TARANTO. Legambiente: “Non si vive a senso unico: una città unita coniughi realismo e fermezza. Per esigere la sua chance”
Forse qualcuno pensa che si possano mantenere in funzione gli impianti dell’Ilva, così come sono oggi, fino a che non arrivino alla naturale fine del loro ciclo produttivo. Noi no
Noi crediamo che l’attuale produzione ridotta, pur lontana dai picchi raggiunti in passato, non possa essere il lasciapassare per continuare a tenere in marcia gli impianti esistenti senza interventi profondi, gli unici in grado di garantire salute e sicurezza per i lavoratori e per i cittadini.
Lo abbiamo già detto in passato, ma sentiamo la necessità di ribadirlo dopo il pronunciamento del gip di Milano che ha rifiutato la richiesta di patteggiamento avanzata dai Riva, ritenendo incongrue le pene concordate, e – soprattutto – dopo le recenti comunicazioni di fonti vicine ai Commissari straordinari dell’Ilva. In tali comunicazioni è stata manifestata grande preoccupazione per il futuro dello stabilimento, considerando la conclusione della transazione tra Ilva e famiglia Riva (ritenuta non pregiudicata dalla decisione del gip di Milano) fondamentale per la sopravvivenza della società e indispensabile a garantire che le attività si svolgano in condizioni di assoluta sicurezza.
Abbiamo guardato con ovvio interesse alla possibilità che consistenti risorse provenienti dalla famiglia Riva fossero utilizzate a Taranto, anche per risanare la fabbrica. Di fronte alle decisioni assunte dalla magistratura cui, vogliamo dirlo con chiarezza, è opportuno che tutti guardino in ogni caso con fiducia e rispetto, senza retropensieri, sia per quelle assunte in passato che per quelle che assumerà in futuro, a Taranto come a Milano, tocca agli ex proprietari dell’Ilva modificare la loro proposta se, davvero, vogliono patteggiare la pena e decidere se mantenere fermo l’accordo transattivo con Ilva.
In mancanza, l’onere degli interventi per adeguare al nuovo piano ambientale lo stabilimento di Taranto non potrà che ricadere per intero sui suoi possibili acquirenti. Da questo punto di vista riteniamo rilevanti i contenuti dell’intervista rilasciata al Sole 24 Ore dal Presidente della Jindal che parla di possibile investimento di una cifra significativa, nell’ordine di diversi miliardi di euro (al link http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-02-16/jindal-ecco-nostri-piani-l-ilva-taranto-e-l-italia-164231.shtml?refresh_ce=1)
Le preoccupazioni manifestate sul futuro immediato dell’Ilva ci portano però a pensare che altri provvedimenti “urgenti” possano essere messi in cantiere dal Governo e dal Parlamento nelle prossime settimane.
Noi riteniamo che altri interventi che guardassero alle sole esigenze della mera continuità produttiva – senza dare risposte alle questioni della salute, della bonifica e dei risarcimenti – suonerebbero come un insulto all’intelligenza dei cittadini, non solo di Taranto, ma – crediamo – di chiunque abbia nella memoria l’inanellarsi di atti, decreti, modifiche di leggi che si susseguono ininterrottamente dal 2012 ad oggi.
Siamo da tempo di fronte alla mancata attuazione dell’A.I.A. Ilva e questo determina una diffusa sensazione di impotenza e di rabbia, una miscela esplosiva che può produrre effetti devastanti in una città martoriata. Crediamo che tutti ne siano consapevoli.
Non si può continuare così.
Avevamo chiesto che l’ennesima proroga del termine ultimo di attuazione dell’AIA trovasse un sia pur parziale contrappeso nell’indicazione di scadenze intermedie il cui mancato rispetto portasse alla chiusura degli impianti interessati, in modo da mettere un punto fermo e lanciare un segnale concreto e forte che attestasse la volontà di passare davvero ai fatti dopo tante promesse e parole. Torniamo a ribadire, con forza, la nostra richiesta.
Chiediamo di prevedere l’adozione di termini ultimativi circa l’uso di impianti ancora privi degli interventi che possano ridurne il carico inquinante.
Avevamo chiesto che venissero stanziate risorse adeguate per la bonifica del territorio e del mare di Taranto e che si passasse dalla fase degli studi, pure necessari, a quella delle concrete realizzazioni, in particolare per il Mar Piccolo, tenuto conto che – allo stato – gli unici interventi effettuati hanno riguardato solo il rifacimento di alcune scuole e la rimozione dello strato superficiale contaminato di alcuni terreni del quartiere Tamburi.
Avevamo chiesto che si tenessero in considerazione le giuste richieste di cittadini, aziende, Comune di Taranto, di essere risarciti per i danni materiali subiti in questi anni e, in riferimento al quartiere più colpito, i Tamburi, avevamo avanzato l’ipotesi di un contributo specificatamente destinato ai proprietari di immobili per la riqualificazione del quartiere attraverso l’effettuazione di lavori di ristrutturazione delle facciate e degli impianti.
Torniamo a chiederlo, a segnalare esigenze che non si possono ignorare. A questo crediamo abbia fatto in qualche modo riferimento anche il gip di Milano indicando la necessità di altre forme di salvaguardia in relazione agli interessi di coloro che hanno il diritto ad essere risarciti.
Ai rappresentanti istituzionali della nostra comunità, dal Comune alla Regione, ai consiglieri regionali e ai parlamentari del nostro territorio chiediamo di compiere un immediato intervento congiunto sul Governo per esigere risposte chiare sullo stato delle procedure di vendita, sull’effettuazione degli interventi previsti dall’A.I.A. e compatibili con i piani ambientali presentati dalle due cordate interessate all’acquisto di Ilva, sull’attivazione degli interventi di bonifica territoriale di cui continuiamo a denunciare inascoltati lo stallo, sui risarcimenti che spettano alla città ed ai cittadini.
Sono risposte dovute.
Dovute ai dipendenti dello stabilimento e delle aziende che vi operano, che vivono da anni in una angosciante condizione di incertezza, di timore per la propria salute e per il proprio lavoro.
Dovute ai cittadini di Taranto che ignorano anch’essi il loro futuro e non possono conoscere le modifiche al piano ambientale dell’Ilva proposte dai suoi possibili acquirenti, mentre da giorni sono apparse sugli organi d’informazione indiscrezioni circa possibili incongruenze degli atti posti a base delle procedure di vendita tali da comportare un ulteriore slittamento dei tempi o, addirittura, la loro possibile annullabilità (al link http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-02-12/un-cavillo-gara-ilva-140540.shtml?uuid=AEyTZRT)
Il Ministro dell’Ambiente, il Governo hanno il dovere di chiarire come stanno effettivamente le cose, di parlare il linguaggio della verità e dirci perché il processo di vendita subisce continui rallentamenti e se ancora, nei prossimi mesi, si continuerà a fare poco o nulla per realizzare gli importanti interventi previsti dall’AIA, se le bonifiche resteranno un’araba fenice e i risarcimenti dovuti un sogno, se gli interventi per la città previsti nel Contratto Istituzionale di Sviluppo, dal museo dell’Arsenale alla riqualificazione della Città Vecchia, rimarranno per molto tempo tracciati solo sulla carta.
La complessità della questione Ilva richiede risposte che non possono più essere a senso unico, quello della tutela del ciclo del carbone per la produzione dell’acciaio, ma devono allargarsi alla bonifica, alla salute, all’ambiente, alla messa a norma degli impianti, alla necessaria innovazione tecnologica basata sull’uso del gas, del preridotto, dei forni elettrici.
Il futuro è adesso. Adesso è il momento, per la città, di coniugare realismo e fermezza.
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