TARANTO. È partita la prima edizione del festival regionale dell’economia sostenibile

TARANTO. È partita la prima edizione del festival regionale dell’economia sostenibile

Prima giornata dedicata al tema delle migrazioni

La merenda equosolidale, tè, caffè, crostate e dolci offerti nel foyer del teatro TaTà, ha aperto la prima edizione di Equosolidaria, il festival regionale dell’economia sostenibile. Subito dopo, intorno alle 17.45, si è dato il via ufficiale alla due giorni, con il saluto del presidente della cooperativa “Equociqui”, che ha organizzato l’evento e gestisce la bottega del mondo in via Romagna 13. “Cambia il mondo con un caffè per noi non è un semplice slogan – ha detto Luca Contrario – ma un approccio in cui crediamo.

Un piccolo gesto responsabile, da parte di ognuno, come l’acquisto dei prodotti del commercio equo, può portare a grandi risultati. Vi diamo il benvenuto a questa due giorni, che sarà incentrata non soltanto sul tema del commercio equo e delle altre economie ma anche su quello attualissimo delle migrazioni”.

E proprio dell’incontro tra uno strampalato ragazzo travestito da babbo Natale e due bambini migranti salvi per miracolo dalla furia del mare, parla il cortometraggio “Babbo Natale”, che di fatto ha sancito l’avvio delle kermesse. Il corto, prodotto da Edoardo Winspeare e Gustavo Caputo e vincitore del premio MigrArti alle 73esima Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è stato proiettato alla presenza del regista, Alessandro Valenti, e dell’attore protagonista, Andrea Simonetti e seguìto da una breve incontro con il pubblico.

Poi la giornata è entrata nel vivo con il dibattito sul tema delle migrazioni.

Di seguito stralci degli interventi della giornalista di Rai Due Valentina Petrini, del giornalista ed autore del libro ‘La Frontiera’ Alessandro Leogrande, del membro del cda di Banca Etica Giuseppe  Di Francesco e del coordinatore nazionale Migrazioni Amnesty Italia Marcello Tucci.

VALENTINA PETRINI:

“Voglio focalizzare prima di tutto il mio intervento sull’accordo tra l’Unione Europea e la Turchia, che è diventato il Paese a cui noi europei abbiamo scaricato il problema dei profughi siriani, pagando di tasca nostra. Sono tanti i soldi dei contribuenti italiani, che vanno a finanziare un regime dittatoriale come quello di Erdogan. Per il momento come Europa abbiamo già dato 3 miliardi e l’accordo prevede che entro il 2018 ne vengano versati altri 3”.

 Durante l’intervento è stato mostrato un reportage della Petrini fatto a Mosul, in cui sono i bambini a raccontare cos’è l’Isis. “Quando parliamo di profughi che scappano dalla guerra pensiamo a qualcosa di inventato, quasi ad una favoletta. Io sono di ritorno da Mosul e come avete potuto vedere, qui non si parla di favole. È agghiacciante trovarsi di fronte a bambini di quattro-cinque anni che spiegano che l’Isis è fatta di uomini vestiti di nero, brutti, cattivi, che squartano e tagliano le teste agli adulti, si capisce che ci troviamo di fronte ad una generazione che è stata compromessa dal punto di vista umano”.

Poi su Taranto:  “L’immigrazione per Taranto può essere un’opportunità economica, non soltanto sociale ed etica, come è giusto che debba essere. Impegnarsi nell’integrazione e nell’accoglienza di chi scappa ed ha diritto ad essere accolto, può essere una grande occasione di rilancio di questa città, che non si deve occupare solamente d’acciaio. Anzi io spero personalmente che non se ne occupi più di acciaio, e che guardi al futuro con entusiasmo e creatività”.   

ALESSANDRO LEOGRANDE:

“E’ importante raccontare le storie degli uomini e delle donne in carne ed ossa, perché spesso l’emigrazione verso l’Europa viene ridotta ad un fatto statistico. Una massa di persone senza volto e senza nome, che preme lungo le nostre frontiere. Invece credo che vadano fissati almeno tre fatti: il primo è che ognuna di queste persone ha una sua vita, una sua storia, dei suoi sogni, dei suoi problemi, dei suoi traumi e tragedie che si lascia alle spalle; la seconda questione è che i viaggi sono molto lunghi nel tempo e nello spazio e che la frontiera, parola chiave della nostra contemporaneità, non coincide solo con il mar Mediterraneo.

Una persona che scappa dall’Eritrea di frontiere ne attraverserà dieci, quindici, prima di arrivare in Europa. E quindi è tutto più dilatato e complicato di quanto siamo disposti ad ammettere. La terza questione è che noi, sistematicamente omettiamo, dal nostro dibattito pubblico, il motivo e le cause delle partenze. Come se fuggissero, perché vogliono fuggire. Una spiegazione tautologica.

Non ci preoccupiamo di andare a vedere quali sono le cause specifiche, quasi sempre esplosioni degli Stati, dittature, guerre devastanti, che hanno generato gran parte degli esodi contemporanei. Nel mio libro ‘La frontiera’, ho voluto raccontare alcuni di questi esodi nel dettaglio, come appunto quello dell’Eritrea, che non viene mai raccontato in Italia. In particolare la questione politica alla base dell’esodo eritreo.

Se affrontiamo la questione politica poi siamo in grado anche di articolare delle posizioni politiche sulla gestione, sull’accoglienza, sulla risoluzione dei problemi che portano all’esodo ma questo non viene fatto, ed il fatto che non venga fatto nei confronti di una propria ex colonia, come l’Eritrea, crea un cortocircuito schizofrenico, che è la cartina tornasole della nostra miopia nei confronti della frontiera. Quando percepiamo le migrazioni come invasione, al di là che i muri poi vengano alzati concretamente, c’è a mio avviso proprio una miopia dello sguardo, il non capire che comunque quello che sta accadendo nel mondo ci riguarda, ci attraversa e le cause sono in parte vicine in parte molto lontane.

Questa dimensione umana, e politica al contempo, credo che vada recuperata nel giornalismo, nei dibattiti, nel teatro ed in tutte le attività culturali e politiche di racconto che possano aprire il campo dello sguardo”.

GIUSEPPE DI FRANCESCO:

“Noi spesso come Banca Etica diciamo che anche il diritto al credito è un diritto umano, che senza credito non è possibile avere sviluppo. Quando parliamo dei dati dei Paesi in cui il commercio equosolidale opera, spesso gli stessi da cui provengono gran parte dei migranti che arrivano oggi in Europa, raccontiamo i dati della povertà, della denutrizione.

Ci sono 1miliardi e 200milioni di persone nel mondo che non hanno mezzi economici sufficienti, 800 milioni di persone che soffrono la fame, ma fa riflettere il fatto che ci siano nel mondo 2 miliardi di persone che non hanno accesso ai servizi bancari e neanche a quelle istituzioni di micro finanza che di solito lavorano con persone con basso reddito.

Il 40% della popolazione adulta nei Paesi in via di sviluppo non ha accesso ai servizi bancari. Significa che non può ottenere un prestito per avviare il raccolto o per le semine, che non ha accesso al risparmio e non ne è abituato, non è abituato alla previdenza, cioè a pensare al proprio futuro e a quello dei propri figli, anche dal punto di vista economico, o di assicurazione, ad esempio sul proprio raccolto. La mancanza di capacità di accesso al credito è uno degli indicatori che noi abbiamo delle diseguaglianze, causa principale che genera le migrazioni.

Senza speranza di futuro nella tua terra, è naturale che la cercherai altrove, affrontando qualunque difficoltà e rischio. Noi dobbiamo restituire una speranza di futuro alle persone sulla propria terra ed il lavoro che fa il commercio equo e che fa la finanza etica.

Noi operiamo come Banca Etica prevalentemente in Italia, siamo una banca che utilizza il denaro dei risparmiatori investendolo su soggetti, organizzazioni, su cooperative o ong che vogliono costruire il bene comune. Facciamo una valutazione sociale ed ambientale dei soggetti sui quali investiamo il denaro dei nostri risparmiatori”.

MARCELLO TUCCI:

 “E’ intercorso già un mese dal lancio del rapporto Amnesty ‘Hotspot Italia’. La ricerca si è incentrata sull’analisi di quattro hotspot, Lampedusa, Pozzalo, Taranto e Mineo, ed abbiamo rinvenuto delle testimonianze in cui i migranti richiedenti asilo, transitati anche dalla Puglia, hanno raccontato di essere stati malmenati con scosse di manganelli stordenti, perché non volevano farsi foto segnalare.

C’è ancora una forte discrepanza tra il migrante economico ed il richiedente asilo. In Italia si tende a diversificare le categorie. Il primo va subito rimpatriato, l’altro, tramite la rilocation, ha diritto ad essere trasferito altrove. Ma i numeri parlano chiaro, sui 40mila che l’Italia doveva rilocare, ne ha rilocati 1196 ad oggi. A dimostrazione che queste politiche di accoglienza sono fallimentari. Secondo Amnesty non viene garantito il diritto all’asilo in queste procedure, perché i migranti vengono messi nella condizione di dover scegliere in quale status presentare domanda di protezione internazionale al momento sbagliato, a seguito della traversata, quando questa gente è ancora sotto choc.

Poi ci sono in materia di cooperazione internazionale,  accordi bilaterali, anche segreti, di cui la stampa non parla, come quello con il Sudan per esempio. È di tre mesi fa il rimpatrio forzato di 40 sudanesi, di cui non abbiamo più notizie. L’Italia ha già subito una condanna con una sentenza del 2012 per queste modalità ed ora ne rischia nuovamente un’altra. Quindi chiediamo di porre fine all’approccio hotspot, che diversifica i migranti in maniera non dignitosa, chiediamo canali sicuri e legali per il Mediterraneo affinché queste persone non rischino la vita inutilmente, e che l’accoglienza sia dignitosa e possa esserci davvero un diritto effettivo all’asilo in Italia”.

Al dibattito hanno preso parte anche gli attivisti di Campagna Welcome Taranto ed i rappresentanti di Melting Pot- carovana #OverTheFortres e S.t.a.m.p, tutte reti di accoglienza e solidarietà, impegnate in diversi territori italiani nel monitorare e segnalare eventuali violazioni dei diritti fondamentali di chi transita da un Paese all’altro per sfuggire dalle guerre o in cerca di un futuro migliore.

Dopo il dibattito, buffet gratuito con i prodotti equosolidali e lo spettacolo teatrale di e con Giorgio Consoli  “SCARTI (Kay Tout Moun)”. Un monologo al debutto, liberamente tratto e ispirato  da opere di Rodrigo Garcia, Alain Mabanckou e Caterina Simonelli, con la preziosa collaborazione tecnica e assistenza di Giuseppe D’Oria e di Emanuela Giaracuni. La produzione è di Pelagonia Teatri. Una messa in scena dai diversi registri sul poter delle parole e le parole del potere, inserito nel tema della mondialità e della lotta alle ipocrisie dei muri anche solo immaginari.

Equosolidaria è promosso e finanziato dalla Regione Puglia. Si tratta di un evento fortemente voluto dall’assessorato allo Sviluppo Economico e dall’assessore al ramo Loredana Capone. Il festival  è organizzato dalla Bottega Equociqui e rientra nelle attività previste dalla legge regionale 32/2014 sul commercio equosolidale. La Regione Puglia è  infatti la prima in Italia meridionale, ad essersi dotata di un importante strumento normativo sul tema.  I soci della cooperativa che gestisce Equociqui dal 2011 portano avanti la promozione del commercio equosolidale nella Bottega del Mondo di via Romagna 13. Un modello di commercio che mira ad una maggiore equità tra Nord e Sud del mondo e ad offrire migliori condizioni economiche e lavorative ai produttori, spesso sfruttati e marginalizzati dal mercato classico.

Oggi seconda giornata di EQUOSOLIDARIA, sul tema del commercio equosolidale, a partire dalle 17.00 sempre al TaTà.

 

 

viv@voce

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