TARANTO. “l’Albero”, va in scena l’opera di Nicola Conversano al TaTÀ

TARANTO. “l’Albero”, va in scena l’opera di Nicola Conversano al TaTÀ

Sabato 23 aprile in Via Grazia Deledda ai Tamburi

Che ci fa un albero secolare d’ulivo pugliese in una villa della Brianza? Per la rassegna “Aprile dei Diritti”, promossa da Crest e Cgil Taranto l’opera di Nicola Conversano, collaborazione alla scrittura Michele Santeramo, regia Vittorio Continelli, produzione Pozzo Sorgente.

A seguire incontro con Leonardo Palmisano, sociologo e scrittore, consulente per il welfare di Cgil e  Spi. Biglietto unico 10 euro. Info 099.4707948.

Un contadino ha saputo che un albero è stato preso dalla campagna e spostato nel centro di una piazza di città. Un albero di ulivo di duecento anni, spiantato e ripiantato tra le macchine.

Quest’uomo ha bisogno di andare a parlarci con quest’albero, perché, com’è ovvio, l’albero non ha retto a quel passaggio, ed è diventato secco. Partendo da questo episodio, che sembra piccolo agli occhi dei disattenti, l’uomo in scena conclude che di questo scempio, di questa bruttura non vuole saperne più niente. Si decide a partire. In autostop: lasciare tutto e andar via.

Come hanno fatto tutti. Come continuano a fare. Non essendo lui né diverso né migliore degli altri. Ma di partire, non se ne parlerà. Saranno gli avvenimenti ad impedirgli di riuscirci.
Non partendo, l’attore/contadino è costretto a tornare in campagna.

Ed è questo il viaggio che compie. Un viaggio in mezzo ai saperi che si dimenticano, alle necessità della vita in agricoltura che sono sempre le stesse, pur cambiando i tempi e le macchine prendendo il posto delle braccia, un viaggio di consapevolezza nel mestiere che, sostituito da lampadine che in troppe si vogliono accendere, sta lasciando nella campagna solo il ricordo di una sapienza, la memoria di una appartenenza.

Non riuscirà a partire. Fino a quando…

Spiazza la semplicità e la forza di questo racconto e di chi, con una sapienza antica, lo porge, senza mai compiacersene, e, non di meno, senza mai proporre il ritorno alla terra come una moda.

viv@voce

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