La situazione italiana dopo Renzi
Secondo l’ultimo rapporto Istat, più di un italiano su quattro è a rischio povertà o ad esclusione sociale, si tratta di oltre 17 milioni di persone, un numero enorme pari al 28% della popolazione italiana
La Coldiretti stima che siano oltre 7 milioni gli italiani che non possono permettersi un pasto adeguato ogni 2 giorni. Il No al referendum non è stato un no alla riforma costituzionale, ma un no forte per dire che non stiamo bene. Non sono solo più i poveri, che sono senza casa e senza lavoro, sono anche persone normali, famiglie con un solo stipendio, persone che non ce la fanno più ad arrivare a fine mese, e a cui basta una spesa straordinaria per metterle in ginocchio.
Il messaggio che Renzi ha dato più volte sul paese che si stava riprendendo non ha funzionato, perché non si sentiva vero sulla pelle quello che veniva detto dalla politica.
Questo è il vero grande tema del paese, perché altrimenti la rabbia sociale rischia di esplodere.
Il nostro è un paese che si sta impoverendo, in cui si sta assottigliando quel ceto medio che si era creato in cinquanta anni.
In Italia lavora una persona su tre, cioè due persone dipendono dal lavoro di una persona.
Inoltre le tasse e i contributi sono alti, così il ceto medio si assottiglia ancora di più, si perdono le migliori energie del nostro paese che vanno all’estero e per contro, non riusciamo ad attrarne altre in un momento nel quale c’è grande confusione e complessità per la globalizzazione.
E davvero sembra come se queste persone pensino che l’unica cosa che è rimasta è quella di dire no, e nemmeno scegliere per qualcosa, per dire comunque che così non si vuole andare avanti.
Per 20 mesi che corrispondono a oltre 1000 giorni, quello di Renzi è stato il quarto esecutivo più longevo del paese.
Rimangono per coloro che seguiranno, problemi da risolvere.
Per i migranti, il 2016 è l’anno dei record, ad oggi, oltre 170 mila gli sbarchi sulle nostre coste.
Nel lavoro, il Jobs Act, ha cambiato le regole del gioco, ma non ha risolto il problema, la disoccupazione è scesa all’11,6 %, per qualcuno grazie solo all’uso improprio dei voucher ed è comunque un risultato insufficiente, il tasso in Europa euro è al 9,8 %. I più colpiti restano i giovani, secondo il Censis, destinati ad essere sempre più poveri rispetto ai loro genitori.
Nella pubblica amministrazione, la riforma Madia, che prometteva di rivoluzionare l’apparato statale, non ha superato l’esame della Consulta ed ora che il governo non c’è più esultano gli impiegati furbi.
Si è provato ad abbassare le tasse, cancellare Equitalia e Imu. Sono state abbassate Ires e Irap, ma non è stata realizzata la riforma complessiva del fisco che Renzi ha più volte annunciato e il paese con il suo 43% resta uno dei paesi europei con la pressione fiscale più alta, con ben 4 punti percentuali in più rispetto alla media europea, senza contare un debito pubblico che continua a crescere.
Anche sulla scuola, la riforma non ha funzionato.
Bisogna ripartire dal dato degli italiani a rischio povertà, che è sempre più minorile, cercando di abbatterlo. Il lavoro è indispensabile per ridurre la povertà, e per crearne di più è essenziale favorire le imprese, abbassando le tasse.
Ma oltre al lavoro ci vogliono politiche mirate.
Il reddito di inserimento a regime potrebbe aiutare. Sarebbe una misura contro la povertà, non assistenzialistica, se si accetta un inserimento nel lavoro, nella formazione, richiedendo molto a chi verrebbe elargito il sussidio pubblico.
Inoltre, oltre a mettere risorse, bisognerebbe ridisegnare il welfare, tenendo conto di quelle che sono le nuove povertà, come quelle di padri separati, o delle persone che per colpa della riforma Fornero, non sono entrate nel sistema pensionistico, pur avendo lasciato il posto di lavoro. Ciò affinche le risorse arrivino alle persone giuste, in modo che non rimangano sempre fuori dal sistema, invisibili e disperate.
Alla Pubblica Amministrazione infine si richiede molta più responsabilità, che spesso distribuisce risorse a pioggia e in maniera indiscriminata, non intervenendo nelle situazioni di reale bisogno.
Quindi, ci vorrebbe una P.A. con capacità di controllo, in grado di fare un reinserimento lavorativo e formativo, ma che abbia anche la capacità di scoprire chi ha bisogno ed andargli incontro.
Questo è molto importante perché spesso si è poveri, ci si vergogna di esserlo e non si va ai servizi sociali, oppure semplicemente non si conoscono.
Per fare tutto ciò, non basta mettere delle misure, ma bisogna che queste siano fruite, per cui ci vogliono delle competenze, alleate pur con il volontariato, che rimane la grandissima risorsa del nostro paese.
Vito Piepoli