TARANTO. Al pm Di Giorgio 12 anni e mezzo in appello per concussione e corruzione

TARANTO. Al pm Di Giorgio 12 anni e mezzo in appello per concussione e corruzione

Assieme a Di Giorgio sono stati condannati l’ex sindaco Italo D’Alessandro il suo segretario factotum Agostino Pepe

Per la Corte d’appello di Potenza il pm tarantino Matteo Di Giorgio, attualmente sospeso dal servizio, dovrà scontare 12 anni e sei mesi di reclusione per concussione e corruzione. Si è concluso così, dopo quasi cinque ore di camera di consiglio, il processo di secondo grado sullo scontro fra il magistrato e l’ex senatore pd Rocco Loreto, già sindaco di Castellaneta, che nel 2001 venne arrestato proprio per calunnia nei confronti del rivale.

I giudici hanno dichiarato prescritti alcuni capi d’imputazione e rivisto le attenuanti riconosciute per un’altra accusa. Per questo motivo hanno ridotto la pena inflitta rispetto ai 15 anni decisi dal tribunale nel maggio del 2014.

Assieme a Di Giorgio sono stati condannati l’ex sindaco Italo D’Alessandro il suo segretario factotum Agostino Pepe, per cui la corte presieduta da Pasquale Materi (consiglieri a latere Alberto Iannuzzi e Rosa D’Amelio) ha confermato la pena di tre anni. Altri due anni di reclusione sono stati inflitti all’imprenditore Giovanni Coccioli (in primo grado erano due anni e mezzo), più due a testa per l’ex capo dei vigili Francesco Perrone e il pescatore Antonio Vitale. Prosciolto il solo Alessandro Mongelli, nipote di Di Giorgio, per prescrizione.

L’inchiesta dei carabinieri di Potenza, coordinati dal pm Laura Triassi, risale al 2007. Tutto è partito dall’esposto di un ex assessore di Castellaneta, un tempo amico di Loreto, che ha raccontato di aver spinto alle dimissioni un consigliere comunale, nel 2007, paventandogli un possibile arresto del figlio e del fratello per droga da parte del pm Di Giorgio. Quelle dimissioni avrebbero causato le elezioni anticipate agevolando la parte politica degli ‘amicì del pm come D’Alessando. Quindi il loro artefice sarebbe stato premiato con l’ingresso nella giunta comunale.

Secondo l’accusa Di Giorgio avrebbe partecipato direttamente e indirettamente alla vita amministrativa del paese, strumentalizzando i propri poteri di pubblico ministero per contrastare gli avversari politici. Avrebbe favorito imprenditori,

che in precedenza aveva indagato, ma nel frattempo gli si erano avvicinati. In compenso avrebbe ricevuto diversi “vantaggi”, da intendersi come “interessi di potere anche economicamente valutabili”. Di Giorgio, che a un certo punto avrebbe coltivato l’idea di una candidatura alla presidenza della Provincia di Taranto, è stato condannato anche al risarcimento delle spese giudiziarie e dei danni a Loreto e ai suoi figli, che si sono costituiti parti civili.

FONTE

allnews24.eu

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