su un cambiamento del modo di gestire la terra e l’agricoltura. Un esempio.
Uno dei maggiori problemi è che i grandi appezzamenti di terreno agricolo sono caratterizzati da una singola coltura, con i prati ed i fiori selvatici che vengono tagliati. Per risolverlo e per evitare che le API non intervengano alle colture, l’Inghilterra ha riconosciuto un incentivo agli agricoltori per piantare i fiori selvatici.
Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, le api sono patrimonio di tutti, agricoltori, consumatori e cittadini, e si sono trasformate in uno strumento per interpretare diversamente il mondo che ci circonda. E così, oltre a dare un apporto economico quali impollinatori, di produttori di alimenti e di agenti della conservazione ambientale, sono diventate un simbolo della cultura della non violenza.
L’ape è diventata un soggetto politico, un simbolo di resistenza e di affrancamento dalle prevaricazioni. Rispettare le api vuol dunque dire rispettare l’ambiente, quindi tutti gli insetti e le altre forme di vita animali e vegetali. Per queste ragioni diventa importante agire con consapevolezza, quindi anche scegliere se e come effettuare un trattamento chimico, assumendosi le responsabilità derivanti dalle eventuali conseguenze sull’ambiente e sulle altre forme di vita.