SAVA. La Igeco, il Comune, i dipendenti che non prendono lo stipendio e le responsabilità
Un pò di chiarezza su questa situazione incresciosa
Qualche mese fa nel Comune limitrofo messapico una trentina di operatori ecologici della Igeco, stesso gestore privato della raccolta differenziata savese, rumorosamente salirono le scale del Palazzo municipale per protestare contro il sindaco e gli amministratori per i ritardi sui mancati pagamenti alla compagnia di cui erano dipendenti.
A monte, che sia ben chiaro, c’è il sacrosanto diritto di chi lavora e che deve essere pagato giustamente nei tempi stabiliti dalla legge. Su questo non ci sono dubbi. Manco il minimo. Andiamo a queste “azioni” che vedono coinvolte le due amministrazioni, quella savese e quella manduriana. Senza scordare le responsabilità economiche della Igeco.
La domanda è lecita: i ritardi di pagamento delle trance sul servizio di raccolta differenziata possono davvero mettere in ginocchio un “colosso” Igeco, che tra l’altro è una spa? Molti dubbi su questo. La compagnia privata, con il nostro Ente pubblico, ha un introito annuo di circa tre milioni di euro e penso che con quello messapico, in virtù della grandezza del territorio e del numero maggiore di nuclei familiari, l’introito deve essere quasi il doppio. Cioè sei milioni di euro.
Partiamo da queste ipotetiche cifre e facciamo un pò di conti: un dipendente alla compagnia privata costa circa 2500 euro al mese, tra stipendio e oneri previdenziali e assicurativi. Andando a Sava i dipendenti sono 19. Se calcoliamo il costo di un dipendente e lo moltiplichiamo per 19, il numero dei dipendenti savesi, il totale ci dà circa 50 mila euro al mese. 50 mila euro al mese moltiplicato per 12, i mesi dell’anno, il totale ci porta a 600 mila euro. A questa cifra sommiamo tfr ferie e tredicesime c’è un’altra somma di circa 150 mila euro all’anno. Complessivamente, più o meno, i 19 operai savesi costano alla Igeco circa 750 mila euro all’anno.
Ora partiamo dal contratto che la compagnia della raccolta differenziata ha con il nostro Comune. Circa tre milioni di euro escono dalle casse comunali, all’anno, per onorare il contratto. Ma veramente con circa tre milioni all’anno che entrano nelle casse della Igeco questo è il problema? Un “problema” che copre, appena appena, un quarto dell’introito annuale. La Igeco è al quarto anno al servizio del nostro Comune e su questo avrebbe dovuto organizzarsi bene bene per evitare che simili manifestazioni investano il nostro Comune, forse reo di pagare in ritardo le trance contrattuali. Al nostro giornale sarebbe stato facile scagliare addosso all’amministrazione comunale le colpe, magari al sindaco IAIA in primis, ma così non è. Per nulla.
E poi non scordiamoci che la Igeco non è una società qualsiasi. E’ una spa. E quindi dispone di capitale sociale che può permettersi di coprire questi vuoti di pagamento, quando ci sono, da parte del nostro Comune. Che sia ben chiara una cosa: la Igeco i soldi del nostro Comune non li perde, in quanto il tributo della spazzatura è coperto al 100% dal contribuente. Sui ritardi sì. Su questi sì. E allora che senso ha istigare gli operai e magari sotto banco dire a loro che il Comune di Sava non paga ed io, gestore privato, non pago voi miei dipendenti?
Questi atti di forza, nelle intenzioni di chi li applica, hanno solo una risposta: accelerare i pagamenti dell’Ente pubblico al soggetto privato. Non si fa così. Assolutamente.
https://www.facebook.com/cpamimmo.carrieri?hc_ref=NEWSFEED
Ma nel video di Mimmo Carrieri la dipendente della Igeco riferisce testualmente che i pagamenti del nostro Comune sono in regola. E questo, nel caso in specie, smentisce in parte l’analisi fatta sopra. Bene.
E allora che succede alla Igeco spa?
E sentire nel video fatto da Mimmo Carrieri che un rappresentante della compagnia privata, rispondendo ad una dipendente che chiedeva lumi sui ritardi dei pagamenti, ribattere in questo modo: “Vada a rubare”.
Questo si chiama istigazione. Istigazione a delinquere …
E il sindaco IAIA è un avvocato. E queste cose le dovrebbe sapere.
E bene anche.
Giovanni Caforio