Red in Italy- scusate il ritardo
L’ esperienza di una scrittrice che sta crescendo e che porta in giro le storie di chi ha incontrato e la sua esperienza in altri settori, mossa solo da desiderio di farci sentire meno soli come meno sola si è sentita lei quando ha scoperto quelle storie
Ho saltato una settimana e di questo me ne scuso. Magari nessuno vi avrà badato, ma credo che bisogna essere fedeli all’impegno preso in sé, non all’eventualità che qualcuno riscontri la nostra mancanza.
Il motivo per cui non mi sono fatta sentire la settimana scorsa è stato felice per me: ho organizzato la prima presentazione del mio libro in Ancona, al museo del giocattolo.
Spazio migliore non potevo trovare per iniziare. Ero nella mia città, di mia madre, verso cui sempre più sto tendendo, nelle fondamenta di un palazzo storico, ambiente arricchito dalla collezione creata in 50 anni dalla famiglia Schiavoni. Al centro delle sale piene di giocattoli e poster c’è il bel teatrino rosso del Guasco (dal colle di Ancona su cui sorge l’edificio), più in là un bar dal sapore francese – non so perché, ma mi fa venire in mente la barista di Manet.
Come è andata? Bene. Bene non perché è stato un evento eccezionale, ma perché si è realizzato quello che avevo previsto ed essere in grado di fare previsioni realistiche è fondamentale quando si svolgono attività autonome.
Mi ero detta che se tutte le persone che avevo coinvolto mi avessero aiutato a far conoscere l’evento, avremmo riempito il teatrino, altrimenti avrei potuto contare sulla metà delle presenze. Chi ha potuto mi ha aiutato con grande generosità e difatti venerdì sera ci sono metà delle file con gente seduta che, come i miei stessi ospiti, parte dubbiosa e mano a mano si accalora per quelli che sono temi che toccano tutti noi.
Anche se sono concentrata sul mio intervento, li vedo passare dall’ascolto educato ma distratto ai cenni del capo in segno di assenso, mentre negli occhi scorgo il desiderio d’intervenire.
Ecco che alla fine tutti dicono la loro e con alcuni restiamo sino a un’ora dopo l’evento per bere il vino della cantina Mercante, lasciatoci dal buon Oriano che poco prima era intervenuto sul palco.
Vendo alcuni libri – il vero motivo per cui sono qui – chiacchiero, ascolto la storia di ognuno, destata dalle cose dette stasera: chi ha figli che hanno provato a fare gli artigiani e poi hanno dovuto abbandonare, chi fa un lavoro esterno ai settori di cui abbiamo parlato ma sente il desiderio di sapere che direzione sta prendendo il suo Paese, chi ci tiene a dirti che fa volontariato e che t’invita a vedere il suo lavoro.
Lo sapevo e per questo sono felice: non mi conoscevano, non si fidavano. «Chi è cossè?» (chi è costei?) avrebbe detto un marchigiano a sud del fiume Potenza, anche se noi non l’avremmo capito.
Dopo la prima diffidenza, si sono aperti: capire cos’è il vero biologico, che fine stanno facendo gli artigiani e la nostra arte, come funziona il mondo del turismo e della cultura interessa a tutti noi perché questa è l’Italia, ce lo sbattono tutti i giorni in faccia e noi ingoiamo, ma se ce lo chiedessero non sapremmo proprio dire di cosa è fatto questo stramaledetto Made in Italy.
Certo, i quattro libri che questo incontro mi ha fatto vendere sono un’inezia, che andrebbero bene se stessi coltivando un hobby.
Invece per scrivere ci vuole tempo: già così l’attività mi richiede il tempo di un part time abbondante, orario che con le presentazioni si allungherà. Intervistare, cercare, scrivere, riscrivere, contattare, non è qualcosa che puoi fare nelle ore libere dopo un lavoro remunerato, deve essere quello il tuo lavoro perché assorbe tutte le tue energie.
E io di cose da dire ne ho molte, i temi che m’interessa affrontare stanno facendo la fine dei vestiti lavati sul ripiano vicino al ferro da stiro di qualche donna là fuori: si ammucchiano in grandi cataste.
Devo trovare la forza di andare avanti perché quello che avevo previsto era verosimile: ci sono tante persone da incontrare e con cui scambiarmi frammenti di vita, non posso fermarmi certo adesso.
Scusate il carattere personale di questo articolo, oggi non avevo altro da dirvi, ma immaginando di aver creato un collegamento anche solo con uno di voi, ho voluto condividere con quella persona la mia esperienza, che è quella di una scrittrice che sta crescendo in questo campo e che porta in giro le storie di chi ha incontrato e la sua esperienza in altri settori, mossa solo da desiderio di farci sentire meno soli come meno sola si è sentita lei quando ha scoperto quelle storie.
E siccome non si tratta di storie scelte a caso, ma dell’ossatura della nostra identità nazionale, lei (cioè io) crede sia doveroso diffondere informazioni più vere, scenari più realistici, spesso più difficili di come ci vengono raccontati ma allo stesso tempo in grado di darci quella serenità che da soli non riusciamo a trovare, chiusi nelle nostre stanze guardando il mondo da uno schermo.
L’Italia ha molti problemi, il Made in Italy non ci salverà, ma ci sono tante persone ogni giorno impegnate a salvaguardare la biodiversità del popolo italiano e questo non è un finale roseo, ma è molto più rassicurante di ogni prospettiva che ci è venduta ogni giorno con il giornale. E scusate se è poco.
Dafne Perticarini